Semaforo verde del Consiglio di Gestione di Ubi Banca per la prima semestrale del 2018. Un periodo che a livello finanziario globale non si è risparmiato colpi di scena e movimenti (anche impetuosi) di spread e di altri valori, ma che ha permesso comunque al Gruppo che ha una forte presenza in Piemonte, tra Cuneo e Torino, di archiviare il periodo gennaio - giugno con un utile di 208,9 milioni, cifra che sale a 222,1 milioni al netto delle poste non ricorrenti legate alla realizzazione del Piano Industriale, che procede in linea e spesso in anticipo rispetto alle attese. "Mi sentirei di dire che i risultati, collocato in un quadro di positività generale, per quanto ci riguarda la nostra situazione mostrano peculiarità importanti - commenta Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi Banca -: i dati sono positivi in tutte le singole variabili del conto economico: dal margine di interesse (che sale in maniera importante) alle quote di mercato del risparmio gestito. Senza dimenticare un costo del credito particolarmente basso". "Dal punto di vista patrimoniale - aggiunge - c'era qualche preoccupazione, ma nonostante tutto siamo a registrare numeri positivi e di grande soddisfazione". Numeri alla mano, si scopre che il secondo trimestre del 2018 si è chiuso con un utile netto di 91,2 milioni (erano stati 117,7 i milioni di euro nel 1trim2018), confermando le tendenze positive, sia in termini di ricavi che di costi, rilevate nel primo trimestre dell’anno. E soddisfacenti risultano anche le cifre legate alla gestione operativa (310,1 milioni, in crescita sia rispetto ai 302 milioni registrati nei primi tre mesi che al secondo trimestre del 2017). In aumento anche il margine d’interesse (458,4 milioni rispetto ai 437,8 di marzo) e anche i primi tre mesi dell'anno. A livello patrimoniale, i crediti netti verso la clientela di Ubi Banca sono a quota 91,3 miliardi, in calo rispetto ai 91,6 di marzo, con i crediti deteriorati netti che risultano in costante contrazione. La raccolta diretta del Gruppo ammonta a 95 miliardi, in aumento così come quella indirezza (98,5 miliardi). Al giro di boa del 2018 il patrimonio netto del Gruppo, incluso l’utile, ammonta a 8.964.893 mila euro, in discesa rispetto ai 9.300.846 mila euro del 31.3.2018 per effetto della contrazione della riserva di valutazione del portafoglio titoli a seguito dell’allargamento degli spread. Sempre al 30 giugno 2018, la forza lavoro del Gruppo UBI Banca risultava costituita da 21.124 addetti rispetto alle 21.228 risorse di fine marzo 2018 (erano 22.122 a giugno 2017, prima data di reporting dopo l’acquisizione delle 3 Banche in Centro Italia). A fine giugno, l’articolazione territoriale nazionale conta 1.812 sportelli. Si rammenta che a giugno 2017, prima data di reporting dopo l’acquisizione delle 3 Banche, il Gruppo contava 1.948 sportelli. E alle viste c'è un accordo coi sindacati che sembra profilarsi sui binari della continuità: "Un accordo che considero nella normalità - commenta Massiah - nell'ambito di quello che prevede il nostro piano industriale. Abbiamo espressioni volontarie di uscita, visto che non mandiamo mai a casa nessuno e questo accordo arriva all'interno di un bacino di volontarietà già evidente. Auspico che si possa chiudere nel tempo più rapido per poter agire”. Sul fronte scenari futuri, il consigliere delegato non lascia spazio a un'ipotesi Carige, nemmeno se fosse Banca d'Italia a muoversi. "Nell'ambito dei nostri piani uno scenario di questo genere non c'è", dice laconico. E anche per il futuro sceglie la via della prudenza: "I dati del secondo trimestre per quanto riguarda l’economia sono stati leggermente più deboli rispetto a quelli del primo. Credo che questo derivi anche da una situazione di grande incertezza, che non è attribuibile solo al contesto italiano, ma anche a questa “guerra dei dazi”, questa “guerra commerciale” che si è aperta un po’ in tutto il mondo". "Abbiamo visto delle situazioni particolarmente volatili anche qui, con ipotesi di pesanti dazi tra Stati Uniti ed Europa che però, per fortuna, sembrerebbero andare a scemare dopo l’accordo fra Trump e Junker, ma è comunque una situazione volatile. Se queste situazioni trovassero un loro punto di atterraggio tranquillo io sono abbastanza ottimista: credo che, pur in un ciclo più moderato, siamo comunque in un ciclo di crescita importante".
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