Sviluppare le aree rurali, riconoscendo i domini collettivi quali soggetti neoistituzionali a cui compete l'amministrazione del patrimonio civico di uso comune. Ovvero riconoscere che tali enti, quali gestori delle terre di godimento collettivo, siano come "imprenditori locali", che agiscono per la "tutela e la valorizzazione dell'insieme delle risorse naturali presenti nel demanio civico". È questo l'obiettivo della legge, a prima firma Giorgio Pagliari, sulla disciplina giuridica dei domini collettivi, approvata in via definitiva in aula a Montecitorio. L'iter alla Camera è stato piuttosto breve: il 18 luglio scorso la commissione Agricoltura, essendo state ritirate o dichiarate decadute tutte le proposte emendative presentate, ha invitato le altre commissioni competenti ad esprimersi (per il parere) sul provvedimento nel testo trasmesso dal Senato, dove l'approvazione dell'aula era avvenuta lo scorso maggio. È giunto, quindi, in commissione Agricoltura il via libera delle commissioni Giustizia, Finanze, Ambiente e Politiche dell'Ue mentre la Affari costituzionali e la Questioni regionali hanno espresso parere favorevole con osservazioni. Il voto dell'aula è stato, come la legge sui piccoli omuni, all'unanimità.
"E' un altro provvedimento di questa legislatura che va nella direzione dei diritti dei territori montani - spiega l'on. Enrico Borghi, presidente nazionale Uncem - Questa volta viene introdotta nella legislazione nazionale la concezione di bene collettivo, innovando decisamente rispetto alla legislazione in materia risalente al periodo fascista che immaginava questi diritti come in via di superamento. In realtà, come ha insegnato il premio Nobel Elinor Oltrom, il tema della governance dei beni comuni è la questione del futuro, ed è importante che ora questo principio sia stato sancito legislativamente. Beni collettivi come acqua, boschi, aria, suolo possono trovare con questa legge una corretta gestione, in aderenza con le comunità locali e i loro diritti".
L'Assemblea ha anche approvato una serie di ordini del giorno con i quali il governo viene impegnato a concordare con la Conferenza delle Regioni una strategia comune di applicazione della norma, al fine di stabilire che le singole normative regionali siano il più possibile omogenee e si differenzino per essere più aderenti, coerenti e utili alla multiforme realtà che i domini collettivi esprimono in ogni ambito regionale.
Vediamo nel dettaglio cosa prevede la legge.
LA NORMATIVA Il relatore Giuseppe Romanini, durante l'incardinamento del ddl, aveva ricordato come, allo stato attuale, "non esiste una definizione normativa dei 'domini collettivi' ma che con tale termine si intende, generalmente, indicare una situazione giuridica in cui una determinata estensione di terreno di proprietà sia pubblica che privata è oggetto di godimento da parte di una collettività determinata, abitualmente per uso agrosilvopastorale". E "si tratta di una situazione giuridica di natura diversa rispetto a quella della proprietà individuale e non riconducibile nemmeno alla comproprietà". In Italia ha assunto diverse denominazioni, a seconda delle varie regioni" e costituisce quasi il il 10% della superficie agricola totale nel nostro Paese. La proposta Pagliari, dunque, prevede il riconoscimento per legge dei domini collettivi come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie. E, quindi, essi sono: soggetti alla Costituzione; dotati di capacità di autonormazione e di capacità di gestione del patrimonio naturale, economico e culturale che fa capo alla base territoriale della proprietà collettiva; caratterizzati dall'esistenza di una collettività i cui membri hanno in proprietà terreni ed insieme esercitano più o meno estesi diritti di godimento, individualmente o collettivamente, su terreni che il comune amministra". I domini collettivi, si prevede ancora nelle caratteristiche inserite nel testo, hanno "personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria".
BENI COLLETTIVI L'articolo 3 rappresenta il cuore del ddl e qualifica molti beni come beni collettivi. Ovvero: le terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni o associazioni agrarie comunque denominate; le terre, con le costruzioni di pertinenza, assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati; le terre derivanti da scioglimento delle promiscuità ai sensi dell'articolo 8 della legge 1766 del 1927, sul riordinamento degli usi civici; le terre derivanti da conciliazioni nelle materie regolate dalla predetta legge 1766 del 1927; le terre derivanti dallo scioglimento di associazioni agrarie; le terre derivanti dall'acquisto ai sensi dell'articolo 22 della legge 1766 del 1927 e dell'articolo 9 della legge 1102 del 1971.
E, poi: "le terre derivanti da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici; le terre derivanti da permuta o da donazione; le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, su cui i residenti del comune e della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati". Tutti tali beni, con la sola eccezione delle terre di proprietà pubblica o privata sui quali gli usi civici non siano stati ancora liquidati, costituiscono il patrimonio antico dell'ente collettivo, detto anche patrimonio civico o demanio civico, e l'utilizzazione dovrà essere effettuata in conformità alla destinazione dei beni e secondo le regole d'uso stabilite dal dominio collettivo. Per quanto concerne il regime giuridico dei beni collettivi si prevede, in via generale: inalienabilità; indivisibilità; inusucapibilità; perpetua destinazione agro-silvo-pastorale; sottoposizione a vincolo paesaggistico.
Inoltre il ddl stabilisce che, entro un anno dall'entrata in vigore della legge, nell'ambito del riordino della disciplina delle comunità montane, "le regioni debbano, nel rispetto degli statuti di tali organizzazioni, esercitare le competenze attribuite dalla legge 97 del 1994 e cioè disciplinare con legge: le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvopastorali, assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvopastorale; le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio; le forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati; le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni". Decorso il termine infruttuosamente, sono gli enti esponenziali delle collettività titolari sul territorio dei ben collettivi che vi adempiono con atti amministrativi, poi resi esecutivi con deliberazione della giunta regionale, Infine, si stabilisce che nell'assegnazione di terre-beni collettivi ai sensi della pdl, gli enti esponenziali delle collettività diano priorità ai giovani agricoltori, come definiti a sensi della normativa europea.