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Attualità | 25 settembre 2021, 15:36

Festival di Borgio Verezzi, il direttore artistico Stefano Delfino racconta i suoi ‘primi’ vent’anni di direzione

L'annuncio del giornalista: "Non è detto che nel 2022 ci sia ancora io alla guida"

Festival di Borgio Verezzi, il direttore artistico Stefano Delfino racconta i suoi ‘primi’ vent’anni di direzione

“È esaurito il mio quarto incarico quinquennale e, dal momento che a Borgio Verezzi ci sono le elezioni comunali, non è detto che nel 2022 sia ancora io il direttore artistico del Festival. La nuova amministrazione potrebbe anche non rinnovarmi l’incarico e bisognerà verificare se esistono le condizioni per continuare. E, comunque, dopo vent’anni, mi pare opportuno fare un bilancio di questa esperienza che per me ritengo esaltante”.

Il giornalista del capoluogo Stefano Delfino da 4 lustri alla guida di uno dei più importanti festival teatrali italiani, quello di Borgio Verezzi, molto amato anche nel capoluogo e dintorni vista l'affluenza di pubblico dal Ponente in costante crescita,  stila un bilancio della sua attività.

Intanto, qualche dato statistico… “Dalla nascita -risponde Delfino - nel 1967 ad oggi il Festival ha proposto complessivamente 330 spettacoli. Dal 2002 al 2021, sotto la mia direzione, sono stati 190, di cui 161 in prima nazionale. Nei 35 anni precedenti, erano stati 140, dei quali 70 in prima nazionale". 

Come è nata l'avventura di Delfino? “Quando nel 2001 l’allora sindaco Giancarlo Vadora mi chiese se me la sentivo, non ho risposto subito ma ho preso tempo. Avevo un po’ di esperienza poiché, con ruoli diversi, dall’ufficio stampa al consulente della direzione artistica, ero all’interno degli ingranaggi del festival dal 1973. Mi sono consultato con alcuni amici del settore teatrale ed ho accettato solo dopo che mi sono sentito incoraggiato dai loro pareri positivi. Sono, e sarò sempre, grato a Vadora per la fiducia che mi ha concesso e per avermi difeso da incursioni esterne e anche all’attuale sindaco Renato Dacquino. Da entrambi ho avuto la massima libertà e ho potuto sempre fare le mie scelte senza condizionamenti, a parte quelli di tipo finanziario”. 

Il bilancio di venti anni. “Senza ipocrisia o falsa modestia ritengo che il bilancio di questi vent’anni sia assolutamente positivo: lo confermano i pareri di tanti autorevoli personaggi del settore, i premi ricevuti, Persefone Award ad Agrigento nel 2004, Vittorio Gassman a Lanciano nel 2007 e Tatiana Pavlova a La Spezia nel 2016, oltre alle ripetute affermazioni al Festivalmare di Sanremo, gli elogi espressi da molti spettatori. Sono contento di avere tolto alcune ragnatele al festival e di avergli dato un’impostazione più moderna e manageriale, grazie alla preziosa collaborazione dell’amministrazione e dello staff comunale. Al proposito, ricordo l’avvicinamento graduale al Festival attraverso comunicati in cui si svelano alcuni spettacoli, le conferenze stampa a Roma e a Torino, la dotazione del ring, strumento ormai indispensabile, invocato come regista da Alessandro Benvenuti prima del 51ºFestival,  la biglietteria online e così via. E poi è arrivata la consacrazione nazionale. In questi due decenni, il Festival si è definitivamente affermato in campo nazionale, grazie anche alla preziosa collaborazione dell’amministrazione e dello staff comunale. Quello di Borgio Verezzi adesso è un nome ben noto in Italia e anche all’estero, a giudicare dalle proposte che ogni anno mi giungono da vari Paesi stranieri”. Eppure c’è ancora chi rimpiange il passato. Agli immancabili nostalgici, rammento che in più di mezzo secolo di vita della manifestazione il mondo è completamente cambiato, a cominciare dal segmento dell’informazione, e che non è più il tempo delle ‘vacche grasse’. E questo ha provocato ovvie ripercussioni anche sul festival. I classici, ad esempio, è sempre più difficile metterli in scena perché hanno molti personaggi, scene e costumi d’epoca. E di conseguenza costi insostenibili, il che induce molte compagnie a preferire testi contemporanei più agevoli da produrre. 

Il segreto di tanti successi? "Nessun segreto, ma un metodo, vedere tanti spettacoli, nell’era pre Covid, mediamente una sessantina all’anno, leggere con attenzione tutti i copioni giunti, valutare non soltanto i nomi degli interpreti e dei registi ma anche quelli di scenografi, costumisti e autori delle musiche per avere una visione complessiva…".

Diego David

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