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Attualità | 16 febbraio 2023, 07:43

Oggi è Giovedì grasso, il culmine del Carnevale, perché si festeggia

Tutto sulla festa più pazza dell’anno che precede la Quaresima e storia delle maschere italiane

Oggi è Giovedì grasso, il culmine del Carnevale, perché si festeggia

Il Carnevale è la festa più pazza dell’anno, impossibile non amarla! Anche se tutti lo festeggiano, sono pochi quelli che conoscono il suo vero significato. Questa ricorrenza, infatti, è molto più che un’occasione per sfoggiare maschere e fare scherzi. Scopriamo insieme la sua vera natura.

Le origini

L’origine del Carnevale è molto antica. Pare, infatti, che derivi dai Saturnali, delle feste pagane dell’antica Roma, durante le quali, oltre ad offrire sacrifici agli dei, si sovvertiva il normale ordine sociale, lasciando liberi gli schiavi per qualche ora, per dedicarsi a sfrenati festeggiamenti. Il proverbio associato al Carnevale, derivato dall’antico detto latino «Semel in anno licet insanire (una volta l’anno è lecito impazzire)» la dice lunga! Anche le maschere derivano dall’epoca romana. Durante i Saturnali veniva eletto tra il popolo un princeps, che indossava una maschera colorata, al quale venivano momentaneamente affidati tutti i poteri. Inoltre, ognuno poteva mascherarsi per diventare chi volesse e dedicarsi ad ogni tipo di piacere. Con l’avvento del Cristianesimo, queste feste non sono state abbandonate, ma il loro significato è cambiato e sono diventate un momento per divertirsi prima della Quaresima.

Perché ci si maschera

Secondo numerose fonti, tra cui Apuleio, il “travestimento” deve essere fatto risalire ad una festa in onore della dea egizia Iside, durante la quale erano presenti numerosi gruppi mascherati. Questa usanza venne importata anche nell’impero romano: alla fine del vecchio anno un uomo coperto di pelli di capra veniva portato in processione e colpito con bacchette. In molte altre parti del mondo, soprattutto in Oriente, c’erano molte feste con cerimonie e processioni in cui gli individui si travestivano: a Babilonia, ad esempio, non era strano vedere grossi carri simboleggianti la Luna e il Sole sfilare per le strade, rappresentando la creazione del mondo. In generale, però, lo spirito della festa è quello di livellare l’ordine delle cose, ribaltare la realtà con la fantasia e travestirsi da ciò che non si è. Nel Medioevo, ad esempio, i popolani potevano per poche ore divertirsi senza pensieri e sentirsi al pari dei potenti.

Quando si festeggia il Carnevale

Non c’è una data fissa per i festeggiamenti in maschera. Il Carnevale, infatti, inizia la prima domenica delle nove che precedono quella di Pasqua. Raggiunge il culmine il Giovedì grasso e termina il martedì successivo, ovvero il Martedì grasso, che precede il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima.

Giovedì grasso

Gli ultimi giorni del Carnevale sono tutti gaudenti, ma perché il giovedì lo è più degli altri? Risposta: è il primo degli ultimi giorni di Carnevale, arrivare al mercoledì successivo fa praticamente una settimana intera di bagordi. In alcune parti d’Italia, il Giovedì grasso era anche il giorno in cui si eleggeva il “Re del Carnevale”, ovvero la persona più divertente e spiritosa del paese, che avrebbe guidato le festività per tutta la durata del Carnevale.

Martedì grasso

La parola Carnevale deriva dal latino “carnem levare”, ossia “eliminare la carne” e si riferiva al banchetto che tradizionalmente si teneva l’ultimo giorno prima di entrare nel periodo di Quaresima, cioè il Martedì grasso che precedeva il Mercoledì delle Ceneri. Per la Chiesa Cattolica, questo periodo liturgico è un momento di penitenza e prevede l’astinenza dai divertimenti e da alcuni cibi. In passato la Quaresima era molto più sentita ed era abitudine, quindi, consumare gli ultimi cibi gustosi e succulenti rimasti in dispensa proprio il Martedì grasso. Tra queste leccornie vi era la carne, considerata un cibo prelibato, ma anche i dolci, alimenti pieni di zuccheri, perciò “grassi”.

