- 07 novembre 2018, 15:32

Intervista al Consigliere Delegato di UBI Banca Victor Massiah sui risultati dei primi nove mesi dell’anno

Il Consiglio di Gestione di Unione di Banche Italiane Spa (UBI Banca) ha approvato i risultati consolidati dei primi nove mesi del 2018.

Il Consiglio di Gestione di Unione di Banche Italiane Spa (UBI Banca) ha approvato i risultati consolidati dei primi nove mesi del 2018, che si sono chiusi con un utile di 210,5 milioni o di 260,6 milioni al netto delle poste non ricorrenti legate alla realizzazione del Piano Industriale.

I risultati consolidati del Gruppo UBI includono, a partire dal 1 aprile 2017, le 3 Banche recentemente acquisite. Il terzo trimestre del 2018 si è chiuso con un utile al netto delle componenti non ricorrenti di 38,5 milioni (101,1 milioni di euro nel 2trim2018 e 37,3 nel 3trim2017). Tale utile si raffronta con un utile netto di 91,2 milioni nel 2trim2018 e di 6,4 milioni nel 3trim2017.

Questa l'intervista al Consigliere Delegato di UBI Banca Victor Massiah sui risultati dei primi nove mesi dell’anno – 7 novembre 2018Consigliere Delegato del Gruppo UBI Banca.

 

Dott. Massiah, nelle ultime settimane le notizie dei mercati in Italia, ma anche all’estero, sembrano additare una nuova fase di turbolenza per l’economia che potrebbe arrivare a colpire imprese e famiglie. Lei ancora recentemente ha invitato alla prudenza e dichiarato che l’anno che sta per chiudersi sarà migliore del precedente. Cosa la spinge a tali considerazioni di cauto ottimismo?

E’ oggettivo che il contesto internazionale è più difficile. Siamo di fronte a dei bivi. La presunta o potenziale guerra commerciale dei dazi è una guerra vera o è semplicemente un posizionamento negoziale che poi si rivelerà essere semplicemente una tattica e non una strategia? Ovviamente auspichiamo la seconda ipotesi, ma andremo a vedere quello che sarà l’effettivo risultato. Questo che si sta creando è però un contesto di attese più negative. D’altra parte anche le ultime statistiche sulle crescite internazionali ci dicono di crescite ancora positive ma inferiori, in termini di dimensioni e di intensità, a quelle che ci sono state sino ad oggi, con l’eccezione importantissima degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda il nostro Paese è evidente che questa minaccia di un contesto internazionale più chiuso al commercio internazionale stesso è qualcosa di negativo per le nostre industrie, le quali - come sappiamo tutti - sono più influenzate dalla componente di export che dalla componente di consumo interno. È altrettanto vero però che fino ad oggi il consumo interno si è rivelato sufficientemente positivo e, seppur con l’ultima frenata dell’ultimo trimestre, ci troviamo comunque con un consolidato a livello annuo di quasi l’1% di crescita e quindi siamo ancora in territorio positivo. Da qui il mio primo invito a “non esagerare”: in confronto alla crisi precedente, dove eravamo in presenza di PIL negativo anche in intensità importante, ci troviamo ancora con un PIL positivo. È ancora più vero che sia dal lato imprese sia dal lato banche ci troviamo con strutture organizzative molto più robuste di prima, e comunque più robuste che al tempo della precedente crisi. Sia dal lato delle imprese, che hanno saputo riconfigurarsi e che hanno subìto una vera e propria selezione darwiniana, sia dal lato delle banche, che emergono, come abbiamo visto anche dagli ultimi stress test, più solide dal punto di vista della patrimonializzazione e della resistenza a eventuali urti. Per quanto ci riguarda ho detto che mi aspetto un risultato complessivo annuo migliore di quello dell’anno precedente, e lo confermo. Anche questi ultimi risultati di quest’anno, di questo trimestre in particolare, ci dicono che stiamo sopportando bene questa volatilità sui mercati. È vero che inevitabilmente l’incremento dello spread ci ha portato ad avere un impatto in senso negativo sul patrimonio, ma altre voci, altre componenti ci hanno permesso di assorbire completamente questo impatto negativo, tant’è che il coefficiente patrimoniale CET1, quello più rilevante per la misurazione della solidità è allo stesso identico livello di quello di giugno, quindi questo vuol dire che la nostra banca è stata in grado di assorbire l’allargamento dello spread senza avere conseguenze sui coefficienti patrimoniali. Resta vero che se non ci fosse stato avremmo avuto coefficienti patrimoniali più alti, però intanto “portiamo a casa” una solidità e una capacità di resilienza che è stata tipica anche durante le crisi precedenti e che confermiamo in questo trimestre.

