Continua a tenere banco il tema della sicurezza del parco mezzi di Tpl Linea nella nostra provincia, una situazione da tempo denunciata da rsu e organizzazioni sindacali e oggetto di non poche schermaglie tra le parti in causa.
Ad acuire la situazione l'incidente mortale nel deposito di via Valletta San Cristoforo dove perse la vita Stefano Macciò.
A distanza di alcune settimane a porre qualcosa di più di semplici "puntini sulle I" è il segretario di Faisa Cisal, Ermanno Chiapparo: "In Italia la vita media di un autobus è di 10,3 anni; in Europa scende a 7,5. Gran parte dei nostri mezzi aziendali è vicina ai 20 anni, con punte di 23 - afferma - E già qui si potrebbe terminare il discorso ma anche sugli autobus meno vetusti il problema riguarda la manutenzione: se essa risulta insufficiente è dovuta anche alla palese carenza di organico in officina, che poi si traduce con problemi di guasti meccanici di cui alcuni non prevedibili, anche in servizio, e altri evitabili con una manutenzione programmata".
Qui entra in gioco il discorso sicurezza: "Molto spesso gli autisti si sono assunti responsabilità che sono andate ben oltre i doveri di loro competenza, guidando mezzi che non sarebbero dovuti uscire dal deposito, spesso per ammissione dell'azienda stessa, ma che comunque si sono ritrovati in servizio - continua Chiapparo - Dal momento che, a volte, non erano presenti autobus sostitutivi o comunque ve n'erano alcuni a disposizione con altri problemi, il senso del dovere gli ha 'imposto' di farlo ugualmente per evitare di lasciare a piedi l'utenza che magari ha bisogno di quel bus per recarsi a scuola, al lavoro o in ospedale".
"Vorrei anche sottolineare che, in questo lavoro, ogni problema tecnico, piccolo o grande che sia, crea del disagio e dello stress psicofisico - spiega il segretario Faisa Cisal - Questo, unito o alla responsabilità di far circolare un mezzo pesante in città con passeggeri a bordo alla lunga influisce negativamente sulla qualità e sulla sicurezza del servizio svolto, nonché sulla salute dell'autista".
Problemi con cui il personale è costretto, secondo quanto dice Chiapparo , a convivere "da anni e, malgrado siano stati ripetutamente sottoposti all'attenzione aziendale, non sono stati risolti, spesso adducendo la scusa che alcuni mezzi sono prossimi alla demolizione (da anni...) e quindi inutile spenderci dei soldi. Ma nel frattempo continuano a circolare. A dimostrazione della veridicità di ciò che scriviamo, basta guardare i bilanci delle varie aziende di trasporto pubblico e guardare la voce delle spese di manutenzione dei mezzi: noi ne siamo ben al di sotto della media nazionale".
"La causa scatenante di questa pubblicità non voluta è stata l'incidente mortale avvenuta lo scorso 8 febbraio in deposito. Incidente dove, ricordiamo, ha perso la vita un nostro capo officina" aggiunge Chiapparo, sottolineando come gli appelli lanciati finora non siano tentativi di strumentalizzazione, bensì servano a "porre in risalto le carenze manutentive aziendali, che derivano da scelte consapevoli fatte e sostenute in tutte le sedi dalla dirigenza".
"Non riusciamo a capire con quali criteri siano stati adottate - dice quindi Chiapparo - visto lo stato di profonda decadenza di un settore così importante, lontano dagli standard che un’azienda di trasporto deve avere per un parco mezzi efficiente. Non si può andare a recuperare dei nostri mezzi col carroattrezzi quotidianamente, anche più volte lo stesso giorno, e questo non è certo sinonimo di efficienza".
A seguito di questo perdurare di fatti i sindacati sono giunti al documento sottoscritto e firmato in Prefettura la scorsa settimana, "con gli stessi contenuti già preesistenti sotto forma di sicurezza e del codice della strada" specifica il segretario Faisa Cisal, invitando a non dimenticarsi che "l'autista è il primo responsabile del mezzo che guida, con annessi e connessi, ma se finora gli autisti si sono assunti queste responsabilità, ora pretendono che le stesse vengano assunte da chi di questa situazione ne è l’artefice".
"Forse se si fosse fatto prima non saremmo arrivati a questa situazione così degradata ma, in buona fede, l’intento era di sopperire a evidenti carenze organizzative - chiosa Chiapparo - Purtroppo non è servito, adesso è arrivato il momento di dire basta!".