Come ogni anno il 6 gennaio si celebra l’Epifania, festa della tradizione cristiana che si intreccia alla storia della Befana, comunemente rappresentata come un’anziana con il naso lungo e il mento aguzzo che viaggia di notte sospesa nel cielo a bordo della sua inseparabile scopa.
Una festa amata soprattutto dai bambini, che, in questa giornata, ricevono in dono proprio dalla Befana una calza ricca di dolci e regali. Calza a parte, l’Epifania rappresenta, da sempre, un’occasione per stare in famiglia e trascorrere del tempo insieme, l’ultimo giorno di festa delle vacanze di Natale.
Ma in quanti di noi ricordano davvero il vero significato, le origini di questo appuntamento?
Entriamo in modalità Superquark. L’Epifania è una festa cristiana e il suo nome deriva dal greco antico. Vuol dire “Mi manifesto” e si festeggiava già dai tempi del Secondo Patriarca di Costantinopoli, l’attuale Istanbul. La ricorrenza è legata alla visita dei Re Magi, arrivati da Oriente per adorare il Signore.
Nel corso del tempo, l’Epifania si è arricchita di moltissimi significati. La Befana stessa altro non è che la popolarizzazione della festa religiosa. Perché si dice Befana? Semplice: è una contrazione del termine greco Epifaneia, che poi si è trasformato in befania e poi in Befana. Una vecchia brutta, ma buona dentro, che il 6 gennaio di ogni anno si preoccupa di portare in dono dolciumi, caramelle e frutta secca nelle calze appese ai caminetti o in altri posti “strategici” della casa.
Una domanda che tutti si sono posti almeno una volta è questa: perché la Befana porta i regali in una calza? L’usanza di mettere caramelle, frutta secca, mandarini all'interno di una calza appesa al camino nella notte dell’Epifania sarebbe di buon auspicio per l’anno nuovo.
In realtà, esistono molte alte risposte, tra verità, mito e leggenda. Mettetevi comodi e leggete con attenzione.
Con la festa cristiana la Befana non c’entra proprio niente, ma nella tradizione popolare c’è una leggenda che in qualche modo la inserisce come protagonista di questa solennità religiosa.
Diretti a Betlemme per portare i loro doni (oro, incenso e mirra) a Gesù bambino, i Re Magi, trovando difficoltà nel raggiungere la grotta della Santa Famiglia, chiesero informazioni ad una vecchietta incontrata lungo la strada. Nonostante le tante insistenze, la donna non volle unirsi a loro per far visita al piccolo appena nato, per poi pentirsene.
Così, preparò un cesto ricco di dolci di ogni tipo, uscì di casa e si mise in cammino alla ricerca dei Re Magi, senza però trovarli. Ad ogni casa che incontrava lungo il cammino si fermava per donare dolciumi ai bambini che vi abitavano, nella speranza che uno di essi fosse Gesù bambino. Nasce così la leggenda della Befana che, di casa in casa, regala dolcetti ai bimbi buoni.
Narra ancora una leggenda che Numa Pompilio, uno dei sette re di Roma, durante il periodo del solstizio d’inverno, avesse l’abitudine di appendere una calza in una grotta per ricevere doni da una ninfa.
Così, nel tempo, la Befana ha coniugato tante storie, assumendo i connotati di una strega benevola, generosa dispensatrice di frutti della terra. I suoi doni commestibili, come frutta secca, mele, mandarini, vanno interpretati come offerte di primizie che, richiamando i semi della terra, esercitano una funzione propiziatoria.
E il carbone? Era l’antico simbolo rituale dei falò, che inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo del rinnovamento stagionale. Successivamente, la cultura popolare trasformò il carbone in simbolo di punizione per i bambini che si erano comportati male durante l’anno.
Curiosità. La città di Urbania, nelle Marche, ospita dal 1997 la Festa della Befana in cui tantissime Befane animano il centro storico con la loro allegria e i loro costumi colorati dal 4 al 6 gennaio di ogni anno. L’intera popolazione viene coinvolta per la preparazione di questa festa a misura di famiglia: più di 4000 calze appese lungo le vie del centro storico, vetrine addobbate per l’occasione, eventi musicali e di animazione, mercatini e spettacoli per tutti i gusti.
Nella civiltà contadina le calze della befana (una per ciascun bambino della famiglia), solitamente erano appese sotto la cappa, perché la vecchietta le trovasse subito. Molti le agganciavano direttamente alla catena del paiolo, altri a dei chiodi fissi in qualche angolo della cucina. Ma non tutti i bambini usavano appendere le calze per la Befana. Alcuni, invece delle calze, mettevano bene in vista delle belle scarpe o degli stivaletti. La Befana, si sa, ha sempre tanti buchi nelle scarpe, così avrebbe potuto prendersi quelle nuove e lasciare in cambio i suoi doni. Se invece non ne aveva bisogno, lasciava le scarpe al loro posto, riempiendole di doni.
In certi paesi c’erano fanciulli che non mettevano né calze, né scarpe, né stivali per i doni della Befana. Preferivano cestini, canestri, panieri, piatti, ciotole di legno e cappelli rovesciati. Ma erano le calze ad essere preferite da tutti, perché, essendo di lana, si allargavano facilmente e, quindi, contenevano più doni.
I bimbi più furbi, anziché le loro calze, che erano piccole, appendevano le lunghe calze nere della nonna oppure i seducenti collant della mamma, che di regali potevano raccoglierne ancora di più.
Attenzione, però: questo vale solo per i bimbi buoni, perché per quelli “monelli” sono previsti tutt’altri doni, come carbone, cenere, cipolle, aglio, carote. Voi cosa troverete nella calza?