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| 20 marzo 2019, 18:00

Francesca Badaracco: da Rapallo al Gran Sasso Science Institute per misurare le onde gravitazionali

Al GSSI Misura il rumore delle onde gravitazionali, la più grande scoperta del nostro secolo. Si tratta della giovane ricercatrice Francesca Badaracco, di Rapallo, che abbiamo intervistato

Francesca Badaracco: da Rapallo al Gran Sasso Science Institute per misurare le onde gravitazionali

Francesca Badaracco, 26 anni, da Rapallo, una laurea in Fisica e un Dottorato che sta conseguendo – tra i pochi selezionati a livello internazionale - al Gran Sasso Science Institute (GSSI) dell'Aquila, una delle più prestigiose Scuole universitarie superiori a ordinamento speciale d’Italia (che annovera come ospiti premi Nobel, Medaglie Fields e la direttrice generale del Cern Fabiola Gianotti). Lì misura le onde gravitazionali e intanto conosce premi Nobel come Barry Barish, e lavora accanto a Marica Branchesi (una delle donne più influenti al mondo nel 2018 per il Time) di cui dice: “un esempio da seguire”. L’abbiamo intervistata, anche pensando alle bambine che vorranno intraprendere la sua stessa strada, cui dice: "le ragazze non devono sentirsi inferiori".

Cosa significa per te essere al GSSI?

Per me è stata una grande opportunità, quando mi hanno detto che ero stata selezionata ero felicissima e ho deciso subito di andare, senza fare nemmeno il colloquio all’Università di Genova, dove avevo passato la prima selezione. Si tratta di una bella opportunità perché il GSSI è un ambiente internazionale con studenti che provengono da tutto il mondo; nel mio corso, per esempio, ci sono ragazzi indiani, americani e tedeschi e di tutte le parti d’Italia: così si scoprono differenze culturali anche all’interno del nostro Paese. E poi ci sono ricercatori e premi Nobel, come Barry Parish, che vengono qui a fare seminari e incontrare gli studenti. Per chiunque è una bella opportunità che vale la pena tentare, anche perché al Gran Sasso Science Institute valutano te, il tuo curriculum, e solo dopo devi scegliere di che cosa occuparti, a differenza di altre Università, che richiedono già un progetto di ricerca, col rischio, quindi, di dover andare avanti solo quello che è stato il tema della propria tesi.

Il tuo studio si lega alle onde gravitazionali? E cosa sono, in parole semplici?

Per spiegare che cosa sono si fa sempre il paragone dello stagno dove, gettando un sasso, si creano delle increspature. L’onda gravitazionale è la stessa cosa, solo che avviene nel tessuto spazio-temporale, e quindi si tratta di increspature spazio-temporali. Sono effetti molto piccoli, ma quando l’onda passa la distanza tra gli oggetti dovrebbe variare. Questa distanza si può misurare con uno strumento in cui si trovano due specchi e un laser che ci passa in mezzo: quando l’onda passa la distanza tra gli specchi cambia e il laser la misura. Quello che si fa è misurare l’effetto che ha l’onda gravitazionale nello spazio e anche sullo strumento, che si trova e fa parte nello dpazio.

Quindi tu ti occupi della misurazione delle onde gravitazionali?

Sì, la prima parte del progetto è sul Newtonian noise, cioè uno dei rumori che affligge la misurazione delle onde gravitazionali. E si misura con i detector interferometrici, strumenti che le rilevano. In Italia abbiamo il detector Virgo, a Cascina, in provincia di Pisa, che nel 2017 ha contribuito alla rilevazione della fusione di due stelle di neutroni e ad aprile ricomincia a entrare in osservazione. Sono strumenti molto sensibili che devono misurare variazioni di distanze piccolissime e che quindi sono sensibili a variazioni dovute a fenomeni come le vibrazioni, il rumore quantistico dovuto al laser e alle parti ottiche, e, appunto, il rumore newtoniano, dato dalle fluttuazioni del campo gravitazionale nei dintorni del detector. Le fluttuazioni sono causate anche dal passaggio di onde sismiche, che comprimono il sottosuolo facendone variare la densità e provocando a loro volta una variazione nel campo gravitazionale. Questo rumore è difficile da schermare, perché non si può mettere uno schermo al campo gravitazionale, sono necessari altri modi per eliminare i rumori dal detector, come per esempio fare una stima di tale rumore e sottrarlo successivamente dai dati dello strumento. E in particolare faccio questo occupandomi del Newtonian noise di origine sismica - perché c’è anche quello di origine atmosferica -. Per la misurazione si posizionano i normali sismometri dei geologi e si riesce a fare una stima del rumore all’interno del detector, che poi, appunto, va sottratto. Io sto cercando di trovare la posizione migliore di questi sismometri.

Perché hai scelto questo progetto?

