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| 01 luglio 2019, 18:00

Piccoli geni crescono: in estate a Genova i plusdotati imparano divertendosi e socializzando

L'associazione Aistap di Genova organizza i Summer camp per bambini e ragazzi plusdotati. Abbiamo intervistato la presidente Anna Maria Roncoroni

Anna Maria Roncoroni, presidente di Aistap

Anna Maria Roncoroni, presidente di Aistap

Il genio non va in vacanza. Anzi, bambini e ragazzi cosiddetti plusdotati, cioè forniti di un talento maggiore rispetto agli altri, durante l’estate possono essere stimolati, divertendosi e socializzando, come e più che durante l’inverno, a scuola (il Ministero dell’Istruzione di recente li ha “riconosciuti” all’interno del sistema degli alunni con bisogni educativi).  Infatti ad allenare le doti – e a fare emergere quelle che, nei bambini, possono essere ancora nascoste – esiste il Summer camp di Aistap (Associazione Italiana per lo Sviluppo del Talento e della Plusdotazione, www.aistap.org), associazione genovese fondata da Anna Maria Roncoroni e unica riconosciuta in Italia come European Talent Center, che aiuta i genitori e i docenti nell’individuare, e sostenere, le giovani menti plusodotate nei vari campi..

Mentre i corsi estivi hanno preso il via a Nervi, tra metafisica, neuroscienze, ma anche giornalismo per corrispondente di guerra, video making, biologia marina, Teatro positivo, science journal, ecososteniblità, chimica in cucina, conductive music e altro ancora, abbiamo intervistato Anna Maria Roncoroni, che fa parte anche di un nuovo Comitato per individuare le eccellenze genovesi.

 

La nota 259 del 2 aprile 2019 del Ministero dell’Istruzione “riconosce”, per la prima volta, all’interno del sistema degli alunni con bisogni educativi speciali anche quelli plusdotati. Che cosa significa?  

Si tratta ancora di una nota, per cui si sta lavorando, ma significa iniziare a introdurre nel mondo della scuola la tematica, che è poco conosciuta, anche se i bambini plusdotati sono sempre esistiti. In tempi abbastanza rapidi penso che il Ministero deciderà in modo strutturato come inserire questi studenti nel sistema scolastico.

Negli altri paesi europei il fenomeno dei gifted children è più o meno noto e accettato: qual è la situazione in Italia?

L’Italia è il fanalino di coda, perché in quasi tutti gli altri Paesi esiste una legislazione specifica o almeno buone prassi che sono in uso da più di vent’anni, mentre noi siamo indietro, e questo si riflette anche nella formazione dei docenti, degli psicologi, dei pediatri e dei neuropsichiatri.

Ma a venire incontro alle loro esigenze ha pensato lei con Aistap: quando e perché è nata un’associazione di questo tipo?

Perché volevo occuparmi di questo tema, già dal 2001, prima che mi iscrivessi a Psicologia e facessi il Dottorato su questo argomento. Dal 2009 già lavoravo in modo strutturato sull’argomento e dal 2010 è nata associazione, che quindi ha 9 anni. La sede centrale è a Genova, ma ci sono anche altre sedi operative distaccate in Italia.

Nel 2015 l'AISTAP è diventata European Talent Center, cioè l’unico centro in Italia, nominato, con altri 13 in Europa, per formare un network di alto profilo scientifico per collaborare in maniera a sviluppare le potenzialità dei giovani. Che cosa significa questo riconoscimento?

Significa che è stato riconosciuto il nostro lavoro, la professionalità dei colleghi e di me, che da oltre 15 anni mi occupo del tema, e anche la scientificità del lavoro svolto, in quanto le attività proposte sono state valutate in modo molto positivo dalla comunità scientifica, che ha riconosciuto quanto viene fatto per i giovani plusdotati.

Come si fa a riconoscere e distinguere un bambino uno plusdotato rispetto a uno semplicemente brillante?

Esistono protocolli condivisi a livello internazionale, ma non è semplice per i docenti, o anche per i genitori, riuscire a capire se sono davanti a bambini plusdotati. In realtà ci sono segnali che possono farlo pensare, come domande inusuali, molte curiosità anche rispetto alla vita e all’essere umano, il vedere cose che i bambini coetanei non vedono, e quindi osservare il mondo con un “paio di occhiali diversi”. La popolazione dei plusdotati è molto eterogenea, come quella per così dire normale, ognuno ha il proprio carattere, timido o estroverso, ma in genere non hanno particolari problematiche, e anche chi impara a parlare presto e quindi può avere qualche difficoltà a relazionarsi con i pari, trova poi strategie giuste per rapportarsi. Nei casi in cui, invece, non vengano riconosciuti e, anzi, vengano fraintesi, il percorso come studenti è più complicato, perché anche la famiglia può non cogliere alcuni aspetti, come, per esempio, il fatto di coltivare interessi per conto  al di fuori del contesto scolastico: chi non è specialista non può sempre capire tutto questo.

Infatti aiutate anche le famiglie e i docenti?

Sì, aiutiamo famiglie e scuole, facciamo informazione, per fare sapere che esistono necessità specifiche, a più livelli, fino a quello anche molto avanzato.

