Attualità - 24 marzo 2020, 10:16

Coronavirus, i carcerati di Imperia scrivono a Mattarella: "Da noi mai proteste violente, ma si valuti l'indulto"

Cinque pagine scritte a mano per ricordare, nonostante la solidarietà con le azioni mosse nelle carceri delle altre città, come i detenuti della casa circondariale imperiese non abbiano voluto mettere in piedi azioni di protesta che avrebbero potuto far collassare il già fragile sistema

Anche i detenuti di Imperia, seppur pacificamente rispetto a quelli di altre carceri, chiedono un intervento delle istituzioni per risolvere la già emergenziale situazione carceraria, aggravatasi dopo l’esplosione dei casi di coronavirus.

Uno di loro ha scritto una lunga lettera, sottoscritta dall’intera popolazione carceraria imperiese, indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al ministro della giustizia Alfonso Bonafede, al garante per i detenuti nazionale e regionale , al ministro della salute Roberto Speranza e al ministro dei rapporti con il parlamento Federico D’Incà.

Cinque pagine scritte a mano per ricordare, nonostante la solidarietà con le azioni mosse nelle carceri delle altre città, come i detenuti della casa circondariale imperiese non abbiano voluto mettere in piedi azioni di protesta che avrebbero potuto far collassare il già fragile sistema. “Pur essendo solidali per la causa, ci asterremo da ogni forma di violenza verso il personale della polizia penitenziaria che nulla può in merito alla decisione espressa inerente alla chiusura temporanea dei colloqui visivi”, scrivono. Dopo il diffondersi dei contagi, il ministero ha infatti disposto la sospensione dei colloqui tra i detenuti e i familiari, scatenando le feroci proteste delle scorse settimane che hanno provocato la morte di alcuni carcerati.

Questo all’interno del carcere di Imperia è riconosciuto, e nella lettera, i detenuti ricordano la scelta di tenere un comportamento collaborativo, “scegliendo di indirizzare gli sforzi con e non contro la polizia penitenziaria poiché vogliamo ricordare, quando è in discussione il diritto alla vita, non vi è colore della pelle né religione, né divisa a ostacolare il senso comune di solidarietà reciproca che porti a costruire ponti di comunicazione e non muri ostativi con la consapevolezza che tali muri risultano, in ogni contesto, controproducenti, e in alcuni casi lesivi e denigratori della dignità umana, soprattutto di fronte a uno stato emergenziale che oggi l’umanità intera si trova ad affrontare”.

A Imperia, come più volte denunciato dagli stessi sindacati, il carcere è numericamente sovraffollato, e lo ricordano i detenuti nella lettera, chiedendo la valutazione di misure alternative, come l’indulto, per chi ha già scontato un periodo ragionevole della pena: “Non bisogna avere un dottorato in psicologia rieducativa – si legge ancora – per comprendere che la punizione, se non supportata da un monito, e seguita, dopo ragionevole periodo di detenzione, da una sorta di perdono anche attraverso la concessione di misure alternative, concedendo un atto di clemenza rivolto ai detenuti attraverso questo atto, che esso sia l’incremento della concessione di misure alternative alla detenzione o di un indulto/indultino sarà certamente una ragionevole presa di posizione da parte delle istituzioni che porterà respiro ai detenuti che versano in condizioni proibitive, per le condizioni strutturali delle metrature, per le condizioni igienico-sanitarie, per la sospensione dei colloqui che impedisce ai detenuti il contatto con i propri cari, per l’impossibilità di proteggere con libero arbitrio la propria persona, perché privati della libertà affidando il difficilissimo compito di impedire il contagio del covid-19 all’interno delle carceri, lasciando la responsabilità di un incarico così importante ad agenti di polizia penitenziaria, che si ricorda non appartengono al sistema sanitario nazionale”.

“Siamo fiduciosi nella nostra corrente di pensiero – concludono i detenuti – e sicuri che le istituzioni lavoreranno coese per sanare le problematiche di interesse collettivo, apportando nuove iniziative volte al recupero delle carenze che gravano sulla comunità carceraria e tutto il personale a essa legato”.

In allegato alcuni stralci della lettera.

Francesco Li Noce