La tesi l’avevo già fatta su argomenti più vicini a quelli che affronta Marica Branchesi, per cui tutti si aspettavano che scegliessi di farne un’altra con lei, ma a Genova già avevo chiesto di potermi occupare di analisi dei dati sismici, per poter lanciare l’allarme prima dell’arrivo di un terremoto e avevo scoperto che se ne stava occupando Jan Harms, per cui ho deciso che avrei voluto lavorare sul Newtonian noise, con lui, che aveva vinto posto da ricercatore al GSSI. È affascinante il fatto che le onde sismiche possano creare un disturbo anche nel campo gravitazionale, tale da poter essere misurato dallo strumento e da creare rumore impedendo le misure a bassa frequenza. Il mio progetto, inoltre, è applicabile anche al detector che verrà costruito a breve che si chiama Einstein telescope.

Cosa significa lavorare con Marica Branchesi?

Io lavoro a contatto con il marito Jan Harms, che è il mio relatore. Ma conosco Marica, che è una donna dolcissima e molto umile, e sicuramente è fonte di ispirazione, perché è una donna in carriera che riesce a fare tutto, a stare dietro alla famiglia, aiutata anche dal marito, e ha questa bellissima carriera nel campo della ricerca. Sentire raccontare con il suo entusiasmo le sue esperienze, ti spinge a fare altrettanto e lanciarti in nuove esperienze.

Cosa significa per te contribuire a quella che è la scoperta del secolo?

Avevo appena iniziato la tesi quando è uscita la notizia della scoperta. Quando c’è stato l’annuncio ufficiale sono stata felice perché la mia tesi faceva parte di qualcosa che non sarebbe morto negli anni, ma avrebbe fatto parte di un filone di ricerca nascente e che proseguirà. E poi essendo un argomento che richiede una collaborazione molto vasta tra ricercatori, si conoscono persone di tutto il mondo che fanno cose diverse; inoltre quello che mi piace di più è che, occupandomi di uno strumento così complesso, posso spaziare dall’ottica al Newtonian noise ad altri aspetti legati alla ricerca.

Eugenio Coccia, che è stato direttore dei laboratori Infn del Gran Sasso e ha contribuito alla scoperta delle onde gravitazionali ha detto: “L'umanità acquista un nuovo senso: d'ora in poi non solo vedremo il cosmo, ma ascolteremo le sue vibrazioni, la sua musica”. Cosa ne pensi?

Per me è intrigante l’esistenza delle onde gravitazionali in sé. Pensare che lo spazio sia curvato intorno a noi sembra da film di fantascienza, ma è dimostrato che è vero e poterlo misurare con uno strumento che abbiamo sulla terra è notevole. Forse io sono più affascinata dall’aspetto tecnologico, perché mi sta a cuore, occupandomene, ma la scoperta scientifica in sé è davvero epocale e si è dimostrata qualcosa che fino a pochi anni fa sembrava difficile anche solo da osservare. La tecnologia per poterlo fare è meravigliosa e complessa, e ogni volta che penso a come funziona la trovo fantastica: è costruita dall’uomo, eppure è in grado di fare misurazioni precise di fenomeni lontanissimi e microscopici di cui non potremmo nemmeno renderci conto se non l’avessimo creata.

Hai sempre voluto fare Fisica?

Da una parte l’ho sempre desiderato, ma c’è stato un periodo lungo della vita in cui ho pensato di entrare nell’Arma dei Carabinieri, anche se poi ho virato su Fisica, che era la mia seconda passione, perché mia mamma, fin da quando ero piccola, mi comprava i giornalini di divulgazione e mi ha fatto appassionare alla scienza. Inoltre alle superiori avevo un docente di chimica che era molto appassionato di fisica e questo mi ha dato uno stimolo in più.

Chi esce dal Gran Sasso Science Institute trova lavoro in Università prestigiose: dove ti vedi nei prossimi anni?

Non ne ho idea, forse all’estero per almeno uno o due anni, dal momento che è quasi un passo obbligato se si vuole fare ricerca. Mi vedo, comunque, a a continuare su questa strada, con un Post Doc da qualche parte.

Finalmente si sta cercando di sfatare il pregiudizio secondo cui le donne non sarebbero portate per le materie scientifiche: cosa vuoi dire alle bambine che vorranno intraprendere un percorso come il tuo?

Se la passione è questa ci si deve provare: non vedo perché non poterlo fare. Nel mio corso siamo 4 donne su 10, ma nella classifica iniziale eravamo in 6 su 10: alcune hanno rinunciato per posti altrove. La parità di genere, comunque, rientra nella politica del GSSI, e mi sono stupita di trovarci così tante ragazze, perché al liceo scientifico-tecologico di Rapallo, il “Niceti”, come anche alla facoltà di Fisica, eravamo solo 3 o 4 ragazze su 30. Bisogna cercare di non farsi prendere dai complessi di inferiorità e dalla scarsa autostima, che, purtroppo, in questo ambito, ho notato essere presenti in quasi tutte le ragazze. Io mi ritengo fortunata perché ho sempre avuto relatori, sia a Genova che al GSSI, che mi hanno assecondato a portare avanti le mie idee con entusiasmo. Incontrare le persone giuste è importante, perché so di alcuni che perdono interesse nella ricerca perché il relatore è assente o non risponde. Quindi quando si cerca il relatore, bisogna guardare anche alla persona e non solo al tema di cui ci si vuole occupare.

Medea Garrone

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