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Attualità | 29 agosto 2018, 11:45

Proseguono le scoperte in tutto il Finalese sulla battaglia navale di Noli (FOTO)

Ricerche con tecnologie all'avanguardia per fare affiorare ritrovamenti che riscriveranno un secolo di storia tra '700 e '800. E si lavora all'allestimento del "Museo della Battaglia"

Proseguono le scoperte in tutto il Finalese sulla battaglia navale di Noli (FOTO)

Proseguono le indagini sugli affascinanti ritrovamenti legati a quello scontro navale, combattutosi nel vasto specchio d’acqua tra Finale e Noli, oggi ricordato come la prima vittoria del comandante britannico Horatio Nelson. Su Savonanews avevamo già dedicato ampio spazio alla missione della Marina Militare con nave Anteo (leggi QUI) e alla successiva conferenza stampa (leggi QUI).

National Geographic, Focus, SuperQuark, History Channel, la BBC, sono solo alcuni dei network, dei canali e dei programmi di approfondimento culturale italiani e stranieri che si stanno appassionando sempre più alla vicenda.

Nel frattempo prosegue un’accurata analisi dei ritrovamenti, con una certa riservatezza (come è giusto che sia) al fine di non divulgare informazioni premature. Ma da quanto si è avuto modo di capire è ormai chiaro che quanto è emerso (in tutti i sensi, sia metaforico che fisico) consentirà di riscrivere in modo decisivo la storia, da una parte trovando conferma alle ipotesi di molti studiosi, dall’altra sfatando alcune convinzioni errate derivanti da sbagli commessi dalle cronache dell’epoca, poi perpetrati dalla letteratura specializzata nei secoli a venire.

LA VICENDA

Tutto ha inizio nel 2015, quando da Alessandro Garulla, esperto di storia, di storia militare e di armamenti in generale, si presenta Marco Colman, subacqueo del GUE (Global Underwater Explorers), un’associazione che raduna i migliori sommozzatori del mondo. Assieme a Colman in quel momento c’è Mario Arena, anche lui appartenente al GUE, probabilmente allo stato attuale delle cose il miglior sub europeo e uno dei “top” a livello planetario. Colman e Arena vogliono sapere tutto quello che Garulla ha scoperto e sta continuando a scoprire sulla battaglia di Noli, un evento di proporzioni gigantesche, che coinvolse 55 navi e che portò alla morte migliaia di marinai. Fin da subito questo “team” stabilisce un ottimo dialogo e una positiva e costruttiva collaborazione nelle ricerche con la Soprintendenza ai Beni Culturali e, in particolare, con il responsabile SimonLuca Trigona, archeologo e sub.

La prima sensazionale scoperta dei tre amici, uniti da una comune passione, è un cannoncino disvelato dalle correnti, apparentemente un’arma di fine ‘700. Inizialmente si pensa di avere trovato quindi una nave da guerra, ma qualcosa non torna: alle successive immersioni, misurando il calibro della parte di canna che sporge, quello 0.50 sembra troppo piccolo per l’arma di una nave. Potrebbe quindi trattarsi di un semplice sistema di autodifesa di una imbarcazione mercantile tra il 1805 e il 1815, ma questo stroncherebbe qualsiasi valore storico della scoperta.

Ed è così che in una notte, pensando e ripensando, a Garulla si accende la metaforica lampadina, che gli suggerisce l’ipotesi di una scialuppa. Viene coinvolto così uno dei migliori fotografi subacquei italiani, Luca Palezza, che torna a riva con un bagaglio tra le 300 e le 400 foto e le guarda insieme a Garulla e a tutta questa squadra ormai consolidata. Ecco, tra gli scatti, la prova che si sta parlando di una vicenda militare: si vede una parte inconfondibile di fucile, un moschetto di Marina modello 1779. Portato a galla, l’oggetto svela tanti dettagli. Infatti re Luigi XVI era stato all’avanguardia nella produzione seriale di componenti militari, imponendo a ogni singola parte degli standard di certificazione, omologazione e compatibilità che consentissero ai militari di avere continuo rifornimento di pezzi sempre perfettamente assemblabili tra loro. Un concetto industriale che verrà copiato da tutte le nazioni del mondo nei secoli a venire. Così i codici stampigliati sulle parti in legno e in metallo portate a terra svelano che si tratta di un esemplare costruito a Toul nel 1784. Un oggetto oggi rarissimo (in tutti i musei del mondo ne esistono ormai soltanto tre integri e in perfetto stato di conservazione).

A questo punto Garulla non ha più dubbi: la sua tesi della scialuppa è suffragata dal fatto che in molti quadri dell’epoca (compreso uno custodito in un museo a Londra) si vede la Ça Ira, ammiraglia della flotta francese, abbandonata da due scialuppe. Ricordiamo infatti che nei secoli passati i dipinti non avevano solo valore artistico, ma erano molto usati anche per tramandare ai posteri i fatti di cronaca.

Tramite i suoi contatti al museo francese di Salon de Provence, Garulla ricostruisce i fatti: le scialuppe francesi presenti sulle navi erano sempre tre: una più grande, classe 11,50 metri, l’unica armabile (poteva montare fino a 4 armi, tre cannoni da una libbra e un’arma più leggera a poppa) e due più piccole e disarmate, dette canotti.

