C’era una volta un paese lontano, lontano chiamato Culturopoli dove tutte le persone vivevano in pace e in armonia.
Non esistevano né stress, né invidia, né gelosia, né scortesia, ognuno aveva per gli altri buone parole e buoni consigli.
Ognuno viveva con tranquillità e senza fretta, pensando alla propria famiglia così come ai parenti, ai vicini di casa e, via via, a tutti gli abitanti della città.
Chiunque avesse una necessità, un problema, un dubbio poteva rivolgersi agli altri sicuro di essere accolto.
Ma, da dove derivava tutta questa bontà, e da dove proveniva tutta questa saggezza?
Dal Libro parlante!
Esso era il “Frutto” di una lunga storia.
Il vecchio re Armogiglio, da poco defunto, nel pieno della sua rigogliosa gioventù e nel pieno delle sue forze aveva salvato un delfino dorato che era rimasto impigliato nelle reti dei pescatori reali.
Il delfino, ormai quasi morente, era stato accompagnato a nuoto dal re in persona sino al largo, in modo che potesse riguadagnare i flutti burrascosi del suo mare.
Nel far questo il re Armogiglio aveva rischiato la propria vita, ma anche la propria credibilità nei confronti dei sudditi che volevano il delfino dorato imbalsamato nel museo della città.
Il delfino, prima di congedarsi, aveva detto al re che, al suo ritorno a corte, avrebbe trovato un dono.
E così fu!
Sul trono, proprio sul suo sedile, Armogiglio aveva trovato uno splendido libro rilegato in pelle dorata.
Quale fu la sua sorpresa nell’aprirlo e nel sentirlo parlare!
Certamente, il libro parlava e dispensava tutta la saggezza possibile!
E da quel giorno Culturopoli non visse più guerre, carestie, periodi bui, odii razziali e così via: il re, prima di qualsiasi azione, apriva il libro, ascoltava i consigli e li metteva in pratica. E non sbagliò mai, tanto da rendere la sua città la più bella e fiorente del territorio e il suo popolo il più felice mai visto.
Alla sua morte, Armogiglio svelò il segreto del Libro a tutti i suoi sudditi: infatti l’ultimo consiglio che ricevette dal Libro prima di morire fu proprio quello di trasformare i suoi sudditi in cittadini, dando a tutti la possibilità di consultarlo direttamente!
E da quel momento i cittadini cominciarono a governarsi in democrazia, sempre consultando il Libro parlante per ogni problema o dubbio, privato o pubblico che fosse.
Insomma il regalo del Delfino dorato si era rivelato un vero, inestimabile tesoro per la città di Culturopoli: saggezza, cultura, educazione e stile permeavano la vita della città e siccome si sa, l’ignoranza è la radice di tutti i mali, non essendovi posto per l’ignoranza, a Culturopoli non vi era posto per male alcuno.
Ma un brutto giorno il Libro sparì, l’impossibile accadde: il Libro, custodito in quella che era stata la sala del trono e ora era la sede del Parlamento, un triste mattino non era più al suo posto.
Accadde che la nipote del defunto re Armogiglio, Megera, non venne invitata, per un mero disguido postale, all’annuale prima teatrale nel teatro principale di Culturopoli.
Tutti notarono l’assenza di Megera ma, abituati a ben pensare, immaginarono che la nipote del defunto re fosse malata. E invece era a casa che si rodeva. E il problema era che Megera non abitava a Culturopoli, ma a Rabbiopoli, città poco distante, ma governata tra rancori e dissapori!
Megera già meditava vendetta, tremenda vendetta!
E una persona di cattive intenzioni, di malevoli pensieri e abituata a manipolare gli altri ebbe buon gioco nella città dei buoni e degli educati: Megera rubò il Libro parlante senza alcuna difficoltà!
Grande fu il suo piacere nel constatare la costernazione e lo sconforto dei cittadini di Culturopoli quando si accorse che il Libro era sparito e grande fu la sua gioia nel verificare che Culturopoli, priva della fonte della saggezza, si stava avviando pian piano allo stato di cose di Rabbiopoli: la gente cominciava a guardarsi con sospetto, a rinchiudersi in sé, a invidiare gli altri, a godere del male altrui.
La tragedia del cambiamento di Culturopoli fu udita una notte, per caso, dal Delfino dorato tramite il dialogo scorato di due pescatori che la largo, mentre pescavano, sommessamente, parlavano con infinita tristezza della nuova realtà della loro città.
Il Delfino allora, dopo aver ascoltato con attenzione, emerse dall’acqua e promise ai due pescatori di rimettere le cose a posto: lo doveva alla memoria del re Armogiglio!
Loro dovevano semplicemente trasportare dentro il palazzo del Parlamento, nel luogo ove era collocato il Libro rubato, un pesante pianoforte che avrebbero trovato, al ritorno dalla battuta di pesca, nel cortile di casa.
Dopo avere ringraziato (le buone maniere, per fortuna, sono difficili da dimenticare), i due pescatori, un po’ increduli, ma speranzosi, fecero subito rotta verso casa e, con immenso stupore, videro nel cortile di casa un grande pianoforte a coda che suonava una dolce melodia senza che nessuno lo suonasse.
Con grande fatica i due trasportarono subito il pianoforte al Parlamento, tra il sospetto e la diffidenza di chi li vedeva.
Il Delfino dorato aveva poi chiesto ai due pescatori di invitare Megera a vedere e sentire il pianoforte, raccontandole che era un regalo per lei.
