- 26 marzo 2019, 18:00

Simone Copello, da Lavagna all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare: "Costruirò il rivelatore di materia oscura"

Si tratta dell'unico ligure che studia la materia oscura all'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) e lo abbiamo intervistato

Simone Copello nei nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS)

 

Da anni studia uno degli argomenti più misteriosi e affascinanti sui quali si dibatte la scienza dal secolo scorso. E lo fa lavorando in un luogo tra i più suggestivi d'Italia (e non solo): nei laboratori sotterranei, a un chilometro di profondità, scavato a metà del traforo Aquila-Teramo. Si tratta di Simone Copello, 29 anni, di Lavagna, e ricercatore all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS). Cosa studia? Niente di meno che la materia oscura. Unico ligure a occuparsene al Gran Sasso Science Institute. E sarà proprio lui, con altri fisici e ingegneri, a costruire il rivelatore di materia oscura. Ci ha spiegato come "è il sogno che si realizza".

Qual è il tuo percorso?

Ho studiato Fisica all'Università di Genova e ho iniziato a frequentare i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell'INFN, Istituto nazionale di fisica nucleare, con la laurea Magistrale, andando nei laboratori in missione, poi ho fatto il Dottorato a Genova con lo stesso esperimento. Successivamente mi sono trasferito con assegno di Ricerca presso gli stessi laboratori, prima con assegno INFN, poi con assegno del GSSI. Ormai vivo all'Aquila da due anni.

Qual è stato l'esperimento?

Tesi e dottorato vertevano su CUORE, che è un esperimento sul doppio decadimento beta senza neutrini: nonostante sia chiamato "senza neutrini", è un esperimento di neutrini. Il decadimento beta con neutrini è un processo di decadimento, il più raro mai osservato, in cui sono emessi 2 elettroni e 2 antineutrini nello stesso istante. Esiste, però, possibilità teorica, mai dimostrata, che avvenga anche senza emissione di neutrini, questo secondo caso è oggetto di ricerca da più di un decennio. Se potessimo osservarlo ci direbbe che neutrino e antineutrino coincidono, e ci darebbe alcune indicazioni sulla massa dei neutrini, che essendo molto piccola - sappiamo che non è zero - non è ancora stata quantificata, e ci fornirebbe spiegazione del fatto che l'universo è fatto di materia e non di antimateria, cioè non vediamo galassie fatte di antimateria. Non esiste, ad oggi, spiegazione e osservare il decadimento ci aiuterebbe a capire.

Cos'è la materia oscura, in parole semplici?

Sulla materia oscura lavoro attraverso il progetto SABRE. Tutto nasce da una serie di osservazione astrofisiche, che ci indicano chiaramente che esiste qualcosa, per esempio all'interno e attorno ad ogni galassia, che esercita gravità, ma che non riusciamo ad osservare. Cioè: vediamo che la forza gravitazionale non può essere giustificata interamente dalla materia che siamo in grado di osservare nelle galassie. Questo ci porta a concludere che le galassie sono permeate di questa materia, che potremmo immaginare come un pulviscolo, lo chiamiamo alone, e la definiamo oscura non perché sia nera, ma perché, essendo trasparente, non riusciamo a osservarla: non interagisce con la radiazione luminosa. Non sappiamo però di cosa sia fatta, qual è l'insieme di particelle che costituisce l'alone. Presso i LNGS e attraverso il GSSI facciamo esperimenti di ricerca diretta in cui si costruiscono rilevatori di particelle potenzialmente in grado di intercettarla. In particolare il laboratorio (LNGS) è scavato a metà del traforo Teramo-L'Aquila e le sale sperimentali sono lì a metà del tunnel, il chilometro di roccia che le sovrasta protegge gli esperimenti dal segnale non desiderato dovuto al passaggio dei raggi cosmici, le particelle che provengono dal cielo, dal Sole o da altre galassie, e che ci darebbero segnali indesiderati. In questo luogo costruiamo rivelatori di particelle con quelle caratteristiche necessarie a rivelare l'eventuale presenza di materia oscura. Questo perché, secondo quello che crediamo, siamo tutti noi, rivelatore incluso, immersi nell'alone di materia scura.

Da quando si è studiato e concretizzato l'uso di uno strumento come il rivelatore di particelle per la ricerca diretta di materia oscura?