I ritrovamenti successivi confermano tutte queste tesi: emerge una spingarda di marina portatile calibro 3,5 (l’arma di poppa di queste scialuppe), strumento che poteva anche essere adoperato a braccia, un antesignano dei moderni bazooka.

L’IPOTESI

Ed ecco la ricostruzione dei fatti: la scialuppa, ormai vicinissima a riva (1,3 miglia nautiche), stava scappando e intanto continuava a difendersi dagli attacchi nemici con l’arma di poppa. Però queste spingarde erano estremamente lente a ricaricarsi e, soprattutto, a raffreddarsi. Per cui quasi certamente l’equipaggio, per non restare inerme, ha continuato durante tutta la fuga a raffreddare la canna con secchiate d’acqua. La brusca differenza termica ha portato all’esplosione della spingarda, fenomeno frequente all’epoca. Ciò spiegherebbe il fatto che l’arma stessa è stata trovata spaccata in tre parti. Questa detonazione potrebbe avere forato la chiglia e ferito diversi marinai, per cui si tratterebbe di un autoaffondamento.

Ci sono anche le prove che quasi certamente sulla scialuppa si trovava un ufficiale di Marina francese. Lo si evince da alcuni resti particolari, come pezzi di stivali, un portamonete e la fondina della pistola con dei pezzi di arma dentro. Ricordiamo, infatti, che solo gli ufficiali erano armati di pistola. Inoltre a bordo sono stati trovati 12 fucili ammucchiati a poppa, molti dei quali con il colpo in canna e persino con la polvere pirica “fossilizzata” nel bacinetto. La loro posizione attesta l’esigenza che non creassero disturbo durante le manovre di fuga, mentre il loro approntamento farebbe ipotizzare un tentativo di strenua difesa dei marinai qualora fossero arrivati a riva. Ma non fu così.

IL FUTURO

Come già spiegato su Savonanews, la missione di nave Anteo è servita come “esercitazione sul campo” per utilizzare metodi di ricerca adoperati al massimo due o tre volte in missione civile in tutto il mondo. Ma ovviamente non è finita: in inverno la Marina Militare Italiana tornerà con un’altra imbarcazione, per proseguire le ricerche applicando, ancora una volta, tecnologie di assoluta avanguardia a livello mondiale nel settore del “metal detecting” e della scansione e analisi dei fondali. È opportuno ricordare, a tal proposito, che le nostre forze armate vantano alcuni tra i migliori sommozzatori e palombari a livello mondiale, adoperati per “fare scuola” con programmi di interscambio verso molte nazioni alleate, dall’Australia agli USA.

Nel frattempo, pare che sia stata identificata un’altra delle assolute protagoniste di questa epica battaglia, la HMS Illustrious della flotta britannica, che potrebbe trovarsi in un’area di confine tra le regioni Liguria e Toscana.

Il sindaco Ugo Frascherelli, che per primo si è attivato a livello ministeriale per ottenere un coinvolgimento della Marina, va avanti con il progetto da lui già annunciato di allestire a Finale un “Museo della Battaglia”. A settembre dovrebbero prendere il via i lavori ed è prevista anche una sala con una fedele ricostruzione della scialuppa classe 11,50 m protagonista di questo articolo, che sarà realizzata da un esperto Maestro d’ascia siciliano.

Ma non è ancora tutto: i comuni di Finale Ligure, Calice Ligure, Rialto e Orco Feglino, che furono tutti teatro degli scontri, stanno lavorando per realizzare un grande progetto condiviso in nome della valorizzazione turistica di questo importante fatto dal punto di vista storico e culturale.

Ricordiamo infine che tutto ciò potrebbe essere meritevole anche di contributi europei, in quanto si tratta di vicende che coinvolsero tre nazioni (Italia, Francia, Gran Bretagna), in una battaglia che condizionò, alla fine del 1700, le sorti dell’intera Europa per i 30 anni a venire. I ritrovamenti finalesi e nolesi sono, attualmente, oggetto di interesse e di sempre crescente curiosità da parte università, atenei e musei delle tre principali nazioni coinvolte.

Nella foto di apertura:

Alessandro Garulla, consulente storico militare soprintendenza, analizza a bordo dell’Anteo le munizioni appena emerse

Nella fotogallery:

foto 1 – si controlla la sabbia portata a bordo dalla sorbona, da sinistra verso destra: Andrea Puleo associazione 1795, il comandante di Nave Anteo CF Luca Russo, il Capo serv. Sanitario CV Giovanni Ruffino, l’Ammiraglio comandante di divisione Paolo Pezzutti, Alessandro Garulla associazione 1795.

 

Foto 2 – il calamaio appena recuperato.

 

Foto 3 – piatto ed ottante appena recuperati.

 

Foto 4 – i polmoni, le braccia, gli occhi della ricerca... gli istruttori sub della Global underwater Explorers Marco Colman e Mario Arena mentre si affiancano a Nave Anteo.

 

foto 5 – l’operatore GUE Luca Palezza sul relitto, la quasi totalità delle immagini realizzate sul relitto sono opera sua.

 

foto 6 – palombaro sul relitto.

 

foto 7 – il piatto di Bussola sul fondo.

 

foto 8 – fascio di fucili.

 

Foto 9 – Alessandro Garulla con in mano un piatto in ceramica albisolese trovato tra i reperti, faceva parte del servizio di bordo di una delle navi impegnate nella battaglia.

 

 

 

Alberto Sgarlato

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