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| 25 novembre 2018, 19:48

La Pegli degli anni Sessanta nel romanzo di Pino Gorziglia

Lo scrittore, ponentino doc, torna con il seguito di ‘Nel blu dipinto di blu’: la delegazione, nella sua ultima età dell’oro, fa da sfondo alle storie di un ragazzo, del suo maestro e di una donna eccezionale

La Pegli degli anni Sessanta nel romanzo di Pino Gorziglia

Un tuffo nella Pegli degli anni Sessanta. Grazie alla prosa coinvolgente di Pino Gorziglia, che trasuda, oltre a un’intensa narrazione, anche i profumi, i colori, le emozioni di quel periodo che tanti ancora ricordano di persona e altrettanti vivono con un pizzico di nostalgia.

Dopo il buon successo del suo romanzo d’esordio, ‘Nel blu dipinto di blu’, Gorziglia ritorna al lavoro e dà alle stampe, per i tipi dell’editore genovese De Ferrari, il seguito di quella storia. ‘Domenica è sempre domenica’ è uscito da qualche settimana e si può acquistare nelle principali edicole e librerie della delegazione. Un posto molto caro all’autore, tant’è vero che, tra un romanzo e l’altro, gli ha pure dedicato una monografia: ‘Pegli, il primo squarcio d’azzurro’, sempre edita da De Ferrari.

Sabato 15 dicembre, presentazione del libro alle 15,30, presso l’Associazione Culturale Donne Insieme, in via Varenna 101 a Pegli.

Gorziglia, ex impiegato di banca e giornalista sportivo per passione, grazie al suo infinito amore per lo sport, unito a una fervida memoria storica, in particolare delle vicende calcistiche sotto la Lanterna, è un pegliese doc. Lui negli anni Sessanta c’era. Ha vissuto l’età dell’oro del Ponente genovese, quando ancora arrivavano turisti a frotte, pure stranieri, a Pegli si poteva ballare in discoteca, si faceva musica dal vivo e delle partite di calcio si poteva ascoltare solamente il secondo tempo alla radio. Ma mica di tutte. Solo dell’incontro clou della giornata. Per sapere il risultato del Genoa, spesso, se non passavi da una delle tante ricevitorie, compresa la mitica Boldrini sulla passeggiata, potevi anche aspettare sino ai giornali del giorno dopo. L’autore lo ricorda con un sorriso: in tempi di Sky, Dazn, dirette online e quant’altro, oggi al confronto sembriamo nella fantascienza. “Anche se io - afferma - ho sempre preferito andare allo stadio. E lo faccio ancora adesso. Sono abbonato al Genoa da moltissimi anni”. Lo stadio è uno degli ambienti dell’ultimo romanzo. Insieme a molto altro. “Nel blu dipinto di blu - ricorda Gorziglia - terminava con un finale ‘aperto’. Quindi ho pensato di andare avanti con questi personaggi. In questo secondo capitolo, Luisa ed Emilio sono sposati e il loro figlio Guido va alla scuola elementare. Qui c’è un maestro di origini calabresi, di nome Caricari, che cerca di infondere ai suoi alunni una ventata di ottimismo. Siamo lontani dal carattere chiuso e mugugnone dei genovesi e si cerca, grazie a questo insegnante, di esorcizzare quella crisi che, in effetti, in molte famiglie è ben presente. Ma ecco pure un’altra coppia, quella formata da Alberto e Carmen, lei con un passato ‘pesante’, e ancora Renata, che ha legato la sua esistenza a quella di un partigiano”.

Sono tutti personaggi tratteggiati con finezza, con gusto, con amor di precisione. Nelle pagine di Gorziglia emerge il puntiglio dell’uomo dei numeri (che proviene dalla sua professione di una vita), coniugato a una fantasia particolare, dove il fatto storico incrocia l’invenzione in maniera sempre armonica. C’è spesso un velo di nostalgia, ma la scrittura brillante dell’autore aiuta a rompere l’illusione scenica, a passare alla pagina successiva senza perdersi mai. E, alla fine, si ha come l’impressione di riemergere da un tuffo in un mare del quale non ci si vorrebbe saziare mai. Come quei bambini che non vogliono più uscire dall’acqua. Si diceva dello sport. Un elemento dominante. Luci accese allo stadio ‘Ferraris’ di Marassi nel dicembre del 1959: “E’ il 20 agosto, in campo ci sono Genoa e Alessandria. Nella formazione ospite milita un grande campione come Rivera. Il Genoa riesce a vincere per 1-0. In tribuna c’è un Fausto Coppi febbricitante. Di lì a pochi giorni sarebbe morto, per conseguenza della malaria contratta durante un viaggio in Africa”. E’ dentro le sue passioni che Gorziglia ambienta la storia. Vuole essere ‘profeta in patria’, grazie a una Pegli formato anni Sessanta che sa tratteggiare egregiamente. E dove c’è spazio pure per parlare d’integrazione: “Non c’entrano ‘barconi’ di immigrati, ovviamente. Un tempo, il ‘nemico’ erano i meridionali. Che venivano sempre guardati con sospetto. Carmen, una donna bellissima, arriva dal Sud, molti sono diffidenti con lei, la fatica a stringere legami è tanta”. Ma è proprio lei, con la sua scelta di campo, a regalare al romanzo il finale più bello. Quello che non ti aspetteresti mai. Un vero inno alla libertà, di pensiero e di azione. Perché, come cantava Mario Riva, ‘Domenica è sempre domenica’.

Alberto Bruzzone

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