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Attualità | 01 novembre 2017, 11:30

"Vorremmo sapere come sta Inazik", truffa delle adozioni in Kirghizistan, parlano alcuni genitori

"La sentenza è importante sopratutto per garantire più controlli. Nessun'altro deve passare quello che abbiamo vissuto noi e quei bimbi" raccontano Daniela e Oscar.

"Vorremmo sapere come sta Inazik", truffa delle adozioni in Kirghizistan, parlano alcuni genitori

Daniela e Oscar sono una delle 21 famiglie coinvolte nella truffa delle adozioni in Kirghizistan ed oggi, alla notizia della sentenza (vedi articolo) che stabilisce che il CAI (Commissione Adozioni Internazional) dovrà risarcire per l'omessa vigilanza una coppia che, come loro aveva affrontato il percorso di adozione con l'Ente Airone Onlus, non può non correre con il pensiero a quei giorni del 2012, ma, sopratutto alla "loro" piccola Inazik che all'epoca dei fatti aveva soli 17 mesi.

"Noi siamo seguiti dallo stesso avvocato che ha ottenuto la sentenza che stabilisce il risarcimento quindi potrebbe essere che per il nostro caso si ottenga un provvedimento simile, ma crediamo che questa sentenza sia importante sopratutto per fare in modo che nessun'altro passi quello che abbiamo dovuto vivere noi e sopratutto che non si giochi più con la vita di quei bambini." affermano.

"Il Cai doveva controllare e vigilare, tra l'altro noi, come altri, avevamo interpellato l'Ente in diverse occasioni, quello che è successo non deve capitare mai più".

Il cuore spezzato, la paura nell'affrontare un nuovo percorso adottivo, ma al contempo la voglia di essere genitori, Daniela ed Oscar alla fine sono riusciti a recuperare alcuni documenti e a fare in modo di velocizzare l'adozione di un'altra bambina in un altro paese.

“In qualche modo siamo andati avanti, ma è stato come perdere una bambina e mai ci potremmo scordare di Inazik la cosa che ci affligge di più è quella di non aver mai più avuto notizie di lei. Speriamo che sia in una famiglia, che stia bene e sia felice, ora il desiderio più grande è proprio questo. Io e mio marito in tante occasioni abbiamo provato ad informarci, purtroppo senza mai un riscontro”.

 

Mara Cacace

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