Un virus strisciante sta dilagando nel mondo del lavoro della Liguria. È quello delle dimissioni volontarie.
Secondo i dati INPS, nei primi tre mesi del 2023, a fronte di 36.014 cessazioni del rapporto di lavoro per i più disparati motivi, le dimissioni volontarie degli occupati sono state 11.419 e rappresentano quindi il 31,7% del totale che comprende anche scadenza del contratto, cessazioni di carattere economico o disciplinare e risoluzioni consensuali. Importante la quota delle dimissioni da occupazioni a tempo indeterminato che rappresentano la netta maggioranza. Sono state, infatti, 6.618, il 57,9% del totale.
Sono state 4.643 le cessazioni per dimissioni nel settore "commercio, ospitalità e ristorazione" a fronte delle 1.816 nelle attività professionali scientifiche, tecniche e di amministrazione, delle 1.344 nelle costruzioni, delle 1.022 di scuola, sanità e amministrazioni pubbliche. Più contenuti i dati dei residui settori. A lasciare il lavoro sono molti giovani fino a 29 anni in tutti i settori: 3.239 in un trimestre, il 28,2% del totale. Quelli che hanno lasciato il lavoro a tempo indeterminato sono 969. Si sono dimessi 802 giovani con contratti a termine, 967 in apprendistato, ai quali si aggiungono 56 stagionali, 190 somministrati, 245 con contratto intermittente.
"I giovani rinunciano al lavoro perché non si sentono attratti da lavori di bassa qualità e scarsamente pagati - denuncia Maestripieri -. E così questo lavoro non è più considerato un mezzo per realizzare il proprio futuro, i propri sogni e le proprie aspettative".
A dar le dimissioni sono stati 6.852 uomini (che rappresentano il 57% della forza lavoro e il 60% delle dimissioni volontarie del primo trimestre 2023) e 4.567 (che rappresentano il 43% della forza lavoro e il 40% delle dimissioni). L'incidenza delle dimissioni volontarie ha, però, percentuali differenti a seconda delle fasce di età, Le donne si dimettono più spesso tra i 30 e i 50 anni, in corrispondenza della necessità di seguire i figli o gli anziani di famiglia, incombenza che spesso ricade per la maggior parte proprio sulle loro spalle Se le dimissioni delle donne sono il 39,3% del totale fino ai 29 anni e il 37,8 oltre i 51 anni, tra i 30 e i 50 anni la percentuale sale al 42%.
"Per le donne più che per gli uomini, purtroppo, resta ancora difficile conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia» sottolinea il segretario generale Cisl. «Insoddisfazione dei più giovani, incapacità o mancanza di volontà di molte aziende di premiare e incentivare le iniziative dei singoli dipendenti, scarsa fiducia nel futuro: sono queste le cause di un fenomeno che anche in Liguria sta assumendo dimensioni allarmanti" prosegue Maestripieri, secondo il quale "Queste cifre ci dicono soprattutto una cosa: oggi, più che in passato, è necessario instaurare nuovi e più solidi rapporti tra aziende e dipendenti – continua il segretario generale Cisl della Liguria –. Rapporti basati sulla conoscenza reciproca e sulla capacità di individuare le potenzialità di crescita delle singole persone premiandone valore, intuizioni, qualità. Purtroppo, sono sempre più rari i casi in cui i riconoscimenti professionali rappresentano un incentivo non solo a restare in azienda, ma anche e soprattutto a farla crescere. È avvilente, anzi, constatare come spesso non siano prese in considerazioni le aspettative dei dipendenti, che vanno al di là della retribuzione tout court".
Secondo Maestripieri, infine, "appare invece evidente che le aziende capaci di coltivare i propri talenti, ascoltandone la voce, sono quelle meglio posizionate sul mercato del lavoro. Quelle che, al contrario, non sono in grado di crescere insieme ai propri dipendenti rappresentano la fascia più debole. E lo stesso discorso vale per la pubblica amministrazione, dove in molti casi sono proprio le persone di qualità a essere penalizzate. La Cisl è impegnata in queste settimane a raccogliere firme in calce alla proposta di legge di iniziativa popolate sulla partecipazione dei lavoratori. Proponiamo un modello che potrà aiutare ad impostare un nuovo e più sano equilibrio tra aziende e mondo del lavoro".