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Attualità | 05 novembre 2021, 10:00

Malamovida: intervista con l’avvocato di Cuneo che difende il sonno dei residenti

L’avvocato Claudio Massa racconta 15 anni di battaglie legali e pone l'accento sul caso degli schiamazzi e dei rumori molesti delle notti savonesi

L'avvocato Claudio Massa

L'avvocato Claudio Massa

Il rave di Torino che ha polarizzato l’attenzione dei tg potrebbe essere visto come una versione extralarge della “Movida”, cioè di quella gioiosa anarchia che nei weekend di molte città permette ogni tipo di “trasgressione”, dal karaoke all’una di notte alle liti chiassose, al “diritto” di togliere il sonno non solo a chi lavora, ma anche a chi ha problemi di salute.

Ne abbiamo parlato con l’avvocato Claudio Massa che a Cuneo è riuscito, dopo 15 anni di battaglie legali, a restituire il sonno ad alcuni gruppi di residenti. “Parco della Resistenza“, per l’avvocato Massa, non è solo la zona in cui risiede, ma anche il punto di partenza di una missione civile, che può insegnare molto ad altre città, specialmente a Savona dove gli avvocati hanno e hanno sempre avuto un ruolo da protagonisti anche in politica.

Come ha iniziato ad occuparsi di questi problemi?

“Sono entrato in questo settore in prima battuta come danneggiato, perché dal 2006 al 2011, in un locale di proprietà comunale nel Parco della Resistenza, davanti a casa mia, hanno aperto un grosso bar con dehor che di fatto divenne una discoteca a cielo aperto e quando mi sono lamentato sulla stampa, l’allora assessore competente, Guido Lerda, ha risposto che ‘Cuneo non doveva diventare un dormitorio’. Certo non deve diventare un dormitorio, ma deve essere un posto in cui la gente può dormire, specie chi, la mattina, dopo deve lavorare e non può permettersi di restare sveglio tutta la notte, solo perché altri divertirsi. Il locale faceva ritmi latinoamericani. Pur facendo il lavoro che faccio, ci ho messo 5 anni per ottenere, con i residenti dei condomini contigui, un provvedimento di riduzione coattiva dell’orario dell’esercizio”.  

A Savona i residenti della Darsena e del centro storico lamentano risse tutte le sere. Raccontano di cardiopatici o malati di Alzheimer costretti a passare le notti in bianco, di anziani con l’esaurimento nervoso. 

“Da quel che leggo ho l’impressone che quello che accade a Savona sia molto più grave che a Cuneo. Per quanto riguarda i soggetti che hanno patologie in corso, è chiaro che l’esposizione al rumore ne aggrava gli effetti e questo può configurare il reato di lesioni colpose. Nel momento in cui io informo un gestore dei miei problemi di salute e quello se ne impippa (come si dice in francese) accetta il rischio che la mia patologia si possa aggravare e quindi, oltre alla querela per il disturbo del riposo e della quiete della persona, si può configurare il reato più grave di lesioni colpose. In alcune querele che abbiamo presentato e che si sono risolte con la condanna del gestore al risarcimento, abbiamo prodotto documentazione relativa al danno alla salute. Per fare un esempio, uno psichiatra può certificare che la parte lesa, assume determinati ansiolitici a causa dell’esposizione prolungata al rumore”. 

L’amministrazione di Cuneo come ha reagito?

“Il sindaco Federico Borgna il 24 luglio 2018 disse in consiglio, che la normativa sulla tutela dell’inquinamento acustico era inapplicabile in quanto troppo rigorosa, cosa sorprendente da parte di chi dovrebbe esser il primo rappresentante della pubblica sicurezza nel Comune che amministra. Penso che, ovunque, la politica subisca l’influenza dell’associazione degli esercenti”. 

Cosa è successo quando ho ottenuto la prima sentenza penale?

“Un pandemonio: in Via Roma ci fu un flashmob degli esercenti che andavano a protestare dal sindaco. Atteggiamento paragonabile a quello dei sindacati che negli anni 80 tutelavano anche chi non lavorava… o chi era scorretto sul posto di lavoro. Uno dei miei clienti, presente in consiglio comunale per manifestare il suo disagio, è finito sotto processo per ‘interruzione di pubblico servizio’ perché per due volte ha smentito quello che veniva detto. Dopo 2 anni è stato assolto perché il fatto non sussisteva. E’ un clima comune a molte amministrazioni comunali. La giustificazione adottata era che la polizia locale, per ragioni di bilancio, non poteva coprire il 3° turno. Ciò vuol dire che dopo le 23, la città diventa zona franca. Gli esercenti corretti rispettano gli orari, quelli che vendono alcol e rumore, hanno mano libera. A fronte delle lamentele, i Comuni possono (ma sovente non vogliono) adottare dei provvedimenti di riduzione dell’orario degli esercizi fracassoni. Gli unici che si attivano su questi problemi sono i magistrati, che a Brescia e a Torino hanno condannato al risarcimento del danno anche i Comuni, proprio perché non erano intervenuti per reprimere  l’inquinamento acustico”.

A Savona i gestori sono divisi: la maggioranza non ne può più delle risse degli schiamazzi, e della deriva acustica della ‘movida’, ma alcuni locali - dicono i residenti – di fatto la incoraggiano, sia sforando sugli orari di chiusura sia col volume della musica. 

“Varia da zona a zona. Nel 2011-12 mi occupavo del problema su incarico di una serie di comitati di cittadini danneggiati dal rumore. Il Comune aveva proposto un protocollo in forza del quale esercenti e commercianti dovevano confrontarsi con i residenti. Quando, abbiamo proposto di istituire, con il Comune, un meccanismo che consentisse ai residenti di segnalare con video/foto il mancato rispetto degli orari di chiusura - proposta che non avrebbe dovuto preoccupare chi voleva rispettare le regole - gli esercenti hanno abbandonato il tavolo e la questione è stata rimessa alle decisioni della magistratura come succede anche ora”.

A Savona i residenti dicono che chiedere l’intervento dell'ASL per fare rilievi fonometrici costa ogni volta 400 euro. 

“Spesso nei centri storici ci sono persone che non hanno grosse disponibilità economiche e il fatto di far effettuare delle misurazioni fonometriche è visto con difficoltà a meno che non si costituiscano delle associazioni di residenti che versino una piccola quota. Tenga conto però che per la giurisprudenza, per provare il superamento della soglia di rumore – presupposto  per la condanna penale - la testimonianza dei residenti è di solito ritenuta sufficiente e non è richiesta la misurazione fonometrica”. 

Quanti casi ha trattato? 

“Complessivamente ne sto seguendo 7 o 8  che corrispondono ad altrettanti locali o a gruppi di locali. Grazie alle condanne che abbiamo ottenuto, molti gestori si sono ‘rassegnati’ a fare un po' più di attenzione. Consideri però che i comitati di residenti, se non trovano ascolto presso il Comune possono anche attivare il  difensore civico regionale. Noi nel 2018 lo avevamo fatto”.

Mimmo Lombezzi

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