Affonda le sue radici addirittura nel Medioevo, quando gli arabi la importarono sulle nostre coste insieme ad altri usi e costumi rimasti poi in parte nella nostra cultura come contaminazioni. Eppure col tempo anch'essa ha rischiato di sparire sotto i colpi della burocrazia e di norme, per lo più europee, che ne limitano di fatto la pratica.
E' la tradizione della pesca con la sciabica, un'antica tecnica spesso fatta rivivere come semplice "rievocazione storica". Non però a Noli, dove i pescatori della cooperativa "L. Defferrari" non l'hanno mai del tutto abbandonata e, proprio per questo, cercano di salvaguardare grazie alla collaborazione coi biologi dell'Università di Genova e l'Ufficio Pesca di Regione Liguria che, impegnati anche ad Andora, Loano e Varazze nel savonese, stanno conducendo uno studio anche pratico per provare a cambiare le norme in vigore e rendere questa pesca nuovamente conveniente per chi la pratica.
La pesca così praticata non può essere infatti eseguita nei primi 50 metri di fondale a partire dalla riva, mentre la maglia della rete stessa dev'essere di 50 millimetri. “Condizioni che rendono la pesca sconveniente - spiega Edoardo Olmi, di Unige - di fatto quindi non si vieta la sciabica ma il modo in cui è sempre stata fatta”. Al momento pescatori e biologi portano avanti uno studio attraverso una “pesca sperimentale, per capire quali sono le differenze tra le quattro marinerie coinvolte e quali sono stati, se ci sono stati, i cambiamenti da dieci anni a questa parte, ad esempio circa le catture”, aggiunge Olmi.
Ma come si esegue questa tecnica? La calata della rete, che avviene per mezzo di un tipico gozzo ligure a remi, richiede una minuziosità nei suoi vari passaggi davvero certosina. Si parte da terra con una cima che si allunga verso il largo in leggera diagonale controcorrente e, dopo aver allungato la corda, si procede a calare la rete stessa che parte con la prima maglia molto larga e vicina arrivando quindi al sacco. A quel punto le maglie si stringono per poi ricominciare ad allargarsi nuovamente, si porta poi l’altra cima a terra dopo aver compiuto un semicerchio e viene tirato a terra a mano dai pescatori tramite i due capi fino ad arrivare al sacco centrale.
Intorno agli anni Ottanta vennero introdotti dei verricelli meccanici per eseguire la pesca con lo scopo di alleggerire la fatica umana senza cambiare tuttavia la natura della pesca, in quanto la rete non ha dispositivi quali divergenti o catenarie e la potenza dei motori non supera i 30 cavalli per imbarcazione. Il problema si presentò quando l’Unione Europea annoverò l’attrezzo utilizzato tra quelli da traino, senza proibire la pesca da sciabica da natante o da terra, rendendola di fatto però impraticabile mettendo in dubbio le misure di maglia delle reti utilizzate e la distanza dalla costa precedentemente utilizzate, limitando il tutto a una selezione di pesci delle dimensioni molto ridotte.
Ad assistere al quarto appuntamento con lo studio che pescatori nolesi e biologi stanno portando avanti dal novembre scorso, sono stati gli alunni delle scuole medie della cittadina del Golfo dell'Isola che, dopo aver assistito alla calata delle reti e alla raccolta del pesce, hanno aiutato a distinguere i vari pesci per tipologia. A salutarli poi una sorpresa davvero inaspettata per tutti, coi delfini a danzare davanti alla spiaggia dell'antica Repubblica Marinara incantando i giovani studenti, depositari nel futuro di queste tradizioni.