- 27 settembre 2018, 08:00

Miriam Vassallo: "All'asilo la creatività si stimola con la pratica". Ma non 2.0

Le scuole, asili compresi, sembrano diventare sempre più tecnologici. Ma a sviluppare la creatività e l'intelligenza servono davvero il tablet o il coding? Lo abbiamo chiesto a Miriam Vassallo, insegnante alla scuola materna "XVI Giugno" di Sestri Ponente

Michael Resnick, docente del famoso Mit (Massachusetts Institute of Technology) e ideatore di Scratch, la piattaforma usata da oltre 30 milioni di bambini per imparare a programmare in modo creativo (il coding), sostiene che la scuola dovrebbe assomigliare a un asilo, stimolando la creatività attraverso la pratica. E per questo, dirigendo il gruppo Lifelong Kindergarten del Mit, ha trasformato i cosiddetti “doni” di Frőbel, cubetti e così via, nella versione hi-tech, cioè digitale, con un kit di robotica. E la prospettiva, anche in Italia, è quella di scuole sempre più tecnologiche, asili compresi. Ma effettivamente è così? Le nostre scuole sono all’altezza, anche per quanto riguarda gli spazi? Lo abbiamo chiesto a Miriam Vassallo, che di creatività e bambini se ne intende. Docente di Sostegno alla Scuola dell’Infanzia “XVI Giugno” a Sestri Ponente, diplomata al liceo artistico, laureata in Scienze dell’Educazione, ha un passato da scout e da volontaria in una struttura per minori a rischio. E ha 5 figli.

Dal punto di vista tecnologico la tua scuola è attrezzata? 

Nella nostra scuola, la “XVI Giugno” a Sestri Ponente, che fa parte dell’Istituto Comprensivo San Giovanni Battista, non siamo avanzati tecnologicamente, anche per un problema di copertura di rete, trovandoci sulle alture. Da questo punto di vista siamo penalizzati. Inoltre abbiamo alcuni computer, ma vecchi, mentre con i punti Coop siamo riusciti a prendere un tablet e un pc nuovi. In linea teorica la tecnologia, se usata in un certo modo, può essere un mezzo per sviluppare la creatività, vista anche la realtà in cui i bambini sono immersi, e se ci fossero gli strumenti in tutte le scuole, penso sarebbero utili, ma il problema è far capire ai bambini come usare la tecnologia e che esiste anche altro.

La tecnologia quindi non è indispensabile per sviluppare la creatività e l’ingegno?

Si può sviluppare dando ai bambini la possibilità di fare esperienze che una volta si facevano normalmente a casa o per strada e che ora invece non sanno nemmeno che esistano. Per esempio abbiamo dato loro dei legnetti raccolti nel bosco, perché costruissero quello che volevano. Siamo rimasti sorpresi, soprattutto dai bambini generalmente più agitati e incontenibili, che hanno dato prova di creatività incredibile, a differenza di altri, in genere calmi e precisi, che invece erano spaesati.

Quindi con poco anche i bambini più vivaci possono essere stimolati?

Sì, basta poco, così, anche a ribaltare i loro ruoli in classe, e a trovare lo stimolo con cui, facendo esperienze, possano trovare la loro strada. Spesso, infatti, i bambini considerati un po’ difficili in un certo tipo di ambiente, e che magari non sembrano particolarmente brillanti, invece in un contesto diverso si scoprono, per alcuni aspetti, superiori agli altri. In questo modo si gratificano e capiscono che ci sono cose che sanno fare bene, il che è un arricchimento per tutti. Cerchiamo, infatti, di dare più input possibili in questo senso, e la nostra intenzione è quella di aiutarli, fin da piccoli, a trovare la loro strada, scoprendo quante diverse possibilità hanno. Perché spesso dispongono di un ventaglio limitato di proposte, in base anche ai genitori e alle attività sperimentate al di fuori. Invece, nel nostro piccolo, cerchiamo di gratificare i bambini, facendo loro capire non c’è un bambino più bravo o meno bravo, ma ci sono tante capacità diverse e intelligenze diverse, per cui ognuno può spiccare in un ambito differente. Gli istituti comprensivi, infatti, servono a dare continuità tra asilo, primaria e secondaria: il curricolo verticale è pensato nell’ottica di quello che potenzialmente potrebbero fare in futuro, con un orientamento che non parta dalla terza media, ma prima. Così si potrebbero prevedere anche tanti progetti da attuare ad hoc, anche con le scuole superiori.

I bambini, nativi digitali, hanno difficoltà poi a compiere gesti semplici, come sfogliare le pagine di un libro, essendo abituati al touch screen. È così?