Gli alunni plusdotati, in Italia, sono circa il 2% (quota che aumenta al 7% se si considerano quelli tra 120 e 129 di QI): quali sono i dati dell’associazione?

Sono percentuali stabilite da ogni Paese, in genere si lavora sul 5% top della popolazione studentesca. C’è chi si iscrive ad Aistap per la valutazione, chi  per le attività, chi perché ha bisogno di un supporto, anche scolastico o psicologico, perché a livello relazionale non è molto bravo. Questo accade a molti ragazzi, perché hanno una forma mentis leggermente diversa, per cui chi lavora con loro deve avere preparazione specifica sia che si tratti del docente, dello psicologo o del pedagogista.

Per essere considerati “geni” non si considera solo un alto livello di Quoziente Intellettivo.

No, quello che conta è la personalità, l’emotività, la gestione delle emozioni; limitarsi al quoziente intellettivo sarebbe riduttivo: si guarda alla persona nella sua interezza.

In Italia esistono scuole specifiche per loro?

Non ci sono scuole specifiche, perché il nostro modello è inclusivo, ma esistono scuole superiori dove accedere non è semplice; la qual cosa non significa che si debba essere plusdotati, ma molto studiosi e brillanti.

E adesso che la scuola è finita sono attivi i vostri campi estivi: che cosa si fa?

Le nostre attività si svolgono anche durante il resto dell’anno, nel periodo primaverile a Grosseto, e i Summer camp, quest’anno sono tre, di cui uno, quello per i più grandi (dai 14 ai 18), è terminato, mentre ora sono partiti quelli dedicati ai più piccoli e poi ci saranno quelli per l’età media, dai 10 ai 13 anni. Quello che cerchiamo di offrire sempre, durante l’anno scolastico, è un potenziamento e un mentor, in genere in matematica e fisica, con incontri personalizzati con un solo studente col docente, o specifici per lezione, mentre al Summer camp è offerto qualcosa, specie i piccoli e i medi, che non fanno a scuola e che serva, con approccio diverso, ad aprire la mente, e a fare attività diversificate, per far sì che sappiano che esiste altro oltre a quello che già fanno e conoscono. Questo è un modo per aiutarli nell’orientamento, perché c’è chi, tra loro, è meno accademico e non è bravissimo a scuola, ma ha altri talenti, che possono essere in ambito artistico, musicale o degli audiovisivi. Quello che facciamo è dare loro una motivazione, aiutarli a trovarla dentro di sé, perché è una caratteristica importante insieme alla volontà e alla passione del sapere e del capire. Si tratta di passioni diverse, che più sono piccoli e più si cerca di far sapere che si esistono e che possono interessare anche a loro.

Infatti si fanno corsi un po’ particolari.

Sì, per esempio quello di epica e di metafisica, che si affronta già per i ragazzi del corso medio, ma che non si fa a scuola, ma che al Summer camp si fa con un approccio adeguato, per fare capire di che cosa si sta parlando; poi ci sono chimica, montaggio video, elettronica, e tante cose diverse, che i ragazzi imparano divertendosi.

 

Quanti sono i partecipanti dal Summer camp?

Sono divisi per fasce d’età per quanto riguarda i più piccoli sono ridotti come numero, perché non ne prendiamo più di 20, mentre arriviamo a 110 negli altri. Il numero limite lo stabiliamo per poter gestire nel modo giusto i ragazzi, che arrivano da tutta Italia. Molti sono già conosciuti e poi ci sono i nuovi arrivati. I corsi si svolgono a Nervi, dagli Emiliani, e quest’ospiteranno anche i ragazzi del progetto Ragazzi connessi di Alpim.

 

Quanto conta che i plusdodati socializzino?

Un aspetto molto importante del Summer camp, e non solo, è quello relazionale: molti di loro sono abituati, a scuola, a essere sempre i più bravi, ma stando insieme agli altri e confrontandosi con un gruppo di pari, sono educati al fatto che non c’è il più bravo, ma che ci sono anche gli altri da cu si può imparare. Inoltre stando insieme si condividono passioni e si creano amicizie: con i più grandi andiamo anche all’estero, dove incontrano gli altri di altri Paesi, il che permette di ampliare conoscenze e punti di vista. Insomma si fa gruppo e questo è molto importante.

 

Lei è entrata a fare parte del Comitato per la valorizzazione delle eccellenze genovesi: in che cosa consiste?

Si tratta di un Comitato che ha come obiettivo quello di individuare genovesi, a Genova o che si sono trasferiti per motivi professionali, e che hanno raggiunto non l’apice del successo, ma che hanno già ottenuto una serie di risultati che permetta di vedere il potenziale che c’è in loro. Il Comitato è coordinato da Manuela Arata e promosso dal sindaco Marco Bucci, quindi appoggiato dal Comune; è un’ottima iniziativa e il Comitato è costituito da persone con competenze diverse, che quindi possono fare valutazioni in ambiti diversi. Stiamo cercando, infatti, i vari talenti in tutti i settori: da quello sportivo a quello artistico e accademico, per cui se qualcuno ritiene di rientrare nella categoria, può visitare il sito web del Comune, dove si trova l’area dedicata per farsi candidare da chi può sostenerlo.

Medea Garrone

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