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| 05 settembre 2018, 13:13

Inquinamento e rumori portuali, i perché delle banchine elettrificate

Gli ingegneri liguri scendono in campo e spiegano i benefici per l’ambiente: “Vanno istituite zone franche o zone economiche speciali”. A Ponente il problema è molto sentito, soprattutto a Pra’, Palmaro e Voltri

Inquinamento e rumori portuali, i perché delle banchine elettrificate

Inquinamento e rumori portuali: per affrontare il problema, comune a tante zone di Genova, scendono in campo gli ingegneri.

Nell’ultimo numero della rivista ‘A&B’, il periodico di riferimento per quanto riguarda l’Ordine degli Ingegneri ligure, un interessante articolo tratta il tema dell’elettrificazione delle banchine. Lo firmano Pietro Lauro, libero professionista e componente della Commissione Attività Navali e Portuali, e Felice Lombardo, consigliere dell’Ordine di Genova, delegato per le Attività Navali e Portuali.

E’ un argomento sentitissimo, sia per il centro città che per il Ponente, dove lo scalo di Pra’ e Voltri crea non pochi problemi di compatibilità con gli insediamenti abitativi, come denunciato quasi quotidianamente dai residenti, nelle loro infinite battaglie per migliorare la vivibilità dei rispettivi quartieri.

In particolare, il discorso dell’elettrificazione delle banchine è stato sollevato a più riprese, nei mesi scorsi, dal Comitato Palmaro, con il suo presidente Roberto Di Somma. Sono stati parecchi i casi, anche in questa estate, in cui gli abitanti hanno chiamato a più riprese il centralino della Capitaneria di Porto per lamentare rumori eccessivi (a tutte le ore del giorno e della notte) ed emissioni di fumi.

Secondo Lauro e Lombardo, “se è vero che lo sviluppo di una realtà industriale portuale si misura attraverso l’incremento dei traffici e dei volumi movimentati - con ciò dando atto dei brillanti risultati raggiunti ogni anno da quelle genovese e savonese - è altrettanto vero che tale sviluppo, oggi più che mai, non possa prescindere dall’esercizio di un’azione politica armonizzata, attenta e compatibile con il contesto sociale ed urbano in cui opera. Soprattutto quella genovese non può sfuggire a questa logica industriale per effetto dello strettissimo legame fra l’area portuale a la città: lo testimoniano anche le quotidiane manifestazioni contro l’inquinamento prodotto delle navi ferme nello scalo, a ridosso delle case”.

I due professionisti ricordano quindi che “fra le misure da adottare per la riduzione dall’emissione in atmosfera dei residui di combustione dei motori navali, ribadiamo che rientra la possibilità di soddisfare il fabbisogno di energia elettrica da terra (cold ironing) attraverso punti di rifornimento da predisporre lungo le banchine portuali”.

Un’ipotesi che, nel caso di Palmaro, è ‘viva’ da diversi anni, anche se mai effettivamente percorsa. “Servirebbe - ha sempre dichiarato Roberto Di Somma - almeno a dimezzare il problema, in quanto le banchine elettrificate potrebbero essere installate su due dei quattro moli. Sarebbe comunque già un inizio, anche se lontano dall’opzione zero”.

Questo tipo di sistema è già in uso nei porticcioli turistici per le imbarcazioni da diporto, ma comporta una serie di problemi tecnici quando le potenze in gioco assumono valori considerevoli e in alcuni casi paragonabili al consumo di una piccola città. “Fra le critiche avanzate dagli armatori all’elettrificazione delle banchine - osservano gli ingegneri - la maggiore è quella relativa al costo del chilowattora che il gestore/distributore imporrebbe per rifornire navi”.

Da qui nascono due proposte: realizzare delle Zone economiche speciali, oppure delle Zone franche. Le prime “sono aree geografiche nel cui ambito sono previsti incentivi per le aziende che vi operino, in deroga alle norme generalmente in vigore; il loro l’obiettivo è quello di attirare investimenti, anche dall’estero, grazie alla concessione di agevolazioni fiscali, finanziarie, amministrative ed infrastrutturali, favorendo la crescita del livello occupazionale”.

Secondo Lauro e Lombardo, quindi, “l’idea potrebbe essere quella di ricorrere all’istituzione di una sorta di Zes ligure quale strumento politico inteso a sviluppare l’uso del cold ironing all’interno delle aree portuali nell’intento di rispondere a una chiara politica di salvaguardia ambientale, così come peraltro auspicato dalla stessa Unione Europea”.

Quanto alle zone franche, ovvero la seconda opzione indicata, “nell’ambito dell’area portuale di competenza dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, potrebbero anch’esse rappresentare il giusto strumento operativo per poter favorire l’avvio del cold ironing sulle banchine liguri-savonesi”.

In conclusione, secondo gli ingegneri, occorre costituire iniziative “per favorire lo sviluppo del cold ironing nei porti nazionali, ed in particolare in quelli di Genova e Savona, atteso che l’Unione Europea ha riconfermato alla Svezia l’autorizzazione già in vigore dal 2006 e fino al 2020 per l’applicazione di un’aliquota di imposta ridotta sull’energia elettrica direttamente fornita alle navi all’ormeggio”. Come dire: in altre parti d’Europa alimentare le navi ormeggiate e contemporaneamente salvaguardare l’ambiente e la vita delle persone è possibile.

Sono prospettive che, a Palmaro come un po’ in tutto il Ponente, allettano non poco. Anche se, per il momento, restano pur sempre e solo sulla carta. 

Alberto Bruzzone

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