Da oggi sino a venerdì 24 marzo udienze penali a rischio nel tribunale di Savona: a proclamare lo sciopero è stata l’Unione delle Camere Penali. Gli avvocati, che si asterranno dalle udienze, protestano contro "le modalità con le quali è stata posta all’esame e approvazione del Senato la riforma del codice penale e di procedura”.
Affermano in una nota l’Unione delle Camere Penali Italiane: “La Politica si accinge alla gravissima scelta di porre la fiducia sul voto parlamentare del DDL sul processo penale. Di fronte a tale dichiarata intenzione occorre ribadire come né il processo, né i diritti dei cittadini possono essere merce di scambio di alcuna contesa di potere, e tanto meno ostaggio di conflitti di natura elettorale, e appare altresì necessario scongiurare una gravissima compressione del dibattito democratico. È necessario denunciare l’intrinseca contraddittorietà del DDL che, intitolato al ‘rafforzamento delle garanzie’ e alla tutela della ‘ragionevole durata dei processi’, opera su temi fondamentali in senso opposto. Allarga a dismisura l’applicazione del ‘processo a distanza’, che mortifica la dignità dell’imputato e viola fondamentali principi convenzionali e costituzionali, comprimendo i diritti e le garanzie degli imputati detenuti. Attraverso un’indiscriminata sospensione dei termini di prescrizione e altrettanto irrazionali aumenti delle pene edittali, rende interminabili i processi, con un danno per i singoli imputati, per le parti civili e per l’intera collettività, perché un processo che impiega venti anni ad accertare le responsabilità non è un processo giusto, ma un peso inutile ed intollerabile per l’intera società” attaccano dall’Unione Camere Penali. Materie delicate e sensibili come la regolamentazione delle intercettazioni telefoniche, della tutela della privacy e della funzione difensiva, contenute nella stessa legge delega, non possono essere sottratte al legittimo confronto democratico. L’Unione delle Camere Penali ha dato un contributo tecnico fattivo al miglioramento del testo, laddove gli interventi legislativi si muovevano nella giusta direzione con l’introduzione dell’istituto dell’estinzione del reato per le condotte riparatorie, della delega per determinare la procedibilità a querela di alcuni delitti di minor gravità, della riforma delle misure di sicurezza personali, del controllo dei tempi per l’esercizio dell’azione penale, della delega per realizzare una tendenziale riserva di codice per la migliore conoscibilità dei precetti penali, del necessario consenso del difensore d’ufficio per l’efficacia dell’elezione di domicilio presso lo stesso (in accordo con i principi espressi dalla Corte EDU in materia di effettiva conoscenza da parte dell’imputato non solo dell’esistenza del procedimento, ma anche del processo). In particolare l’Unione ha sempre riconosciuto la lungimiranza della legge delega sulla riforma dell’esecuzione penale, condividendone le finalità e chiedendone lo stralcio e l’approvazione immediata. Ha inoltre più volte apprezzato la capacità di interlocuzione e di ascolto del Governo, che ha condotto a numerose e significative modifiche del testo originario del DDL e, nel contempo, si è però sempre espressa in senso negativo e con fermezza sugli interventi volti a smaterializzare l’imputato, impedendogli una effettiva presenza al processo, ispirati esclusivamente da una inaccettabile logica di risparmio del costo delle traduzioni dal carcere e di allungamento dei tempi del giudizio, che allontanano contemporaneamente e proporzionalmente il processo penale dal fatto che deve giudicare e dal suo modello accusatorio, mettendo in serio pericolo l’effettivo rispetto dei fondamentali principi costituzionali e convenzionali del giusto ed equo processo. La scelta di terminare l’iter parlamentare del DDL, con il voto di fiducia, non solo è in piena contraddizione col metodo di confronto franco e aperto scelto e rivendicato dal Governo e dal Legislatore fino ad oggi, ma costituisce una intollerabile mancanza di rispetto per le regole basilari di metodo e per i principi che devono caratterizzare la funzione legislativa quando essa incide su fondamentali diritti costituzionali, quali il diritto di difesa ed il diritto al giusto processo, sia sotto il profilo dell’effettività del contraddittorio (svilito a mero simulacro con la partecipazione a distanza dell’imputato), che della ragionevole durata dello stesso (compromessa dalla dilatazione dei termini di prescrizione). Di fronte al persistere di queste scelte autoritarie e antidemocratiche imposte dal Governo, per logiche di natura politica orientate certo molto più al regolamento di equilibri di forza interni, che all’interesse dei cittadini e del sistema giustizia, tutta l’Avvocatura ha il dovere morale e civile di opporsi con tutti i legittimi mezzi a propria disposizione nelle aule di giustizia e nella società civile, anche valutando forme più incisive e prolungate di protesta”.