Attualità - 10 dicembre 2022, 07:20

Giustizia: ecco cosa cambia con la riforma Cartabia per cittadini, imprese e tribunali

Vittima e carnefice potranno trovare un punto di incontro con la “formula riparativa”? Il dibattimento tenderà a scomparire? Davvero questa è una riforma “a costo zero?” Savonanews ne ha parlato con l’avvocato Monica Alberti di Varese

Efficienza del processo penale, giustizia riparativa e celere definizione dei procedimenti giudiziari: questi sono gli obiettivi che si propone di attuare il decreto legislativo sulla Giustizia, meglio conosciuto come “Legge Cartabia”?

Il decreto legislativo comprende novantanove articoli, con i quali si interviene su codice penale, codice di procedura penale, nonché sulle leggi complementari e si delinea una disciplina organica della giustizia riparativa.

Per conoscere meglio di cosa si tratta e soprattutto come questa “rivoluzione” inciderà sulla vita di imprenditori, cittadini e tribunali, abbiamo chiesto chiarimenti all’avvocato Monica Alberti dello studio legale Mascetti di Varese.

Avvocato Alberti, il Governo ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che attua la delega in materia di giustizia penale contenuta nella Legge n. 134/2021. Quali sono le novità più importanti?

Si tratta a tutti gli effetti di una riforma di sistema, del sistema processuale e penale, con notevole impatto livello organizzativo. La riforma si fonda su tre pilastri: modifiche al sistema sanzionatorio, riforma del processo penale e l’introduzione della giustizia riparativa. L’obiettivo principale della Riforma è l’efficienza del processo e della giustizia penale con una riduzione drastica dei processi nei tre gradi di giudizio entro il 2026. Vengono quindi introdotti strumenti per “filtrare”, si legge nella Relazione Illustrativa, per decidere sin dalla fase delle indagini preliminari quali processi sono meritevoli del vaglio di un giudice, cioè quelli che dovranno andare a dibattimento che sembra quasi divenire l’estrema ratio.

Sempre per evitare la fase dibattimentale sono stati inseriti incentivi all’accesso ai riti speciali, ovvero patteggiamento, abbreviato. La volontà del Legislatore è quindi quella di sfoltire, snellire, efficientare il sistema realizzando, al contempo, una transizione digitale e telematica del processo penale.

 

Quale può essere il primo problema di ordine pratico?

Certamente la mancanza di risorse, sia finanziarie che in termini di personale. Senza entrare nel merito della transizione digitale, basti pensare, ad esempio, che la videoregistrazione sostituirà la trascrizione, la stenotipia, degli esami delle parti, dei testimoni, dei periti e consulenti; quindi, le aule dovranno essere dotate di sistemi di videoregistrazione, di telecamere, il tutto è previsto a costo zero, quindi come verrà realizzato tutto ciò?

In merito all’ampliamento dei casi di messa alla prova, di pene sostitutive, i nostri uffici dell’esecuzione penale UEPE già oggi sono al collasso. Da qui la richiesta quanto meno di istituire sportelli dedicati per la messa alla prova e i lavori di pubblica utilità, cui assegnare anche le istruttorie per le pene sostitutive, in modo da sgravare l’esecuzione penale di una parte degli adempimenti.

Per quanto riguarda poi la giustizia riparativa chi formerà i mediatori, chi si occuperà e con quali risorse di istituire e organizzare i centri per la giustizia riparativa?

Questi sono solo un paio di esempi estremamente pratici senza considerare le criticità che pongono alcune norme e alcuni istituti nell’intero sistema oltre a una preoccupazione di fondo: va bene efficientare, snellire ma teniamo presente che ogni fascicolo, ogni processo contiene la vita delle persone i cui diritti di difesa non devono e non possono certo essere compressi o compromessi in ragione della necessità di sfoltire, di accelerare il processo penale.

 

Per la prima volta si disciplina nel nostro ordinamento la giustizia riparativa. Cosa significa, come sarà applicata e che ripercussioni potrà avere su cittadini ed imprese?

Come sarà applicata non è dato ancora saperlo, il legislatore ha così definito la giustizia riparativa: si tratta di ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell'offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l'aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore.

Ove la vittima del reato è la persona fisica che ha subìto direttamente dal reato qualunque danno patrimoniale o non patrimoniale, nonché il familiare della persona fisica la cui morte è stata causata dal reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona.

Mentre la persona indicata come autore dell'offesa può essere: la persona indicata come tale dalla vittima, anche prima della proposizione della querela; la persona sottoposta alle indagini, l'imputato, la persona sottoposta a misura di sicurezza personale, la persona condannata con pronuncia irrevocabile.

I programmi di giustizia riparativa sono accessibili senza preclusioni in merito al reato o alla gravità dello stesso e si può accedere in ogni stato e grado del processo, anche prima della presentazione della querela o dopo sentenza di condanna definitiva.

Ciò detto, il programma può avere un esito solo simbolico, come delle scuse, un comportamento pubblico, accordi sulla frequentazione di luoghi, oppure un esito materiale quale risarcimento del danno, l’adoperarsi per la rimozione o per elidere le conseguenze dannose del reato.

Si tratta di una disciplina di grande impatto ma che presenta notevoli criticità prima fra tutte il mediatore potrebbe essere anche un soggetto privo di studi giuridici ma teniamo presente che i presupposti che il mediatore deve valutare per l’accesso al programma si traducono di fatto in un giudizio sulla colpevolezza. Già l’individuare una vittima presuppone una presunzione di colpevolezza. Il mediatore inoltre deve predisporre una relazione relativa all’accordo raggiunto tra le parti, sull’esito e in caso di esito negativo la relazione verrà inviata ad un giudice.

Altro tema, gli accordi riparativi di fatto avranno un contenuto sanzionatorio, anche solo in termini di immagine per l’autore del fatto di reato che verrà dichiarato tale senza aver avuto un processo. Peraltro, l’assistenza dei difensori è assai limitata, il difensore dell’autore del fatto partecipa solo alla fase preliminare e esecutiva dell’accordo quando ha ad oggetto esiti materiali.

Al di là dei problemi pratici di cui si è già detto, ciò che più preoccupa è questa traslazione sulla vittima del potere sanzionatorio, una sorta di privatizzazione di un potere che è dello stato con conseguente minaccia per l’imparzialità e la proporzionalità della risposta sanzionatoria, vi è un rischio concreto di vendette riparatorie.


I tempi della giustizia riparativa come si conciliano con quelli del processo penale?

La giustizia riparativa non prevede termini mentre la sospensione del processo per valutare la possibilità di programmi riparatori prevede 180 giorni di sospensione.

 

Potrebbe trasformarsi in una “svuota carceri?”

Onestamente fatico a vedere la giustizia riparativa come una sorta di svuota carceri anche se certamente potrebbe rivelarsi utile proprio in fase di esecuzione della pena, ove c’è già stata una condanna all’esito di un processo in cui l’autore del fatto è stato ritenuto responsabile al di là di ogni ragionevole dubbio da un giudice che, magari, si è pronunciato anche sulle situazioni civili della vittima.

Al contempo potrebbe essere utile durante le indagini preliminari attivare una sorta di procedura conciliativa tra le parti, circostanza che si verifica già per alcune ipotesi di reato ma onestamente per gravi reati o reati che non hanno una persona offesa ben identificabile fatico a ravvisare in questo strumento una vera efficacia deflativa per tutte le criticità attuali dell’istituto.

 

Ci può fare qualche esempio pratico?

In realtà nel nostro codice ci sono già istituti che prevedono forme riparazione del danno o rimozione delle conseguenze dannose del reato. Si pensi ai reati di competenza del giudice di pace laddove è previsto il tentativo di conciliazione, nonché forme di estinzione del reato per intervenuto risarcimento del danno. Il tutto però avviene sotto l’occhio di un giudice.

Ad esempio, nelle questioni di vicinato, i giudici di pace, oltre alla remissione della querela, chiedono anche l’impegno alle parti a mantenere un comportamento civile di reciproco rispetto oppure a farsi reciproche scuse.

 

Un esempio di Giustizia Riparativa si può avere nell’incontro, dopo un lungo percorso di avvicinamento, tra Agnese Moro - figlia di Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse - e Adriana Faranda che di quel commando terroristico, faceva parte. Un esempio forte e, forse, non facile da replicare. Molto è demandato alla singola vittima e a chi le ha procurato un danno. Potrà funzionare?

L’esempio è davvero forte e credo che in casi del genere sia davvero difficile individuare un programma riparativo, certamente non c’è risarcimento del danno che possa ripagare un dolore del genere.

Sicuramente la vittima avrà un ruolo determinante, è tutto demandato alla vittima di fatto ed è proprio questo sbilanciamento che fa paura.

 

Basterà questa riforma per sveltire i tempi lumaca della Giustizia?

Questa riforma dovrà essere necessariamente accompagnata da una riorganizzazione degli uffici giudiziari ma soprattutto dallo stanziamento di risorse altrimenti non vedo intervento che vanno effettivamente a snellire a velocizzare la giustizia. Sono più misure alternative al processo, ad evitare il dibattimento ma teniamo presente che nei nostri tribunali le sentenze di assoluzione dopo il dibattimento sono più del 58%. Si arriva quasi al 70% in Cassazione. Quindi perché mai un soggetto dovrebbe rinunciare a difendersi, rinunciare a un processo?

 

Come avverrà la transizione digitale?

Come avverrà ce lo chiediamo tutti. Si tratta di un progresso decisivo per migliorare la qualità del lavoro. Noi avvocati siamo certamente pronti ma ci chiediamo se lo siano gli uffici giudiziari perché già ora si assiste a un notevole scollamento da tribunale a tribunale. Ci sono tribunali che vogliono ancora il pagamento delle copie degli atti con le marche da bollo quando già oggi abbiamo il pagamento con PAGOPA.

Dovremmo chiedere all’amministrazione della giustizia come avverrà questa rivoluzione perché in realtà credo che tutti noi ci siamo ormai abituati al digitale, fa parte ormai da tempo della nostra professione.

 

Come avvocato come spiega ai suoi clienti queste novità? La sua professione cambierà? E in che modo?

Ai mie assistiti come sempre spiegherò ciò che serve per risolvere il loro caso, senza ansie e timori, siamo abituati alle modifiche legislative e ci adegueremo anche questa volta, alcune novità peraltro sono il semplice recepimento di orientamenti giurisprudenziali che già conosciamo.

La mia professione è già da tempo in una fase di cambiamento che però è dettata da altri elementi in primis dalla velocità di cambiamento e di evoluzione della società piuttosto che dei costumi.

NaMur