Attualità - 16 novembre 2018, 17:30

Un raro fossile di balenide impreziosisce il Museo Archeologico del Finale (FOTO e VIDEO)

L'oggetto è stato donato all'istituzione museale da Roberto Simonetti, discendente di colui che ha ritrovato il reperto

Un nuovo, raro e prezioso "gioiello" va ad arricchire la già nutrita collezione di reperti del Museo Archeologico del Finale, nel plesso monumentale di Santa Caterina.

Si tratta di una parte del muso di un cetaceo frutto di un ritrovamento in valle Aquila addirittura risalente agli anni '20 e oggi donato all'istituzione museale da Roberto Simonetti, ultimo discendente di colui che fu "padre" dell'incredibile ritrovamento.

Durante l'evento di presentazione appositamente organizzato, spiega il professor Daniele Arobba, direttore del Museo: "Il fossile fu ritrovato immerso in un blocco di pietra del Finale. Essa risale all'Oligocene, circa 28 milioni di anni fa. All'epoca questo nostro territorio era conformato come un vasto golfo, con acque non particolarmente profonde, stimate tra i 60 e i 70 centimetri, e con falesie a Nord. In un mare certamente più caldo di quello odierno si era spiaggiato questo grande mammifero marino, forse in cerca di cibo, in un periodo indicativamente databile tra 11 e 16 milioni di anni fa".

Spiega ancora Arobba che l'eccezionalità dell'evento è anche legata alle dimensioni del fossile, che misura poco meno di un metro: "Ad oggi la nostra collezione per quanto riguarda l'ambiente marino è fatta soprattutto di lamellibranchi, gasteropodi, echinodermi, ma pochi animali vertebrati di grandi dimensioni. Abbiamo la costola di un sirenide, appartenente alla famiglia degli odierni dugonghi, ed abbiamo alcuni denti di squalo di grandi dimensioni, tanto che nemmeno l'Istituto di Geologia di Genova ne possiede di così grandi. Ma questo è ad oggi il fossile marino più imponente di cui siamo in possesso".

Racconta il direttore del museo che inizialmente si era pensato a una parte di costola di un animale più piccolo, invece a un'analisi più accurata si è scoperto che non è né una vertebra né un ramo mandibolare, ma appartiene alla zona mascellare. Ed essendo solo un frammento non consente di stabilire le corrette dimensioni dell'animale intero (che comunque, dovevano essere considerevoli).

Difficile anche fare una corretta datazione: con le tecniche a radiocarbonio è impossibile, in quanto essendo ormai un fossile mineralizzato non c'è più presenza di carbonio. E in ogni caso questo sistema può arrivare indietro fino a 40mila anni, mentre qui stiamo parlando, come si è detto, di diversi milioni di anni. Pertanto il Comune e il Museo sperano che sia possibile realizzare una TAC che renderebbe più sicure molte informazioni.

Attualmente è in costruzione una teca per ospitare il reperto, che dovrebbe essere ultimata prima delle festività natalizie. Inoltre questo balenide sarà descritto in un volume oggi in avanzato stadio di preparazione da parte del Museo e dedicato proprio alla Pietra del Finale, dove sarà presente un contributo di Michelangelo Biscotti, Paleontologo di Livorno. E quando il reperto sarà esposto, recherà una targa sottostante nella quale si ricorderà che grazie a Roberto Simonetti il mondo culturale finalese può godere di questa preziosa testimonianza della nostra preistoria.

In questa videointervista, l'assessore ai lavori pubblici Andrea Guzzi offre un parallelismo tra cetacei di ieri e di oggi, in una carrellata sugli eventi già organizzati sul tema e altri in preparazione:

 

Daniele Arobba (Direttore del Museo Archeologico) e Roberto Simonetti (donatore del reperto) raccontano che cosa significa questo gesto per il Finalese:

Alberto Sgarlato