Tradizioni

A seconda dei Paesi e delle regioni d’Italia, il Martedì grasso può assumere nomi differenti o non esistere affatto. È il caso di Milano che segue il rito ambrosiano secondo cui l’ultimo giorno di Carnevale è il sabato, anziché il martedì. La tradizione fa risalire questa usanza direttamente a Sant’Ambrogio, che tardò il rientro in città da un pellegrinaggio e fece aspettare i fedeli per l’inizio della Quaresima. In questo modo il Carnevale dura di più, terminando il sabato dopo le Ceneri, allungando così di quattro giorni il periodo del “Carnevalone”. Nel Regno Unito e negli USA, invece, il Martedì grasso prende il nome di Pancake Day.

Festeggiamenti

Il Carnevale è una delle festività più celebrate in tutto il mondo, da Venezia a Rio de Janeiro, passando per Viareggio e Nizza. Ma ogni città e paese ha la sua tradizionale sfilata di carri allegorici, fatta di maschere, coriandoli, baldoria in strada e scherzi. L’ultimo rito è preparare in casa i tipici dolci di Carnevale: si mangiano le bugie e... la festa è finita.

Tutte le maschere di Carnevale italiane

Oltre alle origini, la storia del Carnevale in Italia è legata alle maschere caratteristiche di ogni città o paese, con il loro costume iconico. Vai con la carrellata.

Arlecchino è la maschera di Bergamo bassa, è un servitore, lazzarone e truffaldino, in perenne litigio col suo padrone. Il suo nome deriva dal Medioevo francese: Harlequin, o Herlequin o Hellequin. Ha un carattere stravagante ed è pure molto furbo. Indossa un vestito di tante pezze colorate cucite insieme, pantaloni larghi e comodi, un cappellaccio sformato con pennacchio di coda di coniglio o una piuma e una maschera nera sugli occhi.

Meneghino è la maschera di Milano. Lo spiritoso Meneghino, diminutivo di Domeneghin, è servitore rozzo, ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. Inoltre è generoso e sbrigativo, abile nel deridere i difetti degli aristocratici. Il suo costume è formato da una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, accompagnato da un cappello a tre punte e la parrucca con codino alla francese.

Colombina è la maschera di Venezia e rappresenta una servetta veneziana. Lei è la fidanzata di Arlecchino, il quale non sembra volerla sposare. Colombina è molto vanitosa, un po’ civetta, tiene ad avere sempre un bell’aspetto, abile a risolvere con destrezza le situazioni più intricate. Il suo costume è formato da una cuffietta, un corpetto verde, con una profonda scollatura ed ampie maniche a sbuffo, la gonna arricciata a righe rialzata sul davanti da un nastrino rosso, un grembiule bianco e scarpine a punta con nastro rosso.

Gianduia è la maschera di Torino. Dal suo nome deriva quello della cioccolata gianduia e del famoso cioccolatino Gianduiotto. Gianduia è un intenditore di vini doc ed ha una passione per le osterie. Galantuomo allegro e dotato di buon senso. Il suo costume è formato da un panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto giallo e le calze rosse. La maschera di Gianduia è nata alla fine del ‘700, in pieno regime bonapartista.

Pantalone è la maschera di Venezia, nata intorno alla metà del ‘500 e rappresenta il tipico vecchio mercante avaro, lussurioso e vizioso, che non si separa mai dalla sua borsa piena di monete e insidia le giovani innamorate. Il nome deriva da “Pianta Leone”, come venivano definiti coloro che piantavano la bandiera di San Marco in tutti i territori (anche passionali) che conquistavano. Il suo costume è formato da uno zucchetto, giubba e calzamaglia rossi, con babbucce, il tutto racchiuso sotto il tipico mantello nero.

Pulcinella è la maschera di Napoli ed una figura buffa e goffa. Il nome Pulcinella deriverebbe dal napoletano “polene”, pulce o piccolo pulcino. È un tipo impertinente, pazzerello, chiacchierone, ama il dolce far niente, escluso il mangiare e il bere. La sua maschera è formata da un cappello a punta, una maschera nera con il naso adunco, un camiciotto e i calzoni molto larghi e bianchi. Porta sempre con sé un mandolino.

