Al Direttore - 14 settembre 2022, 18:28

“A child is born in Bethlehem”, l’associazione Liguria-Palestina: “La cultura è forma di lotta e resistenza. È spunto di riflessione"

Una nota stampa dall’associazione culturale che si riferisce ai fatti denunciati dai curatori lo scorso 11 settembre

L’associazione culturale Liguria Palestina denuncia e condanna gli atti di intimidazione ai danni dei curatori e degli artisti della rassegna “A child is born in Bethlehem”, in mostra presso il Palazzo Oddo di Albenga.

Ci ha sorpreso anche il comunicato stampa delle Comunità Ebraiche della Riviera del Ponente Ligure che taccia di antisemitismo l’evento, nonostante la mostra non presenti nessun tipo di riferimento alla religione ebraica – afferma Karim Hamarneh, presidente dell’associazione culturale Liguria Palestina - . Infatti, la rassegna artistica si limita, attraverso le opere esposte, a descrivere le condizioni di oppressione subite dal popolo palestinese nei territori occupati della Cisgiordania. Purtroppo, negli ultimi tempi risulta molto diffusa la pratica di considerare qualsiasi critica alla politica sionista dello stato di Israele come una forma di antisemitismo, nonostante ciò, non abbia alcun fondamento. Ricordiamo ancora una volta che antisionismo e antisemitismo sono due concetti molto distanti tra loro, e il sacrosanto diritto di critica verso le politiche di uno stato o di un governo non può essere equiparato alla terribile intolleranza e avversione nei confronti di una religione”.

Noi crediamo che sia giunta l'ora di ribadire che la cultura e la conoscenza sono le migliori forme di lotta e di resistenza per contrastare un'informazione a senso unico sulla tematica palestinese - prosegue - Raccontare, attraverso un film o dipinti, la triste condizione di un popolo oppresso non dovrebbe mai suscitare reazioni di questo tipo. Anzi, dovrebbe essere visto come uno spunto di riflessione per tutti gli esseri umani e un esempio di forza, resistenza e resilienza delle vittime – uomini, donne e bambini –  che vivono sotto occupazione da decenni e che, ciononostante, riescono a mantenere in vita le loro tradizioni e la loro identità. Palestina Libera!”, conclude Hamarneh.

 

Redazione