Le prime osservazioni astronomiche risalgono agli anni '30, poi sono state supportate da ulteriori misurazioni di natura astrofisica spesso legate al moto di stelle e galassie, da lì il sospetto che esistesse la materia oscura. Di contro, però, non abbiamo ancora trovato un segnale chiaro ed incontrovertibile nell'ambito della fisica delle particelle. Mentre si costruiscono esperimenti per rivelarla in modo diretto da almeno vent'anni.

Siete in molti a occuparvi di materia oscura?

La comunità che ricerca nel mondo la materia oscura è fatta da diverse migliaia di persone. In Italia saremo qualche centinaio: tanti se pensiamo che siamo un Paese piccolo, ma abbiamo una grande tradizione di Fisica Nucleare. Per SABRE siamo circa 50 di collaboratori suddivisi tra Italia, USA e Australia. Ne faccio parte perché ho vinto l'assegno di ricerca dopo il dottorato, ed essendo rimasto affascinato dall'ambiente dei laboratori, ricco di eccellenze, ho deciso di spostarmi da Genova e andare nei laboratori per toccare con mano l'apparato sperimentale. Adesso proseguo questa attività col supporto del GSSI.

Esattamente di cosa ti occupi all'interno di SABRE?

Essendo io nei laboratori dove l'esperimento sarà collocato, ho come attività principale, insieme ad altri fisici e ingegneri, la costruzione del rivelatore stesso, con ciò che ne consegue. Per quanto ci sia un design definito, ci sono tanti problemi quotidiani da affrontare. Inoltre mi occupo dello sviluppo del sistema di analisi e acquisizione dati.

Quando sarà terminato l'esperimento?

Siamo nella fase del prototipo. Il materiale realmente sensibile alla materia oscura sono i cristalli di ioduro di sodio, che vengono prodotti anche commercialmente per la loro proprietà di scintillare: come accade anche per altri tipo di cristalli, emettono una debole luce se colpiti da una particella, tra cui, idealmente, anche la materia oscura. Per questo vengono accoppiati a rivelatori di luce molto sensibili, i tubi fotomoltiplicatori, che convertono una luce, anche molto debole, in segnale elettrico. Siccome l'interazione con la materia oscura, se avviene, è molto rara, si deve giocare sulla massa del rivelatore, cioè maggiore è il numero dei cristalli e maggiore è la possibilità di misurare. Per questo l'esperimento sarà fatto da una decina di cristalli. Per i nostri scopi però non possiamo utilizzare quelli commerciali, a causa delle impurezze che naturalmente contengono, e per questo li realizziamo da noi cercando di ottenere una purezza fuori dal comune. Questa è la vera sfida in un certo senso. La produzione dei cristalli spetta all'Università di Princeton. Siamo in attesa di fare le misure col primo cristallo, quindi con una massa piccola: ci serve per convalidare la procedura di realizzazione. Questa fase durerà un anno a partire da ora. Nell'arco di un anno speriamo di concludere la fase di prototipo e a quel punto si tratterà di realizzare il rivelatore su scala maggiore con circa 10 cristalli. Si parla di un paio di anni da oggi. Infine la presa dati durerà alcuni anni: si ragiona per l'intero progetto su una scala di più di 5 anni da oggi.

Ci sono già stati esperimenti simili?

In un certo modo SABRE rappresenta una verifica indipendente di un altro esperimento, chiamato DAMA, già fatto ai LNGS con cristalli di ioduro di sodio, che negli anni scorsi ha prodotto dati compatibili con l'osservazione materia oscura. Quindi si è reso necassario avere una controprova attraverso un esperimento simile. SABRE in realtà apporta alcune migliorie al progetto per renderlo più performante: con l'uso di rivelatori di luce più sensibili, cristalli più puri e inserendo cristalli e fotosensori dentro un ulteriore rivelatore, in gergo detto rivelatore di veto, che ha la funzione di segnalare quando una radiazione viene da fuori, escludendo, quindi, che sia materia oscura. Infine useremo 2 rivelatori: uno in Italia e uno in Australia, questo per poter distinguere effetti stagionali legati, per esempio, all'atmosfera. Mettendo 2 esperimenti in 2 emisferi siamo in grado di capire se ciò che vediamo è legato a qualcosa del nostro sistema solare, quindi uguale in entrambi gli emisferi, o qualcosa di legato al ciclo delle stagioni.

