Attualità - 13 febbraio 2017, 15:35

Finale Ligure fa il punto di 5 mesi di SPRAR

Il messaggio dell'amministrazione: "Le porte della struttura sono aperte a tutti e la rendicontazione è assolutamente trasparente"

“C’è chi abbaia alla luna, urla, si arrabbia e protesta. E poi c’è chi, come il comune di Finale Ligure, decide di affrontare in modo serio e professionale il tema delle migrazioni, offrendo a questi ospiti stranieri non soltanto un’opportunità di salvezza da zone di crisi, ma anche un’istruzione, delle qualifiche professionali e delle regole”. Con queste parole il sindaco Ugo Frascherelli introduce un pubblico incontro organizzato a Casa Mandela per conoscere non solo la realtà dei richiedenti asilo presenti nella struttura, ma anche per fare un bilancio dopo cinque mesi dall’apertura di questo centro di accoglienza.

Nella sala della riunione, così come nelle altre, tutto l’arredamento è frutto di donazioni o di materiale comunale (come banchi scolastici) recuperato e riutilizzato. Nelle sale un tempo occupate dalle suore di clausura oggi sono allestite le camere per i richiedenti asilo. All'incontro sono presenti, oltre al già citato sindaco, anche Clara Brichetto (vicesindaco), Giovanni Durante (presidente Arcimedia), Paola Maggioni (educatrice), Roberto Decia e Fabio Creso (rispettivamente coordinatore e vicecoordinatore di progetto), Marilena Rosa (vicepresidente del consiglio comunale), Roberto Barelli (sindaco di Orco). 

Commenta il vicesindaco e assessore ai servizi sociali Clara Brichetto: “Gestire queste problematiche è un atto di democrazia. Noi dobbiamo dire grazie a Giovanni Durante, presidente di Arcimedia, e a Roberto Decia, coordinatore del progetto, per averci prospettato questo programma due anni fa che prevede la gestione economica a cura del comune e la parte educativa e di inserimento ad opera di Arcimedia”.

A livello statistico, Brichetto presenta questo dato: “Io nella vita sono ostetrica a Savona e posso dire che oggi il 30% dei bambini che nascono sono partoriti da donne costrette a scappare da Paesi del mondo nei quali non sarebbe garantita loro neanche una normale gravidanza e dove non potrebbero partorire”.

Clara Brichetto precisa: “In consiglio comunale si è cavillato in modo pretestuoso e scorretto relativamente alla gestione dello SPRAR e delle sue attrezzature, quando invece tutto è sempre stato gestito nel modo più limpido e trasparente possibile”. E al fatto che parte della minoranza chieda l’allestimento di una commissione, la vicesindaco replica: “Non è un problema. Faremo una commissione”.

Spiega Giovanni Durante, presidente di Arcimedia: “Dispiace vedere scritte cose non vere: il programma SPRAR (Strutture per Richiedenti Asilo e Rifugiati) funziona con una rigorosa rendicontazione al servizio centrale di SPRAR nazionale. Ogni cifra è legata a uno stanziamento di budget e nessuno si mette in tasca neanche un solo euro di guadagno. Gradiremmo, anche a tutela delle persone che lavorano qui, che le critiche fossero nel merito del lavoro svolto, non pregiudiziali. Lavoriamo con professionalità e gestiamo le risorse con oculatezza e parsimonia”.

Dopodiché, parlano le cifre: gli unici tre SPRAR oggi presenti nella nostra provincia sono, oltre che a Finale, ad Albisola Superiore e a Savona capoluogo: complessivamente hanno già gestito 90 presenze a rotazione (la permanenza di un ospite nella struttura è limitata a un periodo di sei mesi, con la possibilità di richiedere una proroga per ulteriori sei).

I paesi di provenienza sono Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea Bissau, Ghana, Nigeria, Liberia, Pakistan e Afghanistan. Per queste persone, oltre al fondamentale corso di apprendimento della lingua italiana (per il quale possono essere anche multati economicamente in caso di assenze ingiustificate), sono stati effettuati anche corsi formativi di sicurezza aziendale, HACCP, carrellisti, saldatori, utensili per la gestione del verde. Sono state anche assegnate 12 borse-lavoro, sei nel pubblico e sei nel privato.

Spiega tecnicamente Roberto Decia, coordinatore del progetto: “Si tratta di un progetto dell’Unione Europea, come tale sottoposto a una precisa rendicontazione europea, pertanto si lavora su budget: vengono stabiliti degli importi per ogni spesa da sostenere, che non possono assolutamente essere sforati”.

Roberto Barelli, sindaco di Orco Feglino, commenta: “Il nostro comune è partner istituzionale e condivide pienamente i principi dell’amministrazione di Finale. Noi stessi siamo stati oggetto di uno di questi programmi di borsa-lavoro: un giovane è stato affiancato ai nostri operai comunali”.

All’incontro è presente anche Carlo Mamberto, di Finale For Nepal, che dichiara la propria volontà di coinvolgere i richiedenti asilo, secondo il loro tempo