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| 08 dicembre 2018, 13:49

Pegli, addio all’insegnante Gianna Pieraccini

Aveva lavorato per lunghissimi anni al liceo classico Mazzini, facendo lezione d’italiano e latino. Molto precisa e attenta, sapeva trasmettere il metodo, oltre che il suo immenso sapere. Il ricordo della figlia Ginevra

Pegli, addio all’insegnante Gianna Pieraccini

Ha insegnato a generazioni di studenti. Pegliesi soprattutto, ma anche delle altre delegazioni del Ponente cittadino, di Arenzano e Cogoleto.

Italiano e latino, latino e italiano: le sue più grandi passioni, che ha saputo trasmettere ai suoi ragazzi con impegno, con amore, con tenacia e sempre con il sorriso sulle labbra. Oggi il mondo della scuola, in particolare della succursale di Pegli del liceo ginnasio statale ‘Giuseppe Mazzini’ (ovvero il classico, che ha la sua sede centrale a Sampierdarena), da anni aperta e operativa presso i locali di Villa Doria, è un po’ più povero. Più spento, più triste. Perché manca un’insegnante brava, attenta, scrupolosa e preparata come Gianna Pieraccini. Si era ritirata da qualche anno a vita privata, dopo essere andata in pensione. Qualche problema di salute, poi culminato nella malattia che se l’è portata via qualche giorno fa, ne aveva minato il corpo, ma non certo la mente, l’intelletto, il suo grande e sconfinato sapere. Da qualche anno la ‘Piera’, come la chiamavano gli studenti, mancava dal ‘Mazzini’, ma è il momento del distacco terreno che fa sembrare il tutto come se fosse adesso, come se Gianna fosse ancora lì, con i suoi ragazzi, con il gesso in mano alla lavagna d’ardesia, con i tomi dell’antologia sempre sottobraccio insieme ai registri, ché mai la si era vista con una borsa o una cartella.

Con la Pieraccini se ne va un’epoca, un’insegnante capace di allevare e preparare ragazzi e ragazze, oggi uomini e donne, alcuni dei quali hanno poi fatto una notevole carriera nel campo della medicina, dell’insegnamento accademico, dell’ingegneria, della ricerca, del giornalismo. Gianna sapeva trasmettere l’amore per le sue materie, ma soprattutto per lo studio in generale. Perché sapeva dare il metodo, come un direttore d’orchestra sa dare il la, per far partire la sinfonia. Tra gli studenti del liceo (ché i primi due anni al classico si chiamano ancora oggi ginnasio), si diceva pure che sapesse tutta la ‘Divina Commedia’ a memoria, battendosela in questo campo con un altro grande docente di quei magnifici anni Novanta: il latinista e grecista ‘doc’ Gianfranco Fabiano.

Nomi che a tanti, seppur non tutti, oggi dicono qualcosa. Evocano ricordi, rinfocolano affetti, fanno scendere la lacrima della nostalgia. E non si può non guardare con un sorriso e dire un arrivederci pieno di speranze alla professoressa Pieraccini. La figlia Ginevra Barroero, che alla mamma era legatissima (e molti ex studenti se la ricordano perché aspettava la prof all’uscita della scuola), racconta con affetto e commozione: “Il ‘Mazzini’ di Pegli è stato la sua vita. E’ vero, ha insegnato in altre scuole e ultimamente presso la sede di Sampierdarena, dopo che si era trasferita a vivere in centro città, ma di quella esperienza presso Villa Doria parlava sempre volentieri, con trasporto emotivo immenso. Ultimamente si era ritirata a vita privata”.

Gianna aveva 73 anni. “E’ stata sfortunata - prosegue Ginevra - se n’è andata troppo presto. Io non sono mai stata sua alunna. Alla fine delle scuole medie, quando si era trattato di scegliere tra il classico e lo scientifico, non avevo avuto dubbi, ed ero andata allo scientifico. Ma la mamma, oltre a essere splendida come genitore, è stata un’insegnante pure con me. Molto precisa, molto attenta a ogni particolare, molto scrupolosa, senza però mai risultare pedante né sgradevole. Ci teneva tanto alla scuola”.

I ragazzi la ricordano nel tragitto da casa all’istituto: abitava in vico Condino, a duecento metri circa da piazza Bonavino, il suo posto di lavoro, se vogliamo dirla prosaicamente. Il suo amore, il suo impegno, il suo tutto, insieme alla famiglia: perché con Gianna non basta certo la prosa. Il personaggio lo merita assai e qui occorre dirla poeticamente. “Aveva la casa piena di libri, e non solo nel suo studio. La ricordo mentre correggeva i temi, è come se fosse adesso”.

Lei che amava, in particolare, il periodo iniziale della letteratura italiana: Dante, Petrarca, Boccaccio, gli Umanisti, i grandi autori del Cinquecento. Col Manzoni vedevi un attimo spegnersi il suo entusiasmo: andava fatto perché era nei programmi ministeriali, e ovviamente la professoressa si è sempre comportata con grande professionalità. Ma la poesia era altro, ce l’aveva dentro. Era come se ci fosse nata insieme. Toscana di origini, era rigorosa pure nell’utilizzo della lingua italiana. Non disdegnava anche i termini più ricercati e forbiti, nelle sue spiegazioni. Aveva un vocabolario amplissimo e ha sempre cercato di trasmettere ai ragazzi la varietà lessicale, il gusto nell’utilizzare tanti vocaboli, la ricca aggettivazione. Chissà quanto soffrirebbe, oggi, a vedere come la nostra lingua, la lingua di Dante e de’ fiorentini viene continuamente impoverita, involgarita, infarcita di inglesismi, di parole sincopate in stile sms, di porcherie varie.

Forse se n’è andata al momento giusto, per evitarsi questo flagello culturale. Ma forse no per i suoi affetti, per la figlia e il nipote, per i ricordi del tempo che fu. Quando perdi un’insegnante cara, perdi un po’ di te, del tuo passato. Oggi l’album dei ricordi è inevitabilmente listato a lutto. Ravviandosi i capelli scuri dietro l’orecchio, anche stamattina la ‘Piera’ avrebbe interrogato, spiegato, fatto collegio docenti, coordinato gli altri insegnanti, lei che della succursale era la referente presso il preside.

Dando amore tutta la vita, ora ha certamente raggiunto quello eterno. Quello con la A maiuscola. Come poetava il suo Petrarca: ‘Ma pur sì aspre vie né sì selvagge / cercar non so ch’Amor non venga sempre / ragionando con meco, et io col lui”. Ad maiora, mitica professoressa dei nostri cuori.

Alberto Bruzzone

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