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Sanità | 10 novembre 2020, 09:04

Coronavirus e medici di famiglia, lo sfogo di un dottore savonese: "Vogliamo rispetto, non lavoriamo 16 ore a settimana ma al giorno"

Con il dottor Oscar Montani abbiamo fatto una chiacchierata sull’attuale situazione tra i vaccini, i tamponi in studio, la gestione dei pazienti e l’aumento dei casi

Coronavirus e medici di famiglia, lo sfogo di un dottore savonese: "Vogliamo rispetto, non lavoriamo 16 ore a settimana ma al giorno"

“Non lavoriamo 16 ore alla settimana, ma molto spesso le facciamo al giorno. Riceviamo tantissime chiamate quando siamo in studio, a casa, poi dobbiamo perennemente controllare il computer, preparare le ricette, le pratiche di invalidità, fare gli ecm. Insomma non è per niente una passeggiata come qualcuno vuol fare credere”.

Lo sfogo arriva dal dottor Oscar Montani, medico di famiglia a Savona, stufo del continuo svalutamento che giornalmente riceve il suo settore. Lo abbiamo incontrato ieri nel suo studio e in mezzo alla nostra chiacchierata il telefono ha suonato praticamente da una certa ora senza sosta, segnale che la situazione non è per niente tranquilla e che i medici sono sottoposti a una mole di lavoro senza precedenti.

Il Coronavirus ne sta facendo da padrone tra la preoccupazione dei pazienti e la gestione dei casi positivi o da contatto. Per non parlare della campagna antinfluenzale, molto di più pressante visto che diversi cittadini rispetto agli altri anni hanno deciso di vaccinarsi.

“Noi dobbiamo garantire che non si verifichino assembramenti, cercare di non concentrare i pazienti e per uno studio come il nostro con tre medici e con una sala d’aspetto non è per nulla semplice. Stiamo facendo i salti mortali -prosegue il dottor Montani - nel mio caso sacrifico anche il sabato, ma i vaccini vengono consegnati pochi alla volta e tutte le settimane bisogna pregare di farseli dare, da qui a sabato ad esempio ho 70 appuntamenti ma me ne sono stati consegnati 60, il rischio è di dover richiamare i pazienti”.

Altro problema che potrebbe arrivare a breve è legato ai tamponi effettuati direttamente dai medici di famiglia.

“Forse abbiamo creato aspettative nei confronti dei pazienti esagerati, il tampone non si può fare negli studi medici, prima di tutto perché c’è preoccupazione nei condomini visto che transiterebbero i pazienti potenzialmente positivi nel condominio e poi perché fare un tampone ad un contatto di un positivo è pericoloso, ci devono dare coperture e assistenza. Rischiamo di diventare degli untori anche noi se ci contagiamo, considerando anche una ulteriore mole di lavoro e di stress” prosegue il medico.

“Durante il lockdown abbiamo fatto i medici e gli impiegati della Asl, li tempestavamo di telefonate per implorare visite - specifica il dottor Montani - Fino a 10 giorni fa al sintomatico sospetto di Covid gli facevano il tampone e il contatto di un positivo andava in drive, da qualche giorno invece sono iniziate le difficoltà e non riusciamo a far fare i tamponi ai pazienti. Il problema è che non riusciamo a gestirli solo telefonicamente”.

“Sono tutti terrorizzati, chiamano anche i contatti dei contatti, possiamo dare alcuni consigli, ma ad esempio è difficile regolarsi dal punto di vista burocratico ad esempio per i giorni di malattia, dobbiamo aspettare la comunicazione dell’Asl, è un disagio continuo” specifica il medico.

La situazione è peggiorata sensibilmente rispetto a marzo, ma fortunatamente in questo momento riescono a fornire una cura più accurata per chi non ha sintomi cosi gravi da essere obbligatoriamente ricoverato in ospedale.

“Su un centinaio di tamponi a marzo erano due o tre i positivi, adesso sono tantissimi, con dolori, febbre e forti mal di testa. Ora riusciamo ad instaurare una terapia antibiotica, con il cortisone e l’eparina”.

Infine il dottore si è lasciato andare ad un ulteriore sfogo.

“Con l’avvicinarsi del Natale molti diranno che non riusciranno a contattarci perché saremo in ferie, io personalmente, così come altri colleghi, non sono mai andato e comunque quando ci concediamo qualche giorno o a nostra volta siamo malati, siamo comunque obbligati a posizionare un sostituto pagato da noi. Molto spesso vengono riportate cose sbagliate sul nostro mestiere, c’è bisogno di rispetto, siamo stati e continueremo a essere in prima linea vicini alle famiglie” conclude Oscar Montani.

Luciano Parodi

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