Rugantino è la maschera di Roma. In origine rappresentava il bullo romano per eccellenza, di indole provocatoria ed insolente, tanto che il suo nome deriva da “ruganza”, ossia l’arroganza. Tuttavia, nel corso del tempo, il personaggio si è modificato andando ad incarnare i sentimenti di quella Roma popolare incline alla giustizia ed alla solidarietà, assumendo un carattere più pigro e bonario. Il suo costume è formato da un cappello a due punte rosso da gendarme, ha dettagli rossi e gialli su sciarpa, pantaloni e giacca.

Farinella è la maschera del Carnevale di Putignano. Il suo nome è ispirato alla farina ricavata da ceci e orzo tipica pugliese ed incarna il carattere della gente del luogo. Il suo costume è formato da un abito multicolore ed un cappello che ricorda quello di un giullare.

Beppe Nappa è una maschera siciliana. Sembra goffo, ma in realtà è un bravissimo ballerino e saltimbanco. Il suo costume è formato da un abito bianco o azzurro con le maniche così lunghe da coprire le mani. In testa invece porta un cappellino di feltro.

Brighella è un’altra maschera di Bergamo, è un servo astuto, furbissimo e malizioso. È il migliore amico di Arlecchino, ma è dispettoso e attaccabrighe (e beh, nomen omen). Il suo costume è una livrea bianca con strisce verdi su gambe e braccia e con alamari dello stesso colore. Sul viso ha una maschera nera, mentre in testa porta un berretto bianco e verde.

Burlamacco è la maschera del Carnevale di Viareggio ed è anche la più recente delle maschere italiane. È un pagliaccio con un abito che è un misto di altre maschere. Il suo costume è a scacchi bianchi e rossi, con un cappello rosso ed un mantello nero.

Capitan Spaventa è una maschera della Liguria, uno spadaccino nobile, coraggioso e dall’animo tenero in barba al nome che porta. Il suo buon senso lo guida verso lidi di saggezza e lo troviamo spesso in contrapposizione a un’altra maschera, meno positiva: quella dell’arrogante Capitan Matamoros. Il suo costume è formato da un abito dai toni accessi con strisce gialle e arancioni. Il suo cappello a tesa larga è decorato con piume ed ha una bellissima spada.

Giangurgolo è una maschera della Calabria, di solito è vestito con un cappello bianco a pan di zucchero, una divisa a righe gialla e rossa, una maschera che copre il volto, con il naso lungo e lunga spada da soldato.

Gioppino è l’ennesima maschera di Bergamo. Ignorante ed ottuso, viene spesso ingannato dalle altre maschere. Il suo costume è formato da un cappello di paglia o da contadino e abiti da lavoro.

Meo Patacca è un’altra maschera di Roma, è un servo spiritoso e buono, parla in dialetto romanesco e può sembrare un po’ scontroso. Il suo costume è formato da un cappello rosso, una fusciacca dello stesso colore, il panciotto o vestito giallo e porta il bastone.

Mosciolino è una maschera di Ancona, ha il vestito ricoperto di cozze, alghe e pezzi di reti. In testa porta un berretto azzurro incrostato di sale e ha sempre con sé una canna da pesca.

Balanzone è la maschera di Bologna, vuol passare per acculturato, ma i suoi discorsi, sebbene intrisi di termini aulici, spesso anche in latino, sono totalmente insensati. Il suo costume è quello di un professore universitario (settecentesco), con toga, cappello, giacca e mantello.

Stenterello è la maschera di Firenze, generoso e sempre con la risposta pronta, in grado di suscitare il riso con battute pungenti, ma mai volgari. Il personaggio è stato ideato dall’attore fiorentino Luigi Del Buono nel ‘700, come colui “che pare cresciuto a stento”, da qui Stenterello. Al pubblico si presenta con un costume colorato, disordinato e senza mai un soldo in tasca.

Silvia Gullino

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