Eventi - 02 maggio 2019, 08:58

Varazze: una conferenza di Massimo Firpo sulla figura di Leonardo

L’incontro è stato ospitato presso la propria sede dall’Ente Parco del Beigua: si è infatti tenuto sabato 13 aprile 2019 alle ore 16 a Palazzo Beato Jacopo.

Nell’ambito del suo ciclo Iconographica, l’Associazione Centro Studi “Jacopo da Varagine” ha ricordato il quinto centenario della morte di Leonardo da Vinci con una conferenza di Massimo Firpo dal titolo La crisi del Rinascimento e la religione di Leonardo. L’incontro è stato ospitato presso la propria sede dall’Ente Parco del Beigua: si è infatti tenuto sabato 13 aprile 2019 alle ore 16 a Palazzo Beato Jacopo.

Il professor Firpo, già ospite del Centro Studi nel 2017, quando aveva parlato di Pittura ed eresia nel Cinquecento italiano nel quinto centenario della Riforma, ha esordito mettendo a confronto il celeberrimo autoritratto di Leonardo da Vinci – che compariva anche sul manifesto stampato per l’occasione – con il ritratto di Michelangelo realizzato da Jacopino del Conte verso il 1535, eseguiti entrambi quando l’effigiato contava una sessantina d’anni.

Rispetto a Michelangelo, Leonardo, più vecchio di quasi una generazione, ha un atteggiamento diversissimo sia nei confronti della politica, dimostrando una pressoché totale indifferenza per i grandi eventi del suo tempo (la caduta di Costantinopoli e l’avanzata degli Ottomani, la cacciata dei mori dalla Spagna, la politica di equilibrio tra gli stati italiani garantita dall’azione di Lorenzo il Magnifico e poi le guerre d’Italia), sia nei confronti della religione: le polemiche sulla corruzione e l’incompetenza del clero, a Roma e nelle diocesi, non sono affar suo. La pittura stessa è l’ultimo dei suoi interessi, tanto è vero che lascerà incompiute moltissime opere: ciò a cui dedica la maggior parte del suo tempo sono gli studi riguardanti il volo degli uccelli, la costruzione di macchine da guerra, la fisiologia e l’anatomia umana, la matematica, la natura in genere. Per se stesso egli preferirà ad ogni altra la definizione di “filosofo”, cioè di studioso della natura.

Figlio illegittimo di un notaio, che non provvide alla sua istruzione, tanto che egli si definirà omo sanza lettere, Leonardo si formò nella bottega di Verrocchio: un sapere quindi non derivato dai libri, ma scaturito dall’esperienza concreta, dalla quale deriva la conoscenza. In polemica contro la classe colta del suo tempo, egli sosterrà infatti che chi si fa guidare dall’opinione degli antichi e non dall’esperienza fa opera di memoria, non di intelligenza: ciò vale anche per il sapere degli ecclesiastici, per i frati teologi, in quanto la metafisica non può essere oggetto di misurazione.

Come molti altri, la posizione di Leonardo appare in bilico tra passato e futuro: va ridimensionata l’idea della modernità di Leonardo, che risiede soprattutto nel suo atteggiamento nei confronti della scienza sperimentale (provando e riprovando sarà il motto dell’Accademia del Cimento di galileiana memoria).

Nei dipinti di soggetto sacro Leonardo dedica grande attenzione ad aspetti che potremmo definire secondari rispetto al tema dell’opera: ad esempio nella Vergine delle rocce egli raffigura con esattezza di osservazione non solo le rocce che danno nome al dipinto, ma anche le piante che vi crescono, con specifica attenzione a quelle che prediligono terreni sassosi; nel san Gerolamo dei Musei Vaticani egli raffigura non tanto un dottore della Chiesa, quanto il corpo avvizzito di un vecchio. Il suo interesse per la ricerca prospettica è evidente sia nell’Annunciazione degli Uffizi sia nell’Ultima cena di S. Maria delle Grazie, salvo poi qualche errore, come nel braccio della Vergine annunciata. L’esame delle opere si è concluso con il San Giovannino, la cui raffigurazione in veste di un giovane riccioluto e dal sorriso allusivo poteva senza difficoltà essere utilizzata anche per un Bacco, e con la considerazione che nessuna delle Madonne di Leonardo è entrata nell’immaginario devozionale, a differenza di ciò che è avvenuto per quelle di Raffaello.

Al di là della scarsezza delle testimonianze, a parte qualche punta anticlericale, Leonardo non mostra interesse per l’aspetto religioso: non essendo misurabile attraverso l’esperienza, esso in definitiva rimane per lui qualcosa di estraneo. Le raffigurazioni ottocentesche della morte di Leonardo, reinterpretando il racconto vasariano, secondo il quale l’artista sarebbe tornato alla fede alla fine della vita, sembrano invece cogliere in pieno questo aspetto, talvolta omettendo le figure di ecclesiastici e talvolta ponendole in posizione defilata.

 

comunicato stampa