Gli anni che stiamo vivendo sono anni nuovi da molti punti di vista.
I rapidissimi mutamenti delle tecnologie digitali comportano continui e profondi cambiamenti nelle modalità di produzione e fruizione dei contenuti anche nella Fotografia.
Le immagini oggi entrano istantaneamente nei circuiti della comunicazione e della conoscenza producendo nuove modalità di relazione tra le persone, creando un flusso continuo di informazioni e significazione privata e sociale.
Penso alla Fotografia, al tempo che scorre. Uno scorrere costante che sfugge alla consapevolezza. Spesso rivolgiamo lo sguardo in avanti verso sogni e progetti o indietro verso il passato. Lo facciamo con gioia, rimorso o rimpianto. In ogni caso, al di là delle sensazioni che evoca il tempo, uno tra i molteplici aspetti sui quali varrebbe la pena riflettere è il concetto di traccia fotografica. Mi riferisco al potere unico che le fotografie hanno nel riportare alla luce eventi trascorsi e contribuire a creare e mantenerne il ricordo.
In questo scenario le fotografie sono testimonianze, l'equivalente analogico di una realtà che non c'è più. Quelle stampate sono impronte che si imprimono nella nostra anima. Il mio pensiero va in particolare agli album di famiglia cartacei ed al significato che hanno sempre avuto per la storia di ognuno di noi.
Cosa significherebbe la nostra vita attuale e futura senza la possibilità di avere accesso ai tesori in essi contenuti?
Questo è un tema molto importante, con implicazioni oltre che storico/sociali soprattutto emotive. In un’epoca in cui la Fotografia è diventata intangibile e spesso effimera è alto il rischio che le fotografie digitali vadano irrimediabilmente perdute e con esse la nostra memoria.
Il rapporto tra memoria e Fotografia è strettissimo. Le fotografie hanno una funzione sociale e privata, raccontano e rappresentano visivamente la storia delle nostre radici, sono come un filo di Arianna utile, nel corso del tempo, a tenere traccia delle vicende vissute e della nostra storia emotiva. Semplificando potrei dire che senza Fotografia, e più in generale senza immagini, senza supporti visivi non c’è possibilità di memoria “piena”. Questi temi assumono maggiore importanza alla luce delle conseguenze dell'epidemia di Coronavirus che ha portato via migliaia di persone, e con esse, una parte significativa di memoria individuale e collettiva che ciascuna di esse custodiva.
Senza memoria non rimarrà traccia del nostro passaggio
A questo proposito un altro binomio che suscita il mio interesse è quello rappresentato da memoria ed oblio, rapporto indagato nella storia del pensiero da riflessioni filosofiche, sociologiche e storiche in relazione alle modalità di formazione della conoscenza nelle quali oggi l'immagine, non solo fotografica, sempre più assume un ruolo centrale. Noi che viviamo nell’era digitale corriamo il rischio incombente di una desertificazione digitale dovuta alla smaterializzazione dei dati. Senza pensare “soltanto” alla perdita dei dati dovuta a più che verosimili danneggiamenti dei supporti sui quali essi vengono custoditi, occorre fare i conti, con fattori sui quali la maggior parte di noi non pone sufficiente attenzione. Mi riferisco ad esempio all'obsolescenza (sempre più programmata) dei sistemi informatici e l'evoluzione dei software che renderanno progressivamente inaccessibili i documenti e le immagini salvate con le precedenti tecnologie.
E’ così molto probabile che coloro che nei prossimi secoli si interesseranno alla nostra epoca e si faranno domande su di noi, incontreranno enormi difficoltà a trovare risposte. La tecnologia digitale rischia di trasformare il ventunesimo secolo in un periodo quasi inaccessibile alla storia. Di fatto questo problema è già una realtà: ricordate ad esempio i cari e vecchi floppy disk? Oggi, anche se i dischetti sono integri, l’hardware necessario per utilizzarli praticamente non è più disponibile.
Come potrebbe essere un futuro senza memoria (visiva)?
Arriviamo ora a ciò che mi stimola riflessioni più da vicino. Ciò che mi preme mettere in evidenza, non sono tanto i possibili (e per il momento insondabili) scenari che si potrebbero concretizzare se continuerà il processo di smaterializzazione dei dati attualmente in atto, quanto le possibili conseguenze causate da una futuribile assenza di memoria (visiva e scritta) sul nostro “essere umani”: una desertificazione dei nostri cuori.
Il dato fotografico, fino a pochissimo tempo fa si manifestava attraverso oggetti fisici come il negativo e la stampa. Se in virtù della tecnologia si sottrae “corpo” a tale dato, trasformandolo in una sequenza di bit, si elimina la tangibilità fisica dell'oggetto fotografia, l’accessibilità ad esso e si mette in pericolo il contenuto umano di cui è portatore. Quotidianamente digitalizziamo i nostri documenti più cari e importanti: testi, fotografie, video che parlano delle nostre vite e del nostro lavoro. Inconsapevolmente (sperabilmente sempre meno) stiamo “gettando” tutti i nostri dati e ricordi in quello che rischia di diventare un buco nero.
Allora come fare?
Per tirare le somme credo non esistano antidoti miracolosi, solo la consapevolezza potrà aiutarci a far fronte alla modernità. Non voglio essere riduttivo o ancora peggio antistorico, ma forse in fondo potrebbe bastare agire come ha sempre fatto l’uomo per stare al mondo. Recuperando cioè una saggezza antica presente nei propri geni e sviluppando coscienza critica e capacità di adattamento. Nel nostro eccessivo zelo infatti, presi da un giustificabile entusiasmo verso la tecnologia, convertiamo in digitale le nostre vite pensando di fare la cosa migliore, ma in futuro potremmo accorgerci di aver sbagliato. Concludo permettendomi un monito da fotografo: se ci sono fotografie a cui davvero tenete, createne delle copie fisiche. Stampatele.
Buone foto a tutti.
L'Autore di questo articolo:
Silvio Massolo
Fotografo professionista. Nel corso degli anni si è occupato di fotografia di reportage e progetti fotografici per l'editoria, aziende ed enti pubblici.
Attualmente si occupa di fotografia di matrimonio e famiglia e di ritratto. Si dedica inoltre a progetti fotografici di ricerca personale a lungo termine sui temi che gli stanno più a cuore. Da circa sei anni ha iniziato ad occuparsi di formazione per aiutare, chi ne ha il desiderio, a raccontare la propria storia con la Fotografia. E' uno dei soci fondatori dell'associazione ImmaginaFamiglie.
Le foto che illustrano l'articolo sono di Silvio Massolo tratte dal Progetto “Stanze della memoria”