Attualità - 11 giugno 2020, 12:21

Obama origliava la Merkel, i tedeschi intercettavano segreti, gli italiani spiati da tutti

Si parla tanto in questi giorni di Obamagate.

Si parla tanto in questi giorni di Obamagate. Vale perciò la pena ricordare cosa combinava l’amministrazione democratica nei tempi in cui alla Casa Bianca sedeva il campione della democrazia e dei diritti delle minoranze. È una storia che insegna molto non solo alla Germania, vittima diretta delle scorrettezze a stelle e strisce, ma anche a noi italiani per comprendere che in Occidente il metro di valutazione è quello del “due pesi e due misure”. E serve soprattutto per accorgersi di come la stampa mainstream chiuda volentieri un occhio quando si tratta delle marachelle americane, in particolare quelle del gruppo Bush-Clinton&soci, per poi declassarle e fare in modo che il lettore medio non si preoccupi troppo.

Sarebbe ingenuo pensare che a questo mondo le multinazionali e le grosse compagnie statali usino solamente mezzi leciti e onesti per sopravanzare la concorrenza. Si sa, ogni tanto commettono qualche colpo basso, dopo il quale il più delle volte la passano liscia, ma sono pronte a correre il rischio di finire in tribunale. Diventa già un po’ più difficile credere che i metodi sporchi vengano applicati dagli Stati democratici nei confronti dei loro stessi alleati. È chiaro che esistono le spie, ma fin da bambini sappiamo che vengono utilizzate contro i Paesi nemici; e invece qui veniamo a sapere che sono i Paesi amici ad essere spiati quando la loro industria si mette a fare troppa concorrenza. Il dramma è che finora in Europa nessuno ha tratto le debite conclusioni, anzi. Si continua a far finta di nulla, o peggio a rimpiangere i bei tempi quando l’America non era governata dal biondo magnate che ha placato la Corea del Nord, ma dal brillante afroamericano che ha causato tanti guai al Medio Oriente e all’Africa settentrionale (e di conseguenza anche a noi italiani). Questo è il modo di pensare atrocemente cieco e assurdo di gran parte della nostra classe politica.

Eravamo nell’autunno del 2013 quando a Steffen Seibert, portavoce della cancelliera di Germania, arriva una notizia bomba: la NSA, l’Agenzia per la sicurezza nazionale americana, ascolta le telefonate sul cellulare privato di Angela Merkel. La gola profonda che ha svelato questa pratica era niente meno che Edward Snowden. Scoppia uno scandalo, Merkel chiede spiegazioni a Obama, l’opinione pubblica pretende chiarezza, l’Unione Europea sventola la minaccia di ritorsioni verso l’alleato americano. Anche i giornali italiani più ligi alla vulgata dominante devono dare qualche resoconto in merito. Monta fra la gente un sentimento di protesta e vengono chieste ulteriori indagini. Risultato? Il caso è archiviato: secondo un tribunale tedesco, mancano le prove. E tutto va nel dimenticatoio.

Anche se gli investigatori tedeschi non sono stati capaci di trovare le prove dirette degli ascolti sul telefono della Merkel, sono rimaste tracce molto esplicative per chi sa leggere tra le righe. Quando Angela ha chiamato Barack per sgridarlo, quest’ultimo ha detto che il governo degli Stati Uniti is not monitoring and will not monitor. Vediamo: Obama usa il verbo “intercettare” al presente e al futuro... E per il passato come la mettiamo? Persino la stampa americana ha notato la stortura, e sappiamo come le parole ufficiali dei politici siano scelte con cura per “dire e non dire”. La cosa inquietante è gli alleati d’Oltreoceano, spiando la donna più importante di Germania, ascoltavano anche quello che veniva detto dai suoi interlocutori, che evidentemente erano i premier e i presidenti dei Paesi europei, cioè di altri alleati degli USA.

Per qualche strana ragione, ci hanno fatto dimenticare in fretta questa brutta pagina dell’amicizia che l’amministrazione Obama ha dimostrato ai Paesi che ospitano basi e missili americani. Ma nel febbraio dello scorso anno è scoppiato un altro bubbone: l’operazione “Rubicon”, che per decine di anni ha visto collaborare i servizi americani e quelli tedeschi nello spionaggio anche industriale di più di 100 Paesi -quindi sia alleati che avversari - sfruttando la Crypto AG, azienda con sede nel Paese neutrale per eccellenza, la Svizzera. E spiare, è bene ricordarlo, non significa soltanto “ascoltare conversazioni altrui”, ma anche rubare segreti di Stato, impossessarsi di informazioni industriali che possono essere rivendute con lauti guadagni e con danno sleale alle aziende dei Paesi spiati. In poche parole: gli americani ascoltano di nascosto amici e nemici, i tedeschi un po’ vittime e un po’ spioni, gli italiani sempre spiati, derubati e derisi.

Non risulta vi siano state proteste di piazza, vesti stracciate, indagini... Tutto passato in cavalleria, tutto archiviato al più presto. Forse perchè l’unica a protestare con veemenza e a chiedere spiegazioni è stata la Cina, e accodarsi alle rimostranze cinesi pareva troppo anticonformista. Ciò non toglie che la classe politica europea continua a tollerare ingerenze che definire “indebite” sarebbe un eufemismo sarcastico. La tanto sbandierata unità europea, la solidarietà tra Paesi amici e partner, la trasparenza delle democrazie occidentali... davvero è tutta fuffa? Ci sono le prove che da decenni qualcuno gioca molto molto sporco, fa danni alla nostra industria carpendo segreti; chissà poi che cosa combina a livello politico con le informazioni riservate sentite sui telefoni dei premier europei. C’è qualcuno a cui interessa andare a fondo in queste faccende e trarre le dovute conclusioni politiche oppure preferiamo continuare a raccontarci le favole?

Marco Fontana