E’ il papillon più famoso della televisione (insieme a quello di Philippe Daverio), ma soprattutto è un meteorologo affermato, uno studioso scrupoloso e un prezioso divulgatore scientifico.
Luca Mercalli, torinese classe 1966, per tutta la sua carriera si è occupato di clima, di ambiente, di fenomeni naturali. Ha scritto decine di libri, pubblicato articoli su riviste internazionali, organizzato migliaia di incontri e conferenze. L’obiettivo è chiaro: sensibilizzare le persone, far loro conoscere il concetto di cambiamenti climatici, di riscaldamento globale, di scioglimento dei ghiacci e quant’altro. Più consapevolezza c’è, più si possono adottare correttivi per evitare catastrofi. Nel suo ultimo libro, uscito lo scorso 9 ottobre, Mercalli, noto ai più come meteorologo a ‘Che tempo che fa’, tocca questi e altri argomenti. Il saggio s’intitola "Non c’è più tempo - Come reagire agli allarmi ambientali", lo pubblica Einaudi.
Mercalli, come si può spiegare quanto successo ieri in Liguria? E’ un fenomeno raro?
“Raro direi assolutamente di no. Già nel 2011 in Liguria accadde qualcosa di simile: l’alluvione delle Cinque Terre, seguita da quella di Genova, insieme ad altre giornate di forte maltempo e fenomeni climatici assolutamente notevoli. Purtroppo questi eventi, lo dico con amarezza, mi paiono ormai inevitabili”.
Là furono le piogge, ieri il mare: il grande responsabile di distruzione e danni enormi.
“Le conseguenze possono variare, ma le cause partono sempre dallo stesso punto. Ovvero l’aumento di temperatura del pianeta. Il riscaldamento globale è il grande nemico. E’ quello che sta provocando questo cambiamento climatico, che ormai è sotto gli occhi di tutti”.
A metà ottobre, solo qualche giorno fa, in Liguria si faceva ancora il bagno.
“Appunto. Questo deve far riflettere. L’estate che si è da poco conclusa, è stata la quinta più calda della storia, in Italia, da quando si fanno le rilevazioni. Che cosa significa questo? Che la temperatura del mare si è alzata, c’è stata più evaporazione e si sono andate a rinforzare sia le nubi che il vento. Le nubi portano piogge copiose, vere e proprie bombe d’acqua. Un vento forte come quello di ieri può provocare le mareggiate che abbiamo visto. Ma tutto, ripeto, parte sempre dallo stesso punto: il riscaldamento eccessivo della Terra”.
Quali studi effettuate, di fronte a questi fenomeni?
“E’ molto difficile studiare e classificare questi fenomeni dal punto di vista scientifico. Ancor più difficile dare una spiegazione. Non sappiamo dire quanto il riscaldamento globale andrà ad amplificare fenomeni già noti. Li possiamo invece studiare a posteriori. Io credo, comunque, che senza il mare così caldo una tempesta come quella di ieri sarebbe stata meno intensa. A dare una misurazione precisa servono però gli studi scientifici. Si possono fare simulazioni matematiche: per vedere se con o senza riscaldamento globale certi eventi come piogge e mareggiate sono più o meno intensi, e in che percentuale”.
Che cosa si può fare di fronte a questo scenario?
“L’aumento della temperatura terrestre è ormai un fatto. Non è che si possa tornare indietro. Via via che la Terra si riscalda, questi fenomeni estremi possono diventare ancor più intensi e frequenti. Non possiamo più fare correttivi. Ci sono invece due strategie, che sono entrambe riconosciute dalle Nazioni Unite: mitigazione e adattamento. Mitigazione: ovvero ridurre l’inquinamento, tra le cause principali dell’aumento delle temperature. Adattamento: ovvero rinforzare le nostre strutture di difesa, oltre che sensibilizzare sempre di più sulla protezione civile delle persone, sulla loro messa in sicurezza”.
Il titolo del suo ultimo libro è molto d’effetto: ‘Non c’è più tempo’.
“Infatti: inizia a mancare il tempo per comprendere che quella climatica e ambientale è un’emergenza di cui dobbiamo a tutti i costi occuparci. Siamo un pezzo di natura, lo dice la scienza ecologica, e se la natura si degrada anche noi facciamo la stessa fine. Partiamo da dove posiamo i nostri piedi. Ogni secondo in Italia spariscono sotto cemento e asfalto due metri quadrati di suolo. Eppure il suolo è la nostra assicurazione sul futuro, per produrre cibo, per filtrare l'acqua, proteggerci dalle alluvioni, immagazzinare CO2. La sua perdita irreversibile è un grave danno per noi e per figli e nipoti. Tanto più in epoca di riscaldamento globale che, inducendo fenomeni meteorologici estremi (alluvioni, siccità, ritiro dei ghiacciai e aumento dei livelli marini) minaccia il benessere nostro e delle future generazioni. Eppure ci sono molti modi per risparmiare energia evitando di aggravare l'inquinamento atmosferico o per non sprecare inutilmente le risorse naturali che scarseggiano mettendo a rischio il futuro. Io lo scrivo da molti anni e in questo libro propongo un compendio di riflessioni, prendendo lezioni di metodo e di vita da Primo Levi”.