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Curiosità | 29 luglio 2020, 17:28

Pietra Ligure, l'emozionante storia di Gianni Riboldi, "il coreano": oggi 95enne, fu nella prima missione di pace italiana all'estero

Riboldi fu tecnico radiologo in un ospedale militare allestito in meno di un mese, nel 1951, durante la guerra tra le due Coree

Pietra Ligure, l'emozionante storia di Gianni Riboldi, "il coreano": oggi 95enne, fu nella prima missione di pace italiana all'estero

95 anni splendidamente portati, lucidissimo di testa, nei ragionamenti e nella memoria, ancora in forma nel fisico. Lui si chiama Giovanni Riboldi, gli amici lo chiamano Gianni ma in realtà per tutta Pietra Ligure lui è “il coreano”.

Questo soprannome deriva dal fatto che lui prese parte alla prima missione di pace internazionale in assoluto organizzata dalle forze armate italiane, durante la guerra tra le due Coree, nei primi anni ‘50. Radio Onda Ligure 101 lo ha intervistato in diretta con i giornalisti Federico Bruzzese e Alberto Sgarlato.

Oggi, di quella missione all’estero, Riboldi è uno degli ultimi sopravvissuti in assoluto ed è l’ultimo superstite del suo contingente, partito alla fine del 1951 e rimasto nella nazione del Sud-Est Asiatico per circa un anno (su cinque totali di dispiegamento italiano in Sud Corea).

“Eravamo 70 uomini, ma facevamo il lavoro di 300. Che freddo, che faceva, quell’anno, in Corea!” ci racconta Riboldi, che prosegue: “Affrontammo un mese di navigazione e arrivammo nel novembre del 1951 in Corea del Sud, con le nostre poche attrezzature, tra cui delle tende da campo risalenti ancora alla guerra del 1915-’18. Ma con i nostri mezzi e con l’aiuto degli americani, il 15 dicembre del 1951 il nostro ospedale militare era già operativo”.

E da quell’ospedale passarono migliaia di persone. Riboldi, che durante la II Guerra Mondiale aveva prestato servizio come paracadutista, nel frattempo aveva raggiunto la qualifica di tecnico radiologo e fu questa la mansione che svolse nel dispiegamento coreano. Ancora oggi tanti ricordi affollano la sua mente, come egli stesso ci racconta: “Ricordi lieti, per quello che davamo a quella povera gente, ma anche ricordi tristi, perché ho visto con i miei occhi la vera miseria, la fame, le malattie. Ricordo bambini che dormivano negli scatoloni di cartone messi a disposizione dai soldati americani e purtroppo succedeva che molto spesso alcuni di questi bambini negli scatoloni ci morissero di stenti”. Perché in quel periodo non c’era solo la guerra che metteva in ginocchio le due Coree, ma anche una violenta epidemia polmonare portata dai ratti. “Sono felice di vedere che quella nazione all’epoca colpita da epidemie e carestia oggi sia diventata una superpotenza mondiale”, commenta Riboldi, che al rientro in patria fu insignito del grado di Sergente. Lui stesso sorride e dice: “Negli anni ho avuto più riconoscimenti dalla Corea del Sud che dall’Italia. Qui sono in pochi a sapere quello che ho fatto. Invece almeno una volta all’anno da Seoul ricevo telefonate per sapere come sto, visite di ambasciatori e altre autorità, interviste di giornalisti”.

Come abbiamo detto all’inizio dell’articolo, questa fu la prima missione internazionale di pace dell’Italia all’estero. E oggi, a 70 anni di distanza, possiamo dire che ebbe un ruolo fondamentale non solo sul piano umanitario, ma anche politico e diplomatico. Fu l’allora primo ministro Alcide De Gasperi, infatti, a volere fortemente che la nostra nazione prendesse parte alla Guerra in Corea ma che lo facesse con gli ospedali, non con le armi. E furono proprio le sue mediazioni legate a questa cooperazione internazionale a consentire l’ingresso dell’Italia nell’ONU, nel 1955.

Redazione

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