Vecchie "magagne" irrisolte e un futuro non chiaro o addirittura svantaggioso. Il tutto senza un preventivo confronto col territorio interessato dalle scelte.
Questo, in sintesi, il pensiero della Cgil savonese sulla prima bozza del Piano Socio Sanitario 2023-2025 della Regione Liguria approvata pochi giorni fa in Giunta regionale.
"Da tempo il territorio savonese chiede alla Regione Liguria un reale confronto preventivo sui temi e sulle scelte fondamentali che lo riguardano, a partire dal futuro della sanità e dell'assistenza sociosanitaria per i savonesi - scrivono la segreteria generale e quelle di SPI e FP - Come al solito Toti e la Regione non incontrano le comunità interessate, le organizzazioni sindacali territoriali, i cittadini, che vengono così solo informati del documento per mezzo degli organi di stampa".
"Dunque niente di nuovo all'orizzonte, come da tempo accade per qualsiasi altro tema o scelta nella nostra Regione" proseguono, definendo poi "discutibile anche la posizione, anzi la non posizione, di quegli amministratori locali e sindaci che non pretendendo di essere davvero coinvolti ed ascoltati su scelte tanto importanti, di fatto rinunciano ad esercitare fino in fondo il ruolo di rappresentanti delle comunità che li hanno eletti".
"Come Cgil di Savona continuiamo ad essere convinti che i territori vadano pienamente coinvolti nella definizione di progetti tanto importanti e continueremo, anche da soli, a richiedere tutto ciò con forza ad una giunta regionale che continua ad essere 'sorda' o a fingere di esserlo, quantomeno con il territorio savonese" aggiungono da via Boito.
"Stiamo tuttora attendendo l'incontro con il nuovo assessore alla sanità che non si è ancora dato disponibile ad incontrare il sindacato confederale territoriale nonostante le diverse richieste di incontro unitarie di Cgil, Cisl e Uil di Savona - continuano - Nel frattempo le condizioni della sanità pubblica nel savonese è sempre più critica: attività e servizi che continuano a essere depotenziati, liste d'attesa in molti casi inammissibili in qualsiasi Paese civile, criticità diffuse e irrisolte nella sanità territoriale, scarsissima programmazione e continui cambi ai vertici di ASL2 Savonese, ricorsi al TAR, chiusure o depotenziamenti di servizi fondamentali per la vita delle persone del nostro territorio (punto nascita di Pietra Ligure, punti di primo intervento di Albenga e Cairo Montenotte) il trasferimento della centrale operativa del 118 da Savona (dove è nata prima in Italia, 30 anni fa) ad Albenga, una foglia di fico a coprire il vuoto di un ospedale, il più nuovo e moderno della Liguria, regalato alla sanità privata, e tanto altro, a partire dalla condizione dei servizi e dell'assistenza territoriale, che spesso non riescono a rispondere alle esigenze di un territorio fortemente caratterizzato, come dovrebbe essere ben noto, da una fascia di popolazione anziana a cui andrebbero garantite forme e livelli di assistenza ben diversi. A ciò si aggiungono le condizioni di lavoro sempre più insostenibili in cui si trovano, da troppo tempo, ad operare quotidianamente gli addetti della sanità".
Quindi un'osservazione diretta su quanto presentato nei giorni scorsi in Regione: "Lo ribadiamo con forza: trasformare gli ospedali di Albenga e Cairo Montenotte in ospedali di comunità è una scelta profondamente sbagliata che indebolirà ancor di più ciò che oggi è già fortemente critico. Inoltre la Regione non ha ancora chiarito con quanti e quali lavoratrici e lavoratori, di tutte le diverse specialità sanitarie, intende garantire i servizi nelle nuove strutture previste e realizzate grazie alle risorse del PNRR".
"Di questo passo - avvertono - crediamo siano ben evidenti i rischi di avere nuove 'cattedrali nel deserto' o di 'regalie' alla sanità privata a fronte delle ingenti risorse pubbliche portate dal PNRR".
"Tutto con un minimo denominatore: il continuo svuotamento della sanità pubblica che sta arrivando al punto di non ritorno e che ha prodotto, nel nostro territorio, il disastro che è sotto gli occhi di tutti" chiosano dalla Cgil.