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| 11 febbraio 2019, 10:09

Charlie e la vita piena d’arte: “Sono un’esteta, cerco il bello nelle cose, soprattutto nella musica”

L’intervista alla musicista genovese che sogna l’estero

Charlie e la vita piena d’arte: “Sono un’esteta, cerco il bello nelle cose, soprattutto nella musica”

 

Decoratrice nella vita, musicista nel tempo libero. “Oggi, specialmente in Italia, è difficile vivere di musica” mi confessa. Si chiama Carlotta Risso a la scopro, scorrendo gli artisti su Spotify, con il nome di Charlie. Una giovane artista genovese proiettata verso l’estero ma con il cuore a metà strada tra disapprovazione e nostalgia nei confronti delle proprie radici.

L’ho conosciuta telefonicamente ma dalla voce ne ho colto la dolcezza e l’assoluta sincerità nel raccontarsi, senza filtri, senza paure.

Ecco l’intervista.

 

Ciao Charlie! Raccontaci un po’ di te…

“Ciao! Mi chiamo Carlotta Risso e sono una musicista. Attualmente sono una decoratrice d’interni ma la mia storia con la musica inizia all’età di 15 anni, quando iniziai a suonare in un gruppo funky. Mi divertivo molto, a quell’epoca era tutto abbastanza wild: la nostra saletta, per esempio, si trovava a Staglieno, un luogo abbastanza inconsueto dove suonare. Sono sempre stata una ragazza fuori dal coro: anche quando andavo in vacanza non abbandonavo mai la musica ma mi circondavo di musicisti locali con cui improvvisavo live. La chitarra venne dopo: imparai le basi da un amico e proseguii come autodidatta. Imparare a suonarla mi ha permesso di iniziare a scrivere le mie canzoni, canzoni che nascono prima di tutto dalle melodie. Amo quando la musica è in grado di evocare delle emozioni: alcuni dei miei brani raccontano storie compiute caratterizzate da un inizio e una fine, altre sono semplicemente sensazioni tradotte in note. Quando mi trovo a tradurre emozioni, talvolta anche sogni e situazioni oniriche, per me è sempre un esperimento di psicoterapia”.

 

Nella tua carriera hai saputo unire musica e teatro: quanto è importante, per te, unire la teatralità all’ambito musicale?

“In verità io non sono un’attrice, non ho mai recitato né studiato recitazione, tuttavia ritengo sia importante. Da decoratrice mi piace curare l’estetica delle cose e, di conseguenza, amo realizzare prodotti esteticamente piacevoli. Per il videoclip di “Ruins of Memories” - che ho sostenuto economicamente da sola - ho pensato di coinvolgere persone altamente qualificate proprio per avere un risultato che mi soddisfacesse a livello estetico”.

 

Canti solo in inglese: perché? Pensi che questa scelta ti allontani dalla tua terra?

“Grazie all’inglese riesco a esprimermi a 360°, riesco a comunicare dei concetti che in italiano non sarei in grado di rendere così accessibili. Pur non essendo madrelingua, ma avendo studiato e lavorato per tanti anni in Inghilterra, mi piace poter creare dei prodotti che siano comprensibili da tutti, perché l’inglese è come un veicolo che raggiunge tutto il mondo, a differenza dell’italiano. Per me è molto importante poter comunicare e poterlo fare in inglese è per me una forma di liberazione. Quando canto in inglese è come se indossassi un velo, un qualcosa che mi permette di esprimere le mie sensazioni completamente. Purtroppo sono poco patriottica, o meglio: lo divento quando dal finestrino dell’aereo vedo Genova allontanarsi, in quel momento sento un legame fortissimo. Ma, ad oggi, non mi piace chi la amministra e mi trovo sconsolata. Così prendo e vado fuori, specialmente nei paesi nordici”.

 

Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Nella tua biografia hai indicato Country, Indie, Folk…

“In realtà il mio background musicale è molto vario. Da Simon & Garfunkel - quegli artisti che ho trovato in casa grazie ai miei genitori - fino alla musica italiana con Lucio Battisti, Renato Zero e Fabrizio De André. Autonomamente mi sono appassionata molto dei Queen e dei Radiohead, mentre non amo particolarmente il Jazz - nonostante il fratello di mia nonna, Tito Fontana, fosse un jazzista - e nemmeno la musica elettronica. Ricordo che da ragazzina mi annoiavo mortalmente quando andava di moda la musica house, un genere che decisamente non trovo nelle mie corde. Sono più una persona da musica suonata con strumenti classici, alla vecchia. Ogni tanto, però, mi impegno ad ascoltare qualcosa di nuovo, per non rimanere troppo legata al passato”.

 

Nel 2016 è uscito il tuo primo lavoro “Ruins of Memories”, un disco molto intimo...

“Decisamente. La canzone “Ruins of Memories” parla della mia famiglia e di come crescendo muti l’immagine dell’ambito familiare; quando si è piccoli non ci si rende conto di tante cose, poi gli altarini si scoprono. Tuttavia, alla fine, si torna sempre agli affetti reali, quelli che, nonostante tutto, rimangono invariati. Sono comunque tutti racconti molto personali, non mi è ancora capitato di trattare storie che riguardassero eventi storici o contemporanei, forse un giorno succederà, ma solo quando sarò preparata”.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

“A breve entrerò in studio per registrare il mio nuovo disco, sempre presso il Greenfog Studio, che avrà come produttore artistico Mattia Cominotto insieme a Tristan Martinelli, come per “Ruins of Memories”. Il nuovo disco sarà un po’ più pulito a livello sonoro. I brani che ho presentato ai direttori artistici e che faranno parte del nuovo progetto sono più arrangiati rispetto a quelli che presentai per Ruins of Memories - dove avevo registrato delle tracce chitarra e voce - dunque ho potuto imbastirli meglio già dall’inizio, ma non sappiamo ancora che strada prenderanno. Attualmente sono sotto l’etichetta Incadenza, che sta lavorando molto bene, specialmente a Genova, ma spero di trovare una casa discografica internazionale che mi permetta di girare anche all’estero, data la mia scelta di cantare in inglese”.

 

Chi è per te la voce di Genova?

“Lo dico senza ombra di dubbio: De André!”

Giovanna Ghiglione

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