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Attualità | 21 dicembre 2022, 09:54

21 dicembre, solstizio d’inverno: è il giorno più corto dell’anno

Miti, leggende e ragioni astronomiche del cosiddetto “Sole fermo”

L'alba a Pietra Ligure

L'alba a Pietra Ligure

Il solstizio d’inverno 2022 sta arrivando. Il conto alla rovescia è agli sgoccioli: termina precisamente alle 22.47 (ora italiana) di oggi, mercoledì 21 dicembre. È questo il momento esatto che sancisce la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno.

La data non è fissa, solitamente il solstizio invernale cade tra il 21 e il 22 dicembre, perché ogni anno la Terra impiega circa sei ore in più per completare il suo moto intorno al Sole. Un ritardo che viene recuperato con il calendario bisestile: un giorno in più a febbraio ogni quattro anni.

È proprio in ragione di queste convenzioni che un tempo, prima dell’introduzione del calendario gregoriano, il solstizio d’inverno cadeva attorno al 13 dicembre, giorno dedicato a Santa Lucia, legata al famoso proverbio “il giorno più corto che ci sia”. Da quando venne introdotto il nuovo calendario (il 4 ottobre 1582 da Papa Gregorio XIII) le date cambiarono e rimase uno scarto di una decina di giorni tra il vero giorno più corto dell’anno e quello del proverbio.

Il significato odierno del solstizio d’inverno è frutto di molte tradizioni, leggende e sacralità che si sono tramandate nel tempo. Fin dalla preistoria viene attribuito al solstizio d’inverno il significato del trionfo della luce sulle tenebre. Nell’antichità si festeggiava la nascita del dio Mitra, il Sol invictus. Nell’antica Roma queste erano le giornate dei Saturnalia: per un giorno le distinzioni sociali erano abolite e gli schiavi prendevano il posto del padrone; per l’occasione ci si scambiava dei piccoli regali. Nelle tradizioni germanica e celtica precristiana, Yule (o Juul) era la festa del solstizio d’inverno dove il protagonista era un ceppo di legno che veniva bruciato tutta la notte per propiziare il ritorno della luce e del calore.

Gli esempi possono continuare: nell’Antico Egitto si celebrava il dio Horus; nel Messico precolombiano veniva alla luce il dio inca Inti e gli dei aztechi Huitzilopochtli e Bacab; in Grecia era il tempo del dio Bacco nonché di Ercole e Adone; i popoli del Nord festeggiavano il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya; in Azerbaigian veniva festeggiato Zarathustra; in Oriente il Buddha.

Curiosa anche la traduzione letterale della parola “solstizio”. Dal latino “solstitium”, composto da sol (Sole) e sistere (fermarsi), indica proprio una “fermata del Sole”. Nei giorni del solstizio, infatti, il Sole sembra prendersi una “pausa” nel suo cammino sulla volta celeste. Apparentemente in questo periodo la nostra stella “smette” di calare rispetto all’equatore, rimanendo “ferma” in cielo. Passato il solstizio, il Sole “riprende” il suo percorso e le giornate tornano ad allungarsi. Tutto ciò è, ovviamente, solo apparente.

Perché il Sole sembra fermarsi? A questo risponde la scienza. Il fenomeno del “Sole fermo” è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre. Il solstizio d’inverno è il momento in cui il Sole raggiunge nel suo cammino apparente lungo l’eclittica (il piano dell’orbita terrestre) il punto di declinazione minima. Il Sole culmina allo zenit, ovvero nel punto più alto rispetto all’orizzonte del suo percorso annuale. A mezzogiorno i suoi raggi cadono perpendicolari in tutti i luoghi che si trovano a 23°27’ di latitudine Nord.

Fateci caso: il Sole sorgerà più tardi del solito e tramonterà prima. Il solstizio d’inverno non è soltanto il giorno più buio dell’anno, ma anche il giorno che inaugura un altro importante fenomeno: dal 22 dicembre, infatti, le giornate torneranno ad allungarsi, fino a raggiungere l’equinozio di primavera, lunedì 20 marzo 2023. Ma è ancora troppo presto per pensarci.

Silvia Gullino

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