Il 20 marzo è arrivata la primavera. Nel 2023, però, l’equinozio è caduto dopo un inverno che, dal punto di vista climatologico, si classifica come il quinto più caldo degli ultimi anni a livello planetario. Con una temperatura combinata della terra e della superficie degli oceani superiore di +0,90 gradi rispetto alla media del XX secolo, infatti, secondo l’analisi della Coldiretti su dati NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e NCDC (National Climatic Data Centre), l’inverno 2022-2023 si classifica poco sotto il podio di quelli più torridi registrati dal 1880 ad oggi.
“Una conferma della tendenza al surriscaldamento – sottolinea la Coldiretti – viene anche dai dati di un’Europa dove la temperatura media dell’ultimo inverno è stata addirittura di +1,44 gradi rispetto alla media stagionale degli anni compresi tra il 1991 e il 2020”. Dati, questi, ricavati direttamente dal sistema europeo Copernicus Climate Change Service (C3S), che evidenzia importanti anomalie del clima nei diversi Paesi del Vecchio Continente. Italia, purtroppo, compresa.
L’importanza di una nuova primavera per le foreste del mondo
Contrariamente a quanto si creda, l’equinozio di primavera non cade sempre nella stessa data. Quest’anno, ad esempio, la giornata in cui si dà inizio alla stagione primaverile – la stessa in cui, tradizionalmente, giorno e notte hanno la stessa durata – è stata per l’appunto ieri, lunedì 20 marzo 2023 (per la precisione alle 22:24 ora italiana, 21:24 UTC), data in cui continuerà a cadere fino al 2044, quando invece il passaggio si verificherà il 19 marzo.
Ma marzo è un mese “caldo” per l’ambiente sotto diversi punti di vista. Oggi, ad esempio, martedì 21 marzo, è infatti la Giornata internazionale delle Foreste, ricorrenza istituita dall'ONU (quest’anno con il tema “Foreste e salute”) il 21 dicembre 2012 per accrescere la consapevolezza del valore inestimabile di tutti i tipi di foreste e dei pericoli della deforestazione, oltre che per comprendere l’importanza di una loro gestione sostenibile. “Negli ultimi 10 anni in Italia la superficie forestale è aumentata di circa 587mila ettari – commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – spesso colpiti da incendi e da un degrado tangibile, dovuto soprattutto all’incuria e dell’abbandono, come accade anche negli entroterra della nostra Liguria. Oggi più che mai è indispensabile lavorare attivamente per tutelare la superficie forestale, fermare la deforestazione e provvedere ripristino dei terreni degradati utilizzando le foreste in modo sostenibile, esattamente come affermato nel rapporto 2022 della Fao sullo stato delle foreste nel mondo”. L’arresto della deforestazione, infatti, potrebbe ridurre notevolmente le emissioni di anidride carbonica – molecola tra i maggiori indiziati per il riscaldamento climatico globale – fino a -3,6 miliardi di tonnellate. Circa il 14% di quanto, fino al 2030, sarebbe necessario per contenere e limitare il global warming al di sotto della linea rossa di -1,5 gradi. “Le foreste sono fondamentali contro il riscaldamento globale – incalzano Boeri e Rivarossa – soprattutto se si pensa che, in tutta Europa, le temperature sulla terraferma dell’inverno 2022/2023, hanno toccato picchi ben superiori alle medie stagionali”.
Per quel che concerne il caso italiano, dal punto di vista climatologico l’ultimo inverno sono state registrate temperature superiori di +1,21 gradi rispetto alla media storica, con un’anomalia di addirittura +1,38 gradi nel nord del Paese, vittima altresì di una storica siccità, come testimonia anche l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr. Liguria compresa.
“Un inverno siccitoso, preceduto da un’estate altrettanto preoccupante per la nostra regione – continuano – con effetti evidenti su diversi ambiti”. Tutti aspetti che non risparmiano né i comparti agricolo e zootecnico, vittime da mesi di una profonda crisi idrica sull’intero territorio regionale, né quello ittico, colpito sia dai bruschi fenomeni temporaleschi e dalle conseguenti mareggiate che, nel caso dei muscolai spezzini, dalla piaga delle orate, ghiotte di muscoli già in situazioni normali e che, con l’aumento delle temperature marine, vedono incrementare il proprio metabolismo e, di conseguenza, la propria voracità. È così che settori cardine dell’economia ligure – quali, ad esempio, olivicoltura, floricoltura e mitilicoltura – vedono continuamente minata la propria stabilità su ogni fronte.
Acqua e meteorologia: la Liguria e il nuovo clima tra siccità e precipitazioni estreme
Domani, mercoledì 22 marzo, ricorre poi la Giornata mondiale dell’acqua (o World Water Day) quest’anno celebrata attraverso il legame tra acqua e cambiamenti climatici. Istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 durante la Conferenza di Rio e prevista all'interno delle direttive dell'Agenda 21, tale ricorrenza è finalizzata a sensibilizzare Istituzioni mondiali e opinione pubblica sull'importanza di ridurre lo spreco di acqua e di assumere comportamenti volti a contrastare il cambiamento climatico.
Ultima, ma non certo per importanza, e strettamente legata a quella del giorno precedente è, infine, la Giornata mondiale della meteorologia (giovedì 23 marzo), istituita nel 1961 per celebrare la nascita dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) e che quest’anno vuole portare all’attenzione del mondo intero Il futuro di Tempo, Clima e Acqua attraverso le generazioni. “La mancanza di precipitazioni – sottolineano ancora il Presidente ligure e il Delegato Confederale – sta condizionando anche le scelte delle aziende agricole, di cui circa 300mila si trovano oggi nelle aree più colpite dall’emergenza siccità”. Un dato allarmante, soprattutto se si pensa che dalla disponibilità idrica dipende la produzione degli alimenti base della dieta mediterranea.
“Il caldo fuori stagione – concludono – ha completamente stravolto i normali cicli colturali. Di conseguenza, anche le offerte stagionali presenti su scaffali e bancarelle in questo periodo dell’anno, con l’arrivo delle gustose e tradizionali primizie di primavera. E l’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, che si manifestano con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi”.