Savona - 06 febbraio 2019, 18:24

Trent'anni di lavoro in un autogrill, quando la Torino-Savona si chiamava "l'autostrada della morte"

Ha chiuso la storica area di sosta di Priero sulla Verdemare: fu la prima ad aprire in Granda nel 1962. Ed è lì che nacque il famoso "panino alla frittata alle erbette cebane"

"Quando ho visto quell’autogrill con le serrante abbassate ed il piazzale deserto, mi è venuto un nodo alla gola. In quell’area di servizio, io e mio marito abbiamo vissuto per oltre trent’anni. Per questo capisco l’amarezza di chi ora, per un freddo calcolo numerico, si vede portare via non solo un lavoro ma un pezzo della propria vita”.

Ha gli occhi lucidi, Maria Pia Salvatico mentre spiega l’effetto che le ha fatto, vedere che il bar ed il distributore di carburante sulla autostrada Torino-Savona, nel piccolo paese di Priero, ha chiuso i battenti, sotto la scure del decreto interministeriale del 2015 - a firma degli allora ministri Lupi e Guidi - che prevede la chiusura delle aree di sosta autostradali.

Per quanto riguarda il territorio della Granda, le aree a rischio sono tre: Marene Rio Colorè e Mondovì in direzione da Torino verso Savona e Priero in direzione opposta. Quest’ultima ha chiuso qualche settimana fa e con lei se ne va un pezzo di storia della Verdemare, visto che è stata la prima area di servizio ad aprire in provincia di Cuneo.

Era il novembre del 1962 e l’autostrada Torino-Savona, ribattezzata “l’autostrada della Fiat”, non era certo come adesso.

“Quando io e Maria Pia - ricorda Bruno Muratore - abbiamo preso in gestione l’area, eravamo sposati da poco e all’inizio avevano solo il distributore di carburante e la A6 non era ancora stata completata. Infatti fu costruita per tronchi a partire dal 1956 e per primo venne inaugurato il tratto Savona-Ceva, che terminava proprio a pochi metri dalla nostra area di servizio.

Le automobili a quel tempo si contavano sul palmo di una mano. Poi tutto è cambiato, con il boom economico e gli italiani che scoprono le ferie, grazie anche alla possibilità di avere un lavoro sicuro in fabbrica”.

L’autogrill apre solo nel 1965, con l’inaugurazione del tratto Ceva-Fossano. “I primi tempi non avevamo clienti, le persone non erano abituate a far sosta al bar - ricorda Maria Pia - allora per invogliarli a venire dentro, dopo aver fatto benzina, mi sono inventata quello che diventerà poi il simbolo del Cebano: il panino con la frittata con una ricetta segreta che mi aveva svelato una signora molto anziana, originaria di Palermo ma con parenti a Torino, che mi aveva raccontato di essere stata per decenni in America, a lavorare come cuoca su una barca di Al Capone.

Quante uova ho rotto in oltre trent’anni!”

È tra la fine degli anni ‘60 e ‘70 che il traffico sulla Torino-Savona inizia ad aumentare. Anni particolati, quelli, quando i clienti erano i camionisti che portavano auto alla Fiat, capi di bestiame dalla Francia in Italia, rappresentanti che si spostavano per vendere gli eccellenti prodotti italiani, ma soprattutto era una clientela di vacanzieri che dalla Liguria andavano a Viola Sant Gree, Pratonevoso, Limone per sciare, mentre i piemontesi scoprivano il mare.

“Abbiamo visto passare di tutto, in quegli anni: clienti gentili ed insospettabili poi arrestati magari proprio sul nostro piazzale - ricorda Maria Pia -. Ma anche famosi personaggi come Miguel Bosè che controllava se le cassette con i suoi brani erano in esposizione, o Mike Bongiorno: persona splendida, come sua moglie che una volta dimenticò una borsa su un tavolo. Allora non c’erano i telefonini e quando, dopo ore tornò indietro si stupì che l’avevamo custodita. Ci ringraziò tantissimo e la volta dopo tornò con un bel regalo.

Ricordo poi Milva, bellissima e sempre elegante, Iva Zanicchi, simpatica e chiacchierona. E poi gli attori Roger Moore e Sean Connery. Tutti compravano i prodotti locali ma i più ghiotti del miei panini alla frittata, erano i giocatori della Juve e del Torino. In questi giorni di nevicate mi è anche venuto in mente che io ero specializzata nel mettere le catene ad auto e camion.

Mi facevo pagare cento lire e mi divertivo a intuire prima la diffidenza e poi lo stupore degli automobilisti quando vedevano che a montare le catene era una donna. Per anni la società petrolifera, che allora era la Total, ci ha premiati per la gentilezza e la professionalità con le quali servivamo i clienti del distributore”.

“Chi però ci è rimasto più impresso e ci diede una grande lezione di vita - dice Bruno -, fu Michele Ferrero. Non sapevamo chi fosse: lui si fermava al bar e metteva in ordine gli espositori dei suoi prodotti e noi, pensando fosse un rappresentante, gli offrivamo il caffè. Solo dopo mesi ci disse chi era: teneva molto che i suoi prodotti fossero venduti nei bar dell’autostrada, che considerava una vetrina importante per la promozione e la vendita”. 

Ma la Verdemare, che inaugura il suo primo tratto nel 1960, ma solo nel 2001 completa il raddoppio, all’inizio presentava molte criticità.

“Era soprannominata l’autostrada della morte - spiegano Maria Pia e Bruno - perché il sorpasso alternato e le condizioni meteorologiche invernali con neve e gelo ma anche estive con la pioggia, rendevano la guida molto pericolosa. C’erano giornate intere con la viabilità bloccata e gli stranieri, soprattutto gli americani, che arrivavano e chiedevano dove iniziava l’autostrada. Per come sono abituati loro, quella che stavano percorrendo poteva essere giusto una brutta superstrada”.

L'autostrada era molto pericolosa nel tratto a carreggiata unica, dal km 13 al km 110, con la corsia centrale usata in modo alternato da entrambi i sensi di marcia per il sorpasso. Per questo motivo, a causa di sorpassi vietati e azzardati, accadevano frequentemente scontri frontali.

“Ricordo con dolore che nel 1971 - spiega Bruno - ci furono 91 incidenti di cui tre mortali. Ci fu addirittura un periodo nel 1980, in cui, a causa dell'eccessivo numero di incidenti mortali, l'autorità giudiziaria ordinò la chiusura al traffico dell'autostrada nel tratto Ceva-Altare in direzione Savona. Restò chiuso dal 17 luglio 1980 al primo ottobre dello stesso anno e fu riaperto solo perché  la corsia centrale di sorpasso fu eliminata, dipingendo al suo posto la zebratura, con un abbassamento del limite di velocità a 70 km orari”.

“Quanta vita abbiamo visto passare - concludono i coniugi Muratore -, promuovendo i prodotti delle nostre valli. I fughi ed i tartufi ma anche le robiole di Langa, le castagne e le patate, siamo stati i primi a venderle a chi abitava in città, che così portavano nelle loro case i sapori delle nostre vallate. Siamo stati il primo negozio bio, vetrina di quelle produzioni che oggi vengono tanto reclamizzate. E poi tra bar e distributore, abbiamo dato lavoro ad intere generazioni. Per questo possiamo capire l’amarezza di quei gestori che corrono il rischio di chiudere, di doversene andare. Ma capisco anche che è difficile far capire a Roma che quello che per loro è una semplice croce, per chi in quelle aree di sosta ci lavora da quando era ragazzino e ci ha costruito tutta la sua vita, dando lavoro ai giovani e alle aziende del territorio, è un pezzo di cuore che se ne va”.

NaMur (Redazione TargatoCn)