Megera, lusingata nel suo enorme narcisismo, subito corse a vedere il “regalo”, pregustando il figurone che avrebbe fatto con le amiche con quel pianoforte e soprattutto l’invidia che avrebbe provocato in loro.
Come fu entrata Megera nella sala del Parlamento, il Pianoforte intonò la melodia più dolce del mondo, ma così dolce, così tenera che i duri lineamenti di Megera si sciolsero come per incanto; il suo viso e il suo corpo sempre contratti e pronti all’offesa, divennero improvvisamente morbidi e più la musica si spendeva nell’aria e più Megera si addolciva.
A un certo punto, ella si mise a danzare con grazia, con leggiadria e pianse e, piangendo, ordinò (o meglio chiese “per favore”) al suo paggio di correre a prendere il Libro parlante, nascosto nella sua cassaforte personale.
In breve, il paggio tornò e il Libro parlante riprese il suo posto, a fianco del Pianoforte ed entrambi, da quel giorno, dispensarono saggezza, cultura e armonia, facendo diventare Culturopoli più bella, armoniosa e serena di prima.
Dimenticavo, Megera cambiò nome, volle chiamarsi Pentagramma, si sposò, ebbe quattro figli che educò all’amore per gli altri e per la Musica.
Tratto da: "Le fiabe per... affrontare i distacchi della vita (un aiuto per grandi e piccini", di Elvezia Benini e Giancarlo Malombra, collana "Le Comete", Franco Angeli Editore. Con il patrocinio dell'Unicef.
GLI AUTORI:
Elvezia Benini, psicologa, psicoterapeuta a orientamento junghiano, specialista in sand play therapy, consulente in ambito forense, già giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.
Cecilia Malombra, psicologa clinica, specializzanda in criminologia e scienze psicoforensi, relatrice in convegni specialistici per operatori forensi e socio-sanitari. Autrice di pubblicazioni a carattere scientifico.
Giancarlo Malombra, giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova sezione minori, già dirigente scolastico, professore di psicologia sociale. Autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.
Associazione Pietra Filosofale
L’Organizzazione persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, delle seguenti attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. 117/2017:
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k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
In concreto l’associazione, già costituita di fatto dal 27 gennaio 2016 e che ha ideato e avviato il concorso letterario Pietra Filosofale di concerto con l'amministrazione comunale, intende proporsi come soggetto facilitatore, promuovendo e stimolando proposte di cultura, arte e spettacolo sul territorio, organizzazione di eventi culturali e/o festival, ideazione e promozione di iniziative culturali anche in ambito nazionale, costruzione, recupero e gestione di nuovi spazi adibiti a luoghi di Cultura Permanente, anche all’interno di siti oggetto di riqualificazione e/o trasformazione quali ad esempio l’ex Cantiere Navale di Pietra Ligure, come già attuato nel 2018 presso la Biblioteca Civica di Pietra Ligure, ove ha curato un percorso specifico di incontri dedicati alla salute e al benessere attraverso il progetto “Il sogno in cantiere": il sogno, in onore e ricordo del cantiere navale che un tempo a Pietra Ligure ha dato vita a tante navi che sono andate nel mondo, vuole ritrovare nel “Cantiere” il luogo di cultura permanente dove poter trascorrere un tempo dedicato al pensiero del cuore, per nutrire l'anima con letture, scrittura creativa, musica, conferenze, mostre.
La “Filosofia dell'associazione” è quella di ridare vita al "Cantiere" in una nuova forma e in un nuovo spazio, ma con lo stesso intento di progettare e costruire "mezzi" speciali, per poter viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare spazio e tempo migliori in cui vivere.
L'Associazione vuole favorire l'alchimia di differenti linguaggi, promuovendo spazi di arte, cultura e spettacolo, convogliando le energie nascoste, rintracciando il messaggio archetipico attraverso la narrazione, tentando di recuperare i meandri del proprio Sé, per creare momenti di incontro, scambio e ascolto e per gioire dell'Incanto della Vita. L'aspetto narrativo si è già concretizzato nel 2016 attraverso l'esperito Concorso letterario sulla fiaba; la fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare. L'intento è quindi quello di compiere il “varo” di un “Festivalincantiere” quale contenitore di numerose iniziative, in primis il recupero del concorso letterario sulla fiaba, per poter consentire di viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare uno spazio e un tempo migliori in cui vivere e per offrire al Comune l'ampliamento della propria visibilità culturale sia a livello locale sia nazionale e oltre.
«I luoghi hanno un'anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.» scrive James Hillman
La triste verità è che la vera vita dell'uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l'uno prevarrà sull'altro, che il bene sconfiggerà il male, o la gioia si affermerà sul dolore. La vita è un campo di battaglia: così è sempre stata e così sarà sempre: se così non fosse finirebbe la vita. (C.G.Jung, L'uomo e i suoi simboli)
Pedagogia della fiaba
La fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare e non come un competitor o peggio come un diverso stigmatizzabile in minus da omologare coercitivamente.
"L'aspetto linguistico così intenso ed evocante contesti e costrutti, spesso caduti nell'oblio, è il necessario contenitore, è la pelle del daimon che consente a ciascuno di riappropriarsi di conoscenza e di dignità, ricordando a tutti e a ognuno che l'ignoranza è la radice di tutti i mali". (Giancarlo Malombra in "Narrazione e luoghi. Per una nuova Intercultura", di Castellani e Malombra, Ed Franco Angeli).