Sono stati i fratelli Terenzio e Teresa i primi a ritrovare la forza di un abbraccio nella stanza dedicata a questo semplice gesto, precluso da ormai oltre un anno agli ospiti delle strutture per anziani ma ritrovato grazie all'iniziativa benefica "Dona un sorriso" lanciata dal Centro Polifunzionale "Le Officine" col patrocinio del Comune di Savona e la collaborazione dell'associazione "Principesse in corsia", la onlus "Chicci di Riso" e soprattutto i bambini del Complesso Scolastico Marconi IV di Savona.
"E' stato un progetto emozionante - assicura la direttrice del centro polifunzionale, Isabella Parini - Si è riusciti a creare, attraverso il coinvolgimento delle scuole, una sorta di anello di congiunzione tra generazioni accolto con entusiasmo dai bambini che speriamo possa essere di buon auspicio".
Il ruolo dei più giovani è stato infatti fondamentale. La nuova casetta gonfiabile attraverso la quale gli ospiti potranno nuovamente provare il calore umano che solo il contatto coi propri cari può dare, è stata donata anche grazie al contributo di chi ha voluto acquistare presso "Le Officine" un disegno realizzato dagli alunni delle scuole, il cui soggetto era ovviamente incentrato sul ritorno alle relazioni coi nonni.
Una modalità di compartecipazione dei cittadini particolarmente apprezzata dal sindaco Ilaria Caprioglio: "Voglio dire grazie perché è qualcosa di prezioso, di molto bello: è un simbolo, un ponte di speranza, quella stessa speranza che ci dà anche la campagna vaccinale" ha quindi ricordato la prima cittadina, oltre a sottolineare l'importanza del seguire le regole per tornare a quegli abbracci che lei stessa ha voluto ricordare in diverse occasioni del passato.
L'impianto inaugurato stamani, martedì 25 maggio, si trova nella palestra al pian terreno, uno degli spazi già stravolti dalla riorganizzazione imposta dalla pandemia.
Questo però rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la "normalità", come assicura l'amministratrice unica di Opere Sociali, ente gestore della residenza, Lorena Rambaudi: "Le nostre erano strutture aperte, con la pandemia abbiamo dovuto purtroppo cambiare le nostre abitudini - spiega - Questa stanza ci consente di avere una vicinanza che altrimenti non potremmo permettere, e quindi la riconquista di una parte di relazioni importanti, quella dell'abbraccio e dello stare vicini".