L’agricoltura italiana corre un brutto rischio. Infatti, la proposta della Commissione europea prevederebbe un taglio di 5,1 miliardi di euro al mondo rurale del nostro Paese. Nel settennato 2014-2020 all’Italia sono andati 41,4 miliardi di euro di fondi Ue: 27 miliardi di euro per i pagamenti diretti; 10,5 miliardi per il Programma di Sviluppo Rurale (Psr) e 4 miliardi di euro per l’Organizzazione Comune dei Mercati (Ocm). In quello 2021-2027 si scenderebbe a 36,3 miliardi di euro: 24,9 miliardi in pagamenti diretti; 8,9 miliardi per il Programma di Sviluppo Rurale e 2,5 miliardi per le misure di mercato Ocm.
Nei giorni scorsi, il ministro, Gian Marco Centinaio, i presidenti e i capigruppo delle Commissioni agricoltura della Camera e del Senato e gli assessori regionali del comparto hanno ricevuto il Commissario Ue, Phil Hogan, per esprimergli le loro preoccupazioni. La posizione italiana si può riassumere nel determinato: “Non possiamo chiedere ai nostri agricoltori altri sacrifici”.
Ma verrà considerata? Qualche dubbio rimane. Nei decenni passati c’è stata, spesso, da parte dei governi italiani, alternatisi alla guida del Paese, la totale sottomissione alle scelte europee. Che per la nostra agricoltura sono sempre state penalizzanti. Se, invece, l’esecutivo Lega-5 Stelle vuole cambiare, deve mostrare i muscoli nella trattativa.
Il mondo rurale del nostro Paese è una ricchissima cesta di eccellenze in tutti i settori di produzione. Controllate e garantite dal punto di vista della qualità e della sicurezza alimentare. Molti imprenditori giovani continuano coraggiosamente le attività dei loro padri e dei loro nonni. Innovando e investendo. L’agricoltura rappresenta un pilastro dell’economia nazionale.
Ma servono meno burocrazia e maggiori aiuti. Altrimenti, nel mercato globale, dove conta di più la quantità, la partita dell’Italia è persa in partenza