I risultati dei recenti stress test promossi dall’EBA e le conferme che arrivano da importanti società di rating come S&P sembrano confermare anche in questa fase turbolenta la resilienza di UBI Banca, sia come impresa, sia dal punto di vista della sua struttura finanziaria. Quali sono a suo avviso i principali punti di attenzione per i prossimi mesi?

È evidente che, se da un lato gli stress test dimostrano che siamo tra le banche meno impattate in un contesto di stress – lo dimostra il fatto che l’esito complessivo dell’impatto è nella parte inferiore in termini di impatto della media europea – e questo è un fatto che evidentemente ci fa molto piacere, dall’altro lato è oggettivo che la dimensione dei coefficienti patrimoniali in Europa diventa sempre più elevata e quindi che il concentrarsi su un ulteriore arricchimento dei nostri coefficienti patrimoniali deve essere - ed è sempre stato – parte della nostra strategia. Abbiamo tutta una riserva di DTA (deferred tax asset – vantaggi fiscali differiti, ndr) che ammonta a circa ottocento milioni, che sono tutti da sfruttare, e che sostanzialmente faranno parte della nostra strategia per il prossimo periodo.

Venendo ai risultati di questa trimestrale, quali sono i fatti più rilevanti?

Direi che innanzitutto dobbiamo sottolineare due componenti di carattere straordinario. La prima è la conclusione dell’accordo sindacale, l’ennesimo accordo sindacale, in perfetta linea e coerenza con tutti quelli precedenti, quindi di accompagnamento delle nostre risorse più anziane verso l’esodo pensionistico. Il costo è di 55 milioni lordi una tantum appostati in questo trimestre. Il secondo è l’evento della GACS. È stata finalizzata la GACS, la quale a sua volta ha avuto un costo coerente con quello previsto. L’insieme di questi due costi, nettati del loro impatto fiscale, rappresentano circa 90 milioni di euro netti che mancano all’utile netto stated, e questa cosa ci dice che obiettivamente, nonostante la volatilità del mercato, nonostante l’effetto dello spread, noi ci siamo trovati a produrre comunque una componente economica interessante anche questo trimestre, dimostrando anche sul lato economico e non solo sul lato patrimoniale quella resilienza di cui parlavo prima. Per quanto riguarda le voci più importanti di conto economico il margine di interesse ha risentito nel terzo trimestre in termini positivi di una componente di ulteriore riduzione del costo del funding di un basis point, quasi inatteso se consideriamo il fatto di quanto è stato incrementato sui mercati il costo del funding stesso. Siamo riusciti a far questo grazie alla capacità di sostituire alcune delle emissioni istituzionali con emissioni interne che sono state fatte evidentemente secondo la nuova logica del bail in, secondo le regole del Mifid 2, ma che siamo riusciti a fare grazie alla fiducia confermata, da parte dei nostri clienti, nel profilo di rischio della banca. Quella che deve ancora essere “messa a terra” fino in fondo è la componente di riprezzamento degli impieghi. È un lavoro in corso, un lavoro che abbiamo iniziato da luglio, è un lavoro che è difficile da fare perché in un contesto competitivo comunque ancora molto elevato ma che è inevitabile perché razionale: se la componente di “materia prima” aumenta il suo costo, e ciò sui mercati internazionali sta avvenendo, se il profilo di rischio si accentua di nuovo un poco perché inevitabilmente la volatilità porta con sé un profilo di rischio un po’ più elevato, noi dobbiamo essere capaci di ricondurre la componente di prezzo degli impieghi a questo nuovo contesto, ed è il lavoro in corso che il nostro commerciale sta svolgendo e che so essersi accentuato nel corso dell’ultimo trimestre. Per quanto riguarda la componente costi è di nuovo, come sempre, come “da tradizione”, tutto perfettamente sotto controllo. Assistiamo a una ulteriore riduzione degli stessi, l’“anno su anno” è qualcosa di importante, l’integrazione delle tre banche ormai è definitivamente completata e i benefici cominciano ad apparire in maniera sempre più significativa. Per quanto riguarda il costo del credito, le variabili fondamentali dimostrano di nuovo una situazione sotto controllo; i nuovi crediti non performanti sono tornati, in termini di flusso e di percentuale di afflusso, ai livelli pre-crisi, abbiamo una situazione di stock che si è ridotto sensibilmente, grazie anche alla finalizzazione delle GACS di cui ho parlato prima, e un ulteriore contributo alla riduzione verrà dalla finalizzazione della componente non GACS dell’FTA (prima adozione IFRS9, ndr) che abbiamo annunciato, che prevediamo di concludere tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno prossimo. Nell’insieme, una banca che riesce a navigare in maniera molto buona nonostante i mari molto più tempestosi, e che dimostra per l’ennesima volta di conoscere il proprio porto e di saperci arrivare.