Roberto è un ragazzone alto quasi due metri. Una mole imponente, certificata pure dal suo cognome: La Torre. Come una curiosa coincidenza del destino. Nomen omen, direbbero i latini.
Nel suo destino, però, c’è stato anche molto di più. Oggi è l’8 Marzo. In tutta Italia si festeggiano le donne. Con la speranza, a volte purtroppo disattesa, che non siano solamente 24 ore.
Di sicuro non lo sono, né lo sono mai state, per Roberto La Torre. C’era lui, la notte di San Valentino, in via Martiri del Turchino al Cep, a soccorrere la ragazza brasiliana tenuta segregata in casa, picchiata e violentata per due giorni di fila da una banda di aguzzini, con mani e piedi legati.
C’era lui ad aprirle la porta di casa, a darle dell’acqua, a cercare di confortarla, a chiamare prima l’ambulanza e poi le forze dell’ordine. A indicare l’appartamento dove tutto era successo. E, alla fine, a far arrestare i criminali, a permettere che quell’incubo finisse.
In un mondo dove la parola eroe viene usata spesso a sproposito, nel caso di Roberto - un ragazzo di 28 anni che vive sulle colline tra Pra’ e Voltri praticamente da sempre e che ha lavorato come dipendente presso la grande distribuzione (al momento è in cerca di un posto) - assume invece un connotato pieno.
Ed è bello raccontare la sua storia nel giorno della Festa della Donna, al capitolo ‘Che cosa fanno di concreto gli uomini per le donne’: una vicenda di altruismo, di generosità, del cuore che va oltre l’ostacolo e di tanto, tanto coraggio. Un coraggio infinito: non fermarsi solamente al fatto di salvare una donna, ma anche indicare chi è stato. Senza un briciolo di paura, ma con ferma volontà di giustizia. Un cittadino come tutti vorremmo essere.
“Erano le tre di notte del 14 febbraio - ricorda Roberto - ed ero a letto che dormivo. A un certo punto, suona il campanello di casa. Scendo di soprassalto. Anche mia mamma si sveglia. Arrivo sull’uscio e guardo lo spioncino. Ma non vedo altro che un’ombra”.
All’inizio, la paura è tanta. Perché è notte fonda, perché si è stati svegliati bruscamente, perché il quartiere è difficile e purtroppo i tentativi di rapina non mancano. Ma i ladri non suonano il campanello.
Roberto è un ragazzo intelligente e ragiona: “Però lì per lì non ho aperto. Non lo avrebbe fatto nessuno. Continuavo a chiedere chi era. A un certo punto, la donna risponde e chiede dell’acqua, chiede di aiutarla. La sento piangere”.
Difficile stabilire un’empatia, un contatto, una fiducia reciproca, in momenti così concitati, con una porta di mezzo che diventa una barriera, un muro. Ma alla fine Roberto quel muro lo sfonda e apre: “Appena la sento muoversi, le vado dietro giù per le scale. Trovo tutto sottosopra: le cantine aperte, gli oggetti nel sottoscala tutti per aria, un passeggino messo di traverso per tenere aperto il portone. Della donna non vi è più traccia. Guardo nel palazzo di fronte. Il portone è completamente distrutto da una pietrata. Entro e anche qui il sottoscala è rivoltato. La trovo in un angolo, nell’ombra, con le mani alzate, che continua a chiedere acqua e aiuto”.
La ragazza brasiliana è di schiena. Quando si volta, in un attimo Roberto capisce tutto: “Era gonfia, con gli occhi quasi fuori dalla faccia. Sanguinava, aveva i capelli strappati, i vestiti distrutti. Una grossa ferita in testa. Si vedeva chiaramente che era stata abusata, legata alle mani e ai piedi con dello scotch”.
A quel punto, Roberto chiama i soccorsi, poi sale in casa, prende l’acqua e, nel frattempo, sono già arrivate sia l’ambulanza che le volanti della Polizia. “Ma della ragazza non c’era più traccia. Erano venuti a riprendersela gli aguzzini. A quel punto, un agente mi chiede se ho idea di chi possa essere stato. E che tipo di acqua le avessi dato. Io indico sicuro un appartamento, loro trovano la bottiglia di ‘Acqua Panna’ di fronte alla porta. Aspettano i rinforzi, fanno irruzione, liberano la ragazza e arrestano quattro persone”.
Non è questa la sede, né l’articolo, né l’articolista, per parlare di nazionalità dei criminali. Per fare la cronaca da mattinale di polizia. Non importa nulla e chi scrive non ne è mai stato capace.
Intanto, non aggiunge e non toglie nulla alla storia, al gesto bellissimo di un ragazzo di 28 anni che poteva lasciar suonare il campanello, girarsi dall’altra parte e continuare a dormire. Ma non lo ha fatto.
L’8 Marzo ha bisogno di storie come quella di Roberto La Torre. Uomini che amano le donne. Che le amano davvero. In Municipio VII Ponente, nei giorni scorsi, è stata la consigliera Michela Corronca a tributargli un sentito pensiero, attraverso un’espressione di sentimento: “Minacciare, umiliare, picchiare: così s’intendono tutti i comportamenti che non tengono conto della volontà della donna, che ha tutto il diritto di dire sì o no. Stando ai dati, in Italia ogni sette minuti circa un uomo stupra o tenta di stuprare una donna e ogni tre giorni un uomo uccide una donna, spesso ex moglie o ex compagna. Si ricevono dati allarmanti per le denunce sulle aggressioni, che vengono troppo spesso giustificati in maniera inaccettabile, movente passionale o torti subiti dall’aggressore. Invece occorre sensibilizzare la società civile, perché la violenza sulle donne è reatro, viola i diritti umani”.
La consigliera ha ricordato poi i fatti del 14 febbraio: “Sono storie che riportano a una piaga sociale che quotidianamente, con impegno, politica ma soprattutto le forze dell’ordine cercano di combattere. Fortunatamente l’arresto dei responsabili è avvenuto grazie all’intervento di un cittadino, il quale ha prestato i primi soccorsi alla vittima contattando le forze dell’ordine. Gesto che per molti rientra nella normalità, ma è bensì una forte rivincita sull’omertà ormai dilagante di fronte alle violenze sulle donne. Un gesto meritevole, da prendere da esempio, in quanto davanti a queste tragicità, dimostra che la denuncia è sempre la via più giusta. Invito tutti a prendere esempio e ringraziarlo pubblicamente per questo eroico gesto”.
Roberto La Torre è l’uomo dell’8 Marzo. Sarebbe bello, anzi bellissimo, che oggi qualcuno lo aiutasse per il lavoro. Come lui ha saputo aiutare per la vita umana. Senza chiedere nulla in cambio.