Stop ai petardi negli stadi. Il giro di vite arriva dalla Cassazione che con l’ordinanza 8763/19, pubblicata il 29 marzo dalla terza sezione civile pronuncia: "La squadra di calcio risarcisce lo spettatore ferito dal lancio di un petardo proveniente dal settore ospiti dello stadio. Contrattuale la responsabilità del club di casa, che non riesce a dimostrare come l’inesatta esecuzione della prestazione sia determinata da una causa non imputabile: troppo esigua la distanza lasciata fra le due opposte tifoserie, soltanto una decina di metri, che evita il contatto fisico ma non impediscono il lancio di oggetti in diagonale verso il settore sottostante".
Niente da fare per il club di serie A: pagherà circa 80 mila euro di risarcimento al suo tifoso che da quella maledetta domenica ha riportato un’invalidità civile al 46 per cento.
In zona Cesarini la squadra di casa segna il gol della vittoria: gli ultras ospiti scatenano l’inferno e un petardo piomba in curva Nord addosso al tifoso che tenta di pararsi con la mano. Risultato: perde in parte l’uso di tre dita e subisce un trauma all’occhio e all’orecchio.
Istintivo e fisiologico il gesto del danneggiato che tenta di difendersi dall’oggetto lanciato: calciandolo avrebbe colpito altri spettatori. Insomma: sussiste il nesso di causalità e manca la prova della colpa esclusiva del danneggiato.
Non basta poi il vetro antisfondamento fra le due opposte fazioni a salvare la squadra di casa: decisiva la deposizione in sede penale di un funzionario della questura secondo cui la distanza minima fra le due tifoserie ha soltanto reso più difficile il lancio di oggetti fra diversi livelli dell’impianto. Ma non l’ha impedito.
La società sportiva, condannata anche a pagare, anche le spese di giudizio e il contributo unificato aggiuntivo.
Il tema, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è di strettissima attualità e abbraccia tutto il calcio, dalla serie A alle partite del settore giovanile.