Liste d'attesa interminabili, pronto soccorso sovraffollati, personale minacciato da pazienti, compreso un primario, che non ne possono più. Insomma una sanità al collasso. Sono i temi affrontati oggi nella manifestazione organizzata dalla Cgil “Pronto soccorso in codice rosso”, perché, come ha spiegato il segretario della Camera del Lavoro Andrea Pasa, tutti questi problemi vanno poi a ricadere sui pronto soccorso.
“Le persone non sanno come curarsi – ha detto Pasa - e allora si rivolgono ai pronto soccorso che non ne possono più. Secondo dati recenti dell'Asl, una visita oculistica può richiedere fino a 240 giorni di attesa - ha detto Andrea Pasa segretario della Camera del lavoro - per una dermatologica si aspetta fino a 330 giorni, una TAC addominale fino a 170 giorni, la risonanza magnetica diventa accessibile con la prescrizione di tipo B da 2 fino ai 3 mesi; anche in questo caso non ci sono disponibilità per gli altri tipi di prescrizione e mancano addirittura le disponibilità”.
Tra i presenti anche alcuni sindaci come Roberto Molinaro di Cosseria, Rodolfo Mirri di Carcare, Nicola Isetta di Quiliano, il sindaco di Cisano e vice presidente della Provincia Massimo Niero, e il sindaco di Savona Marco Russo. “La sanità pubblica è fatta del lavoro di medici, infermieri, personale sanitario che con competenze, passione, umanità lavora per tenere alto questo servizio – ha detto Russo – La Regione oggi non presenta risposte adeguate alla situazione che abbiamo di fronte. C'è bisogno che i Comuni facciano la loro parte”.
Negli interventi anche quelli di Nadia Bertetto del Comitato sanitario locale Valle Bormida: “L'ospedale di Cairo è stato bullizzato - ha dichiarato Bertetto – In val Bormida, un bacino di 40 mila persone, è stato tolto il diritto alla salute e alla vita. La Regione ha provato a svenderci ai privati e ora siamo in una situazione che non è dignitosa per i diritti umani”. Giampiero Storti del Comitato amici del San Paolo ha messo in evidenza le criticità degli ospedali del Savonese, i due che saranno trasformati in case di Comunità e San Paolo e Santa Corona.
“Il personale è esausto – ha detto Storti – gli infermieri non sanno dove girarsi e come fare ad andare avanti. Gli operatori vengono maltrattati dai pazienti, è appena successo ad un primario. I tumori non vengono operati e al San Paolo e al Santa Corona mancano specialità per essere Dea di I e II secondo livello, a tutti e due ne manca un pezzo. Dobbiamo renderci conto che Genova si mangerà tutto, non è un problema di campanilismo ma storico e da qui in avanti sarà sempre peggio”. Sono poi seguite le testimonianze di Simone Gaggero del comitato Salute Pubblica e di Laura Di Guida, infermiera di pronto soccorso del San Paolo che ha descritto la difficile situazione in cui si trovano i reparti di emergenza urgenza.
Ha chiuso Maurizio Calà segretario regionale di Cgil Liguria: “Questa mobilitazione è la quarta sul territorio ligure – ha affermato Calà – e vogliamo alzare i riflettori sulla sanità della nostra regione. La Liguria è la prima regione del Nord per mobilità sanitaria. Molti liguri vanno fuori regione a curarsi perché qui non trovano risposta ai loro problemi di salute, sul territorio manca l’assistenza sanitaria e per questo i cittadini si rivolgono ai pronto soccorso. Diciamo alla Regione che nel piano socio sanitario si parla troppo di futuro e non di presente”.
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