“Tre nazioni, due cuori, un sogno”: questo era lo slogan della Transalpine Run alla quale hanno partecipato Valter Vallarino e Alessandro Brunetti, non solo atleti ma rispettivamente presidente in carica e presidente onorario di quella ASD Trailrunners Finale ormai per tutti nota come “i Cavrones”.
Su Savonanews avevamo annunciato la loro partenza (leggi QUI). Ora sono appena tornati e li abbiamo incontrati per farci raccontare un po’ di questa magica esperienza.
Come leggeremo dalle loro parole, sono di ritorno da un’impresa che ha quasi qualcosa di “epico”, eppure ce lo raccontano con quel fare discreto, un po’ schivo, persino timido, che li caratterizza entrambi. Ci dicono come se parlassero davvero a una sola voce, come quei due cuori e un sogno dello slogan: “Noi forse saremo strani, siamo poco ‘social’, non siamo su Facebook nessuno dei due, non siamo di quelli che durante una gara si scattano 50 selfie o che postano foto di cronometri e graduatorie ogni 5 minuti… Noi corriamo innanzitutto perché è bello lanciare ogni giorno nuove sfide a noi stessi, e poi per la gioia di fare sport, di vivere esperienze nuove, di immergerci nella natura e stare a contatto con essa. Cominciamo ad avere i nostri anni e la nostra esperienza, ma vorremmo che anche per le giovani generazioni fosse così: sport per stare bene, non per apparire”.
E ora veniamo alla gara. Ci raccontano: “Eravamo circa 400 squadre formate da coppie di tutto il mondo, ed è stato meraviglioso conoscere e confrontarci con atleti provenienti da USA, Canada, Cina, Giappone… Tantissime nazioni rappresentate. Siamo partiti il 2 e tornati a casa l’8 settembre. Sette tappe con partenza da Garmisch, correndo per un pezzo di Germania, attraversando praticamente tutta l’Austria e concludendo con tre tappe italiane, di cui l'ultima a Bressanone (Brixen in tedesco), in Trentino Alto Adige”.
Commenta Brunetti: “Non ero in gran forma, devo ammetterlo. Per questo sento il bisogno di elogiare il Valla, che invece era in una condizione atletica davvero strepitosa. Durante l’ultima tappa mi ha letteralmente spinto per 40 km, è stato come se lui corresse per due. Forse senza di lui non sarei nemmeno riuscito ad arrivare in fondo alla gara”.
E comunque, questo va detto, nonostante Brunetti lamenti condizioni fisiche non ineccepibili, questo non ha certo impedito ai due finalesi di conquistare (su 800 atleti complessivi circa) un decorosissimo settimo posto di categoria (Senior Master Men) e un 62° assoluto.
Aggiunge Vallarino: “Poco prima dell’ultima tappa eravamo al 105°, abbiamo dato tutto sul finale, rimontando di quasi 40 posizioni. E sono sicuro che se ci fossimo preparati in modo migliore non avremmo avuto problemi ad arrivare nei primi tre. Ma teniamo anche conto del fatto che noi, oltre all’età, facciamo anche altri lavori per vivere; è difficile ignorare anche le condizioni di stress della quotidianità. In gara c’erano atleti più giovani di noi che nella vita fanno solo questo e prima della gara erano già da 15 giorni in Valtellina ad allenarsi. Noi abbiamo letteralmente ‘chiuso bottega’ e siamo partiti. A fronte di tutto questo non solo siamo contenti di essere arrivati al 62° posto, ma siamo già fieri anche solo di aver finito la gara. Abbiamo visto team illustri e blasonati ritrovarsi costretti al ritiro prima della fine”.
Sottolinea Brunetti: “Abbiamo visto scene impressionanti anche per chi non è un novellino: visi tumefatti, arti rotti… E comunque anche l’acclimatamento e l’ambiente contano: noi ogni giorno affrontavamo dislivelli a salire e a scendere dai 3000 ai 600 metri in poche ore, confrontandoci con squadre quasi tutte provenienti da luoghi di montagna. Quando raccontavamo agli altri atleti che noi viviamo quotidianamente a poche decine di metri dal mare e che siamo partiti la sera prima da casa per metterci in gara al mattino dopo, tutti ci guardavano sbalorditi. Questa gara è stata l’impresa più difficile e fisicamente più dolorosa che io abbia mai affrontato, è stato come fare sette sky marathon una dietro l’altra. E credetemi che in tanti anni, di gare ne ho fatte”.
Organizzazione ineccepibile, a quanto ci dicono i due “eroi del trail”. Ma un piccolo appunto devono muoverlo: “Se un organizzatore consente di iscriversi fino al giorno prima della corsa, allora deve garantire alloggi di gara per tutti anche il giorno prima della corsa. Invece due mesi prima di fine iscrizioni non avevano più posti. Così abbiamo dovuto rimediare con alberghi nelle varie tappe e questo si è trasformato in una gara nella gara. Siamo sempre stati abituati che a fine tappa si arrivava in alloggio dove si trovavano massaggiatori, defaticamento, relax… E si pensava solo al giorno dopo. Stavolta appena finita la tappa dovevamo rimediare il primo veicolo disponibile, un bus, un taxi, arrivare in albergo e avevamo una decina di minuti per mangiare, far la doccia con la cena sullo stomaco, programmare l’abbigliamento per il giorno dopo, sapendo che avremmo affrontato variazioni climatiche e di altitudine, e restavano poche ore per dormire. E il giorno dopo di nuovo, per cercare di arrivare in tempo per i pacchi gara. Anche questo aspetto è stato duro, sicuramente”.
Comunque, nonostante questo disagio, è stata una bella esperienza e Vallarino e Brunetti vogliono esprimere alcuni ringraziamenti: “Alle nostre mogli che ci sopportano anche in queste nostre imprese, a Crazy Idea che ci ha vestiti e coccolati, a Ride ‘n’ Run per il supporto in abbigliamento e accessori, a tutta la squadra che, come una famiglia, ci ha chiamato ogni giorno a fine tappa per sapere come stavamo”.
Se questa era la parte tecnica dell’intervista, in questo breve video lasciamo solo spazio alle emozioni. E a qualche interessante anticipazione: