"Aver dato la scorta a Liliana Segre comunica sicurezza o insicurezza?"
Una studentessa ha posto questa domanda al Capo della Polizia, il Prefetto Franco Gabrielli in conclusione del convegno "Comunicare la sicurezza" organizzato dalla polizia di Savona in collaborazione con il campus universitario.
La senatrice a vita, deportata nel campo di concentramento di Auschwitz quando aveva 14 anni, è stata vittima di innumerevoli minacce via web e il Prefetto di Milano ha così deciso che due carabinieri la accompagneranno in ogni suo spostamento.
"Nel nostro mondo ci possono essere delle mele marce, qual è la differenza che rende un sistema che deve necessariamente percepito come sicuro? Se ci fosse stata una sottovalutazione rispetto a questo tipo di atteggiamento e di minaccia e fosse stato derubricato come una cosa da non prendere in sicurezza, quello sarebbe stato un messaggio negativo. Se ci sono imbecilli, dei criminali, che hanno come oggetto la storia e la persona di un sopravvissuto a Auschwitz ho qualche dubbio a considerarli umani" ha dichiarato il direttore generale della pubblica sicurezza.
"Se noi pensiamo che il consorzio umano è un consorzio fatto di gente per bene, di gente rispettosa, non abbiamo capito niente dalla vita. Un sistema ordinato è un sistema che mette in campo tutto quello che deve essere messo laddove ci sono delle situazioni che espongono le persone in pericolo. Sulle scorte ritengo che il nostro paese sia troppo ipertrofico e il livello della minaccia non sia tale da avere tutto l'apparato messo in campo" prosegue Gabrielli.
"La decisione del Prefetto di Milano è sacrosanta, doverosa e assolutamente in linea con quello che deve essere la risposta di un paese democratico, serio, rispetto alle minacce che la senatrice a vita Liliana Segre è stata fatta oggetto" ha concluso il Capo della Polizia.