Negli ultimi 10 anni sono scomparse 130mila imprese condotte da giovani: un dato pari al 13% del totale, con punte del -20% per il commercio all’ingrosso, -28% per l’industria tessile e -25% per il commercio al dettaglio, fino ad arrivare al -48% per le telecomunicazioni.
Un quadro allarmante, che emerge da un’analisi della Coldiretti su dati Divulga e Unioncamere basato sui dati ISTAT, secondo i quali l'Italia è il Paese UE con la più bassa incidenza di 18-34enni sulla popolazione. Le cause principali sono sicuramente da ricercare in questi ultimi anni, segnati da crisi economica, guerre e pandemia, che hanno di fatto falcidiato l’imprenditoria italiana under 35. “Fa eccezione la sola agricoltura – precisano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – che nel corso dell’ultimo decennio ha visto le aziende crescere in controtendenza del +1%”.
Non a caso “nel solo 2022 anno sono nate in media 17 nuove imprese agricole giovani al giorno – aggiungono Boeri e Rivarossa – dato che va a incidere positivamente sul fatto che le aziende guidate da under 35 abbiano oggi una superficie (Sau) superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”.
Si tratta di imprese con almeno un’attività connessa, indirizzate verso la pratica biologica e verso la commercializzazione dei prodotti aziendali, oltre che estremamente digitalizzate. Basti pensare che – secondo i dati presenti all’interno dell’analisi Coldiretti basata sul Censimento ISTAT – oltre 1 su 3 (vale a dire il 34% del totale) è informatizzata, mentre 1 su 4 (il 24%) ha realizzato innovazioni in azienda nell’ultimo triennio.
Senza dimenticare che “quasi un giovane imprenditore su cinque (19%) – spiegano ancora il Presidente ligure e il Delegato Confederale – è peraltro laureato, e questo non è certo un caso. Le imprese giovani hanno di fatto rivoluzionato il mestiere dell’agricoltore, impegnandosi in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, all’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, alla sistemazione di parchi, giardini, strade, all’agribenessere e alla cura del paesaggio, così come alla produzione di energie rinnovabili”.
Proprio in virtù di ciò “occorre sostenere il ritorno alla terra dei giovani e la capacità dell’agricoltura italiana di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale – concludono – superando gli ostacoli burocratici che si frappongono all’insediamento. C’è, pertanto, ancora una volta la necessità di investire su un settore strategico per far ripartire l’Italia e l’Europa anche grazie a una nuova generazione di giovani attenti all’innovazione e alla sostenibilità”.