Ti stai occupando di uno degli argomenti più interessanti degli ultimi tempi: che cosa significa per te? Lo hai sognato fin da bambino?

Fin da bambino sognavo di dare un contributo alla scienza, per quanto piccolo. Mi sono iscritto al liceo scientifico per poi fare Fisica. Quello che spesso mi diverte è vedere le reazioni degli altri quando dico cosa faccio. Ci si aspetta che lo scienziato sia una persona eccentrica - a mia mamma è capitato che le chiedessero se sono uno strano! - e spesso ci si lascia condizionare da racconti fantascientifici, ma siamo persone normali che vivono una quotidianità normale. C'è anche un altro aspetto però, la "torre d'avorio": esiste un clima di leggera diffidenza. Per esempio una volta mi capitò di sentirmi dire che i fisici delle particelle lavorano allo sviluppo di progetti segreti, cosa assolutamente infondata. Da bambino anche io vedevo tutto con lente della fantascienza, ma si tratta di un ambiente piacevole ed estremamente umano, spesso fatto di persone semplici, appassionate e disponibili. Ho anche incrociato Rubbia a un paio di conferenza. Comunque è il sogno che si realizza, anche se la carriera del ricercatore non è molto bene delineata e si resta precari a lungo, senza contare la necessità di spostarsi frequentemente, che ha conseguenze sullo stabilizzarsi e il metter su famiglia.

Dopo i 5 anni d'esperimento cosa ti aspetti?

Gli scienziati, per gioco, scommetto sul fatto che la materia oscura esista oppure no. C'è chi ci crede e chi no. Io cambio idea costantemente, ma quello che mi sta a cuore è riuscire ad andare oltre: vedere un progresso, per quanto lento, in un ricerca che va avanti da decenni. Sia che si confermi sia che si confuti, l'importante è proseguire e capire qualcosa in più del nostro universo. Al momento credo che esista, perché le osservazioni di natura astrofisica sono convincenti; non posso, però, essere sicuro che la riveleremo a breve con questo tipo di tecnica. Sulla carta ci sono tutte le potenzialità, ma poi dipende dalle reali proprietà della materia oscura. Noi costruiamo un modello teorico e sappiamo che il nostro rivelatore, realizzato sulla base di tale modello, la potrebbe vedere. Non sono sicuro che si chiuderà il dibattito con questo. Avrei voglia che la questione venisse risolta, ma penso ci vorranno ancora parecchi anni prima di riuscirci.

Cosa hai provato entrando nel laboratorio sotterraneo?

La prima volta in cui sono entrato ho provato grandi emozioni, perché hai la sensazione che lì avvengano grandi cose.

C'è una curiosità: pur facendo esperimenti di tecnologia molto avanzata, usate il piombo d'epoca romana. E' vero?

Sì, l'esperimento CUORE, il primo in cui ho lavorato, comprende un piccolo pezzo di archeologia: del piombo dell'epoca romana trovato al largo della Sardegna, proveniente dalla Spagna, che usiamo perché l'effetto schermante della montagna non è sempre sufficiente, perché anche la roccia stessa, come qualunque oggetto, ha una leggera radioattività. Per questo gli esperimenti vanno messi all'interno di ulteriori schermature, il piombo romano, poi, ha il vantaggio di aver perso la maggior parte della radioattività che aveva all'epoca della sua estrazione. Si tratta di lingotti grezzi, trovati nel relitto di una nave adibita al trasporto di metalli. La collaborazione tra Beni culturali e Istituto di Fisica Nucleare ci ha permesso di tenere parte del lingotti. Dopo aver rimosso la faccia superiore dei lingotti, che mostra il nome del produttore originale, il volume del lingotto viene fuso per fare i componenti che ci servono. Questo accadeva circa tre anni fa nel caso di CUORE. E' interessante vedere come la storia della nostra penisola emerga a più riprese, sia con il piombo romano, sia con il contributo che oggi diamo alla ricerca di base e alla fisica della particelle. L'importanza di tale contributo è probabilmente dovuto ad una tradizione storica, rafforzatasi nel '900: potremmo citare Fermi, come mille altri, fondatori di una grande scuola di fisica nucleare e subnucleare che speriamo possa continuare a lungo.

Medea Garrone