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Attualità | 13 settembre 2022, 08:02

"A Child Is Born in Bethlehem", l'associazione Italia-Israele: "Sull'opportunità di ospitare questa mostra bisognava fare una seria riflessione"

L'esposizione è visitabile nelle sale di Palazzo Oddo ad Albenga

"A Child Is Born in Bethlehem", l'associazione Italia-Israele: "Sull'opportunità di ospitare questa mostra bisognava fare una seria riflessione"

"A Palazzo Oddo in Albenga è ospitata per alcuni giorni la mostra 'A Child Is Born in Bethlehem', definita un’esposizione a favore del popolo palestinese. La locandina propone l’immagine, discutibile (e sicuramente anche di più per chi è credente), di Gesù Cristo crocefisso su un F35 nonché l’elenco degli ideatori. Fra questi, Anwar Hadid e Roger Waters, le cui parole ed azioni sono state giudicate apertamente antisemite, fra gli altri, dal Simon Wiesenthal Center Against Antisemitism e dall’Osservatorio Italiano contro l’Antisemitismo". 

Cosi commentano in una nota Cristina Franco, presidente Italia Israele di Savona; Bruno Gazzo, presidente Apai Italia Israele di Genova e Maria Teresa Anfossi, presidente Italia Israele di Ventimiglia. 

"Quanto ad Hadid, modello e figlio di un magnate immobiliare palestinese, basta aprire internet per trovare espressioni, nuovamente, condannabili. A parte l’uso poco ortodosso delle immagini di Maria e di Gesù Cristo, l’esposizione propone un messaggio fortemente provocatorio e di istigazione all’odio verso lo Stato di Israele, l'unica democrazia in Medio Oriente, cui l'Italia è legata, e soprattutto la Liguria, da profonda amicizia. Perché l’ossessiva riproposizione di dipinti aventi ad oggetto bambini colpiti da bombe o missili non può che indurre al risentimento e all’odio verso chi è indicato come responsabile. Odio verso lo Stato di Israele e i suoi cittadini che, con automatismo ormai assodato, innesca nuove fiammate di antisemitismo. Mettere sul banco degli imputati una sola parte e, con la scusa di “scuotere le coscienze” proporre una visione a senso unico dove da una parte ci sono solo assassini e dall’altra solo vittime non potrà mai aiutare la causa di nessuno. Il miglior modo per fare un servizio alla causa palestinese o comunque, meglio ancora, alla distensione e alla pace in Medio Oriente è quello di favorire il dialogo e l’incontro fra culture, un metodo che ha sempre dato i suoi frutti".  

"Per non dire che questo tipo di esposizioni sono spesso finanziate da discutibili fondi qatarini o iraniani. Sull'opportunità di ospitare questa mostra si sarebbe dovuta fare quindi una seria riflessione. In un periodo storico in cui, purtroppo, l'antisemitismo sta prepotentemente riproponendosi (mai è scomparso ma assume oggi nuovi e inquietanti toni e contenuti) attenzione, prudenza e sensibilità particolare sono richieste ad amministratori locali, media e politica", aggiungono. 

"L’Italia e prima ancora la Liguria hanno adottato la definizione operativa di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto, dichiarando fermamente l’impegno a combatterlo e non si possono fare passi indietro". 

"Leggiamo poi su media locali che gli organizzatori giorni fa hanno denunciato  "un'aggressione nazifascista gravissima": un sessantenne avrebbe fatto domande sempre più provocatorie, criticando con toni aggressivi la mostra e costringendo così l'artista ad andarsene ‘per non dover rispondere in modo scortese’. Ora, pur invitando a rammentare (per non sminuirne il disvalore) cosa fossero le aggressioni nazifasciste, se il fatto è effettivamente avvenuto e se si è trattato di qualcosa di più delle veementi domande provocatorie di un sessantenne solo, allora spiace molto. Ma a prescindere dalle ombre della mostra, dalla sua opportunità e dalla presunta aggressione, una conseguenza immediata la notizia sui media l’ha avuta: i social si sono scatenati, comunque, contro gli Ebrei (e se fosse cattolico questo sessantenne?). Ché poi anche dare del nazifascista a un ebreo è la più grave e intollerabile ingiuria", concludono. 

Comunicato stampa

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