Sì, noi dobbiamo lavorare più di quanto si facesse un tempo, sulla motricità fine: il bambino è abituato a fare certi movimenti, come fare scorrere le foto o cliccare, ma non ha la capacità di inserire nell'asola il bottone, per cui ha anche difficoltà negli esercizi propedeutici per tenere in mano una matita. Quindi vediamo che tornare al passato con materiali poveri e semplici, anche per stimolare la creatività in modo diverso, è importante. La tecnologia è il futuro, ma quello che cerchiamo di fare è dare la percezione che si possa usare da protagonisti, per creare qualcosa, e senza subirla, scorrendo immagini o facendo giochi fine a se stessi.

Resnick parla della capacità di pensare in modo creativo per poter risolvere i problemi. La pensi così?

L’intelligenza logico-matematica e la creatività non penso siano separate. Alla base della scuola dell’infanzia c’è proprio l’esperienza: dal sapere giocato, esperienziale, si passa al concetto. Mentre negli altri gradi scolastici si inizia con le regole teoriche e poi si fa un po’ di pratica, qui il modo di lavorare è diverso, partendo, per esempio, dalle loro esperienze di vita quotidiana. I bambini, infatti, arrivano a comprendere concetti teorici, perché fin da piccolissimi si rapportano con la matematica. Si tratta di partire dalle esperienze, facendo loro delle domande: predisponiamo i giochi in modo che loro si pongano dei problemi da risolvere. Da qui arrivano competenza e sapere, specialmente nel confronto in gruppo tra pari. Il nostro ruolo in questo è fornire stimoli. E poi la creatività è importante e da lì nascono le idee geniali, quindi bisogna sempre coltivarla. Noi, rispetto ai docenti degli altri ordini e gradi scolastici, che subiscono maggiormente l’ingerenza dei genitori, abbiamo più libertà per cercare di tirare fuori più potenziale possibile.

Negli altri ordini scolastici lo stimolo alla creatività e al sapere pratico diminuiscono.

Le nuove linee del Ministero vanno sempre più verso il “compito autentico”, che è un metro di valutazione sia in uscita dalla primaria sia in terza media, e che serve ad applicare la teoria al quotidiano. Questo perché magari sanno fare operazioni complesse, ma non sanno organizzare concretamente qualcosa, e il sapere, così, si perde. Allora una prova, un compito autentico, consiste, ad esempio, nell’organizzare una gita scolastica in cui la classe chiede preventivi alle agenzie di viaggio, li valuta, tiene conto degli ingressi ai musei e così via. Oppure alle elementari si va a fare la spesa per imparare a gestire i soldi. Poi sta alla fantasia dell’insegnante. L’importante sarebbe lavorare sempre per compiti autentici, ma salendo di ordine scolastico questo, appunto, si perde.

E poi ci sono anche le questioni di genere: esistono ancora gli stereotipi?

Mediamente, senza generalizzare troppo, direi che i maschi sono più irruenti e materiali, mentre le bambine arrivano più posate e, nell’evoluzione dai 3 ai 5 anni,  si mettono prima a disegnare e a creare qualcosa, mentre i maschi sono più legati al contatto fisico, al gioco della lotta, al fatto di spingersi. Spesso vediamo effettivamente una minore autonomia del maschio, non so se dovuta anche inconsciamente all’educazione ricevuta in famiglia, mentre la femmina tende a essere responsabilizzata, anche facendole fare giochi legati alle faccende domestiche. Noi, invece, cerchiamo di lasciarli liberi di sperimentare, per cui se un bambino sceglie una bambola e se ne prende cura, siamo contenti. E tanti maschi cercano questo come esperienza; il problema è che quando raccontano ai genitori di averlo fatto, andandone fieri, alcuni padri spesso li rimproverano. Da qui deriva la frustrazione del bambino, che da una parte si sente denigrato dal genitore, che è il riferimento più importante, mentre dall'altra si è sentito gratificato dall’esperienza, che è stata bella. Quindi è fondamentale che i bambini possano sperimentare la vita quotidiana domestica, visto che non è la sola mamma a prendersi cura del figlio o fare da mangiare, anche se ancora esiste l’idea che certe cose competano a un genere. Tra l’altro bambini e bambine giocano insieme liberi di sperimentare e usando il materiale dato, collaborando e creano storie, ognuno mettendoci del proprio: per esempio il maschio porta il supereroe nella casetta preparata dalla bambina, ma lo porta perché anche il supereroe torna dalla mamma!

Generalmente gli spazi che abbiamo sono adatti allo sviluppo dei bambini?

Le strutture sono un problema, perché sono spesso vecchie ville adibite a scuole, quindi non adeguate, con spazi limitati, mentre sono una delle prime cose che servono per fare movimento. L’intelligenza passa dalla motricità: si apprende muovendosi. E laddove ci sono ampi spazi, come nelle scuole del Nord-Europa, in Norvegia o Finlandia, non ci sono bambini considerati iperattivi. O meglio, quelli che qui sono considerati tali, la non lo sarebbero. Inoltre se si riesce a lavorare in gruppi, anche piccoli, è meglio, per seguire meglio inclinazioni e gli interessi di ognuno. Se manca lo spazio, insomma, non si va avanti.

Medea Garrone