“Non abbiamo memoria storica di un evento del genere, negli ultimi trecento anni. Quello di Bargagli è stato un terremoto molto forte e assolutamente anomalo per quell’area. Questo fenomeno sarà inevitabilmente un nuovo oggetto di studi”. Lo dice il professor Daniele Spallarossa, docente di Sismologia alla Scuola di Scienze dell’Università di Genova e responsabile del Laboratorio di Sismologia dell’Ateneo.
“È stato un terremoto eccezionale, non solo per intensità, ma anche dal punto di vista della frequenza. Bargagli e l’entroterra di Genova non sono mai state classificate come zone particolarmente sismiche e poi i circa 6 o 7 chilometri di profondità sono un’altra anomalia. Si è trattato di un terremoto molto di superficie, anche per questo è stato avvertito chiaramente sia nel capoluogo genovese sia nella Riviera di Levante, sino almeno a Sestri. A Ponente, invece, la scossa è stata avvertita di meno: dipende dalla geologia della Liguria e dalla posizione delle vallate. Comunque, c’è da dire che subito dopo la forte scossa di 4.2 della scala Richter, ci sono state altre scosse minori. Ne abbiamo registrate di magnitudo 1.7: sono scosse che non vengono avvertite dalla popolazione, ma dai nostri strumenti sì”.
Ma che cosa può avvenire nei prossimi giorni? Secondo Spallarossa, “questa è una risposta molto difficile da dare anche perché, lo ripeto, qui non erano mai accaduti fenomeni di questo tipo. Saranno oggetto di studio e di approfondimenti. Bargagli e tutta la vallata sono territori densamente urbanizzati: avremmo memoria storica, se fossero accaduti terremoti importanti. Possiamo sperare che sia un fenomeno isolato, ma non possiamo escludere che sia l’inizio di altri fenomeni altrettanto importanti. Siamo nel punto di contatto tra gli Appennini e la placca adriatica. È una zona di accumulo di stress anche se, solitamente, i terremoti avvengono dall’altra parte degli Appennini, in Emilia. Tutto quello che è successo, invece, impone un ripensamento dal punto di vista scientifico. Non possiamo fare nessun tipo di previsione, dobbiamo metterci lì a studiare, non possiamo fare altro”.
C’è già l’idea di come muoversi: “Sì, abbiamo intenzione di collaborare con i colleghi dell’Ogs di Trieste, ovvero l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale: verranno nei prossimi giorni in Liguria e installeremo delle stazioni sismiche, per comprendere l’evolversi del fenomeno. Genova non è mai stata considerata una zona particolarmente sismica. Come detto, i terremoti si sono sempre verificati dall’altra parte degli Appennini, anche se sono stati chiaramente avvertiti, pure in tempi recenti. Diverso è il discorso per quanto riguarda la Liguria in generale. Qui ci sono zone sismiche, indubbiamente: penso ad esempio a Bussana, nel Ponente, dove un terremoto ha provocato ingenti danni nel 1887. E penso allo Spezzino, in particolare alla Lunigiana, con l’importante evento sismico del 1920. Il terremoto di Bargagli ci porta a riconsiderare tutto il quadro e ci fa rendere conto che la sismologia, come sappiamo perfettamente, è una materia in continua evoluzione”.
Rimane quindi impossibile fare previsioni più precise: “Noi sismologi conosciamo bene la storia sismica della penisola e siamo in grado di anticipare le zone dove è più probabile che si verifichi un terremoto. Ma questo, come visto nel caso di Bargagli, non vuol dire che possiamo prevederlo, perché significherebbe saperne l’intensità, la magnitudo e il momento esatto del verificarsi del fenomeno. Oggi, siamo ben lontani da questa possibilità”.