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| 21 luglio 2018, 10:00

Schizofrenia: la scoperta genetica di Iit per la cura personalizzata

Un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’Iit ha individuato una variazione genetica che influisce sull’efficacia dei farmaci nei pazienti con schizofrenia: a spiegare la portata della scoperta Francesco Papaleo

Schizofrenia: la scoperta genetica di Iit per la cura personalizzata

Quasi l’1% della popolazione mondiale è colpita da schizofrenia. Non un dato allarmante, ma comunque rilevante, considerando quanto le patologie mentali possano essere invalidante dal punto di vista sociale. Per questo la recente scoperta effettuata da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, che ha individuato una variazione genetica che influisce sull’efficacia dei farmaci antipsicotici nei pazienti con schizofrenia, assume una grande importanza. A coordinare il progetto, Francesco Papaleo, responsabile del laboratorio di Genetics of Cognitins di Iit di Genova.

Che genere di ricerche fa il suo laboratorio?

Io sono, se così si può dire, un neuropsicofarmacologo, un farmacologo prestato alla psichiatria e nel laboratorio ci occupiamo della genetica dei disturbi cognitivi e sociali. Siamo interessati alla Medicina di precisione e fattori genetici che influenzano i fattori cognitivi e sociali nelle patologie psichiatriche. I deficit cognitivi sono legati soprattutto ad autismo, schizofrenia, disturbi dell’attenzione e bipolarismo, che stiamo studiando con l’aiuto di diversi centri clinici, a Milano, Roma, Ginevra, Bordeaux e in Usa. Li stiamo studiando durante lo sviluppo, perché cerchiamo di capire i meccanismi per curarli più precocemente possibile. Infatti lavoriamo con l’Ospedale Bambin Gesù di Roma e a Ginevra con il dipartimento di neuropsichiatria infantile.

La genetica in ambito psichiatrico che cosa può determinare?

Si sa già che alcune patologie psichiatriche, come autismo e schizofrenia, hanno un’alta componente genetica, per cui i fattori genetici hanno una forte implicazione, ma noi, oltre a voler vedere i meccanismi genetici che portano a queste patologie, vogliamo sfruttare le nostre conoscenze sulla genetica per predire terapie personalizzate. Vuol dire che fino ad oggi sono state indifferenziate? Ad oggi per le patologie psichiatriche si va dallo psichiatra, che fa il colloquio, vede i sintomi e prescrive il farmaco, il tutto senza fare test biologici, come succede, per esempio, con le allergie. Quindi si tratta solo di una valutazione empirica basata sul parlato. E in base a questo, una volta catalogata la patologia come schizofrenia, lo psichiatra stabilisce di dare a paziente determinati farmaci antipsicotici. Quindi anche in modo soggettivo.

Come il vostro studio, invece, permetterà di prescrivere una cura più mirata?

Gli psichiatri, non avendo un dato biologico che possa indicare se il paziente può rispondere esattamente a un farmaco o no, procedono per tentativi: solo dopo che il paziente ha iniziato la cura, il medico, nel tempo, cioè in settimane, mesi o anni, può aggiustare il trattamento, aggiungendo per esempio dei farmaci. Appunto si tratta di un sistema basato sulla pratica e l’esperienza del clinico, mentre il nostro scopo è fornire dei mezzi, in questo caso genetici, grazie a cui, facendo un rapido test genetico, si può predire se la persona, avendo determinate variazioni genetiche, risponderà meglio al farmaco. Partendo dal presupposto che questi farmaci hanno un’enorme variabilità. E ognuno risponde in modo diverso ai farmaci, anche all’Aspirina, e soprattutto ai farmaci per queste patologie.

E' la variazione genetica a influire sull’efficacia dei farmaci antipsicotici nei pazienti con schizofrenia, in particolare il gene Dysbindin: cioe?

Ognuno di noi ha un corredo genetico variabile: ogni gene che abbiamo può esprimere una proteina in modo diverso da persona a persona Le variazioni sono sia comuni sia rare. Questa è una variante comune, che ha tra il 20 e il 25% delle persone e non per questo si tratta di persone necessariamente schizofreniche. Le variazioni del gene Dysbindin cambiano i meccanismi a livello celebrale, per cui rispetto a un determinato farmaco miglioreranno la risposta. Sono variazioni dei geni che cambiano la funzionalità del gene e i meccanismi regolati dal gene.

Quando gli psichiatri avranno a disposizione questa scoperta?

Spero presto, nei prossimi cinque anni. L’Idea è che l’uso della genetica entrerà nella clinica pratica a breve; infatti già in oncologia è già molto più avanzata.

Quali saranno i vantaggi principali per i pazienti?

Affrontare queste patologie mentali non solo dal punto di vista sociale, ma anche biologico, serve ad andare verso la destigmatizzazione delle patologie. La genetica potrebbe aiutare i pazienti ad avere una vita più normale, a reintegrarsi nella società in una funzionalità lavorativa normale, specie quando si tratta di funzioni cognitive, che se migliorate consentono di tornare, appunto, alla normalità. l deficit cognitivi in queste patologie si ritengono il centro della patologia.

Medea Garrone

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