- 04 febbraio 2019, 11:07

"Il lavoro non c'è? Creiamolo", la risposta di un 27enne alla lettera di Stefania

La risposta: "A 27 anni vedo quel Ponte Morandi crollato come simbolo dell'eredità che ci hanno lasciato: solo noi possiamo ricostruirlo, ma per farlo abbiamo bisogno di conoscenza, esperienza e collaborazione"

Lo scorso 5 ottobre abbiamo pubblicato la lettera inviata alla nostra redazione da una nostra giovane lettrice, Stefania, di 27 anni. La ragazza condivideva l'amarezza di cercare impiego in un mercato del lavoro quantomeno disperante: "Il lavoro che non c'è - scriveva Stefania -. Valeva la pena studiare?". Una risposta alla sua domanda è arrivata da Andrea, un nostro lettore, anche lui di 27 anni, che ci ha inviato una bella lettera: la pubblichiamo integralmente.

 

 

Si, cara Stefania, valeva la pena.

Valeva la pena perché il giorno prima della mia laurea mi hanno proposto un posto in Svizzera.

Valeva la pena perché più che studiare, l'Università ti da possibilità di fare esperienze, conoscere persone e crearsi contatti.

Valeva la pena perché ho fatto due erasmus in due nazioni diverse, ho imparato 4 lingue e sto imparando la quinta.

Ma nonostante questo anche io provo una gran tristezza quando penso al mio paese.

Il problema non siamo noi della Generazione Y, ma la grande piattata di spaghetti scotta e scondita che ci hanno lasciato i nostri genitori ed ancora prima i nostri nonni. Tanto bravi a cucinare quanto poco capaci a cambiare le cose e dare una linea a questo paese diviso.

Siamo, un paese spezzato dove invece di collaborare ci critichiamo a vicenda, cosa in cui siamo bravissimi.

I problemi ci sono, noi dobbiamo portare adesso le soluzioni.

Quello che dobbiamo fare non è pensare al posto fisso, ma pensare a come ribaltare la nazione e rilanciare l'imprenditoria. Io adesso vivo all'estero, dove tra servizi e benefits potrei avere tutto per farmi una vita tranquilla, ma ogni volta che vedo il divario tra qui ed il posto in cui sono nato so che voglio fare qualcosa per cambiare le cose. 

Ci fanno credere che quel che conta è fare carriera nelle grande aziende, ma non è cosi.

Siamo un popolo di artisti ed inventori e quello che dobbiamo fare è reinventarci, a costo di partire e poi ritornare, perché sicuramente le idee vengono nel momento in cui usciamo dalla nostra comfort zone.

A 27 anni vedo quel Ponte Morandi crollato come simbolo dell'eredità che ci hanno lasciato: solo noi possiamo ricostruirlo, ma per farlo abbiamo bisogno di conoscenza, esperienza e collaborazione.

Non ti abbattere e prendi il coraggio di partire, non per abbandonare l'Italia, ma per conoscere nuovi modelli, fare esperienze e trovare supporto alle tue idee. Solo cosi è possibile riuscire a rialzare un paese lacerato da corruzione, disoccupazione e razzismo.

Il lavoro non c'è? Creiamolo.

Andrea

Redazione