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| 07 novembre 2018, 17:32

Lello Liguori: “Il Covo distrutto, un’immagine che mi spezza il cuore”

Parla lo storico patron della discoteca di Santa Margherita: “Il mare ha spazzato via storia, sogni e progetti. Chissà se riusciranno a ripartire. Portofino isolata? La strada è solo l’ultimo colpo. La magia della bella vita si era già persa da un bel pezzo”

Lello Liguori: “Il Covo distrutto, un’immagine che mi spezza il cuore”

Il simbolo, tragico e desolante, della mareggiata di fine ottobre che ha devastato il Tigullio sono le fotografie del Covo di Nord Est. Drammatiche, quasi irreali, eppure paurosamente vere.

E’ successo tutto, è successo sul serio. E ora i danni sono enormi, il dispiacere immenso, la fatica troppa e la voglia di riaprire poca. Il giorno immediatamente successivo al disastro, al momento della conta dei danni, il titolare Stefano Rosina, che gestisce da una decina d’anni lo splendido affaccio sul mare di proprietà della famiglia Ciurlo, e al quale va dato il gran merito di aver riaperto la discoteca dopo un periodo di buio, non si è espresso sul futuro.

Difficile, infatti, fare qualsiasi tipo di previsione di fronte a uno scenario così: gazebi spazzati via da ogni parte, i divanetti azzurri scaraventati contro le scogliere, tendaggi strappati, vetri rotti, legname e spazzatura che hanno invaso i vari livelli del locale. E ancora: frigoriferi rovesciati, tavoli sottosopra, bottiglie rotte. Come se fosse scoppiata una bomba.

Anche Lello Liguori, che del ‘Covo’ è stato il più longevo e famoso gestore, nel periodo d’oro tra gli anni Ottanta e Novanta, ha visto le immagini e ha sofferto molto. Oggi ha 84 anni, vive lontano dalla Liguria, sta pian piano guarendo da un brutto incidente e ha ancora voglia di dare una mano. Ma questo è il momento della riflessione: “Vedere così il locale mi spezza il cuore. Nella mia carriera ne ho gestiti moltissimi, sino a quaranta, ma il ‘Covo’ è una storia ben diversa. Il ‘Covo’ è stato la mia vita. Che dispiacere”.

Tutti in Liguria ricordano Liguori, in particolare tra Genova e il Tigullio. Lui ricambia, e ricorda altrettanto tutti. A 84 anni ha una memoria lucidissima. E ancora moltissimi contatti. “Ho sentito Rosina poco tempo fa, a proposito del ‘Covino’. Gli ho raccontato di una discoteca di piazza Cordusio a Milano che è costantemente piena di ragazzini, anche al pomeriggio. Hanno delle belle idee, si sarebbero potute trasferire in Liguria. Ferma restando la campagna contro gli alcolici che ho sempre condiviso. Poi però, purtroppo, è arrivata la mareggiata a infrangere non solo il locale, ma anche i progetti e i sogni”.

Lo storico patron del ‘Covo’ chiede informazioni sui danni: “Si conta di poter rimettere tutto insieme? A vedere le immagini sembra difficile. Dipenderà anche dagli indennizzi che arriveranno e dalla volontà della famiglia Ciurlo. Ovviamente, io spero che si possa ripartire. Anch’io ho avuto due mareggiate, nel 2001 e nel 2002, ma una devastazione del genere mai l’avevo vista né vissuta”.

Liguori ha guidato il ‘Covo’ per circa quarant’anni. “Nel 2002 ero preparato con i vetri antisfondamento, che hanno fermato la violenza delle onde. E poi, dalla parte del mare io avevo il palcoscenico, che ha sempre fatto da barriera. Gli attuali gazebi, per quanto belli, hanno indebolito la struttura. Capisco che sia cambiato il genere di offerta e quindi il palco non fosse più necessario, ma secondo me sono state tolte delle difese”.

Impossibile, parlando con Liguori, non ricordare gli anni d’oro. “Dal 1987 in poi fu il vero boom. Al ‘Covo’ vennero tutti, ma proprio tutti i grandi artisti dell’epoca, italiani e internazionali. Ho fatto cinquecento spettacoli con americani. Non dico una cifra a caso, è proprio quella. Dieci volte Ray Charles, e poi Frank Sinatra, James Brown, Julio Iglesias. Riempivamo il ‘Covo’ con clienti da ogni parte d’Italia. Poi è iniziato il declino e il locale man mano è diventato essenzialmente ligure e genovese. Rosina ha avuto il merito di investirci tanto e di riaprirlo, ma l’impronta non è più quella di una volta. D’altra parte, anche i personaggi non sono più quelli di una volta, a partire da Portofino. La contessa Agusta è morta, Puny è morto. Sono stati brutti colpi. Portofino è rimasta isolata, ma non solo come strada, intendo in un senso molto più ampio. Il turismo d’elite è finito”.

Non è un punto di vista esclusivamente personale. Tanti la pensano come Liguori: la perla del Tigullio trasformata ormai in un centro commerciale, senza arte né parte. Senza storicità, senza nulla di diverso rispetto ad altri splendidi borghi del Mediterraneo. “Arrivano i passeggeri delle crociere, sbarcano in migliaia, fanno acquisti, mangiano nei locali e se ne vanno. Per i commercianti può anche andare bene, ma la magia della bella vita si è persa. E temo che si sia persa per sempre. Questa mareggiata ha dato l’ultimo colpo”.

 

Alberto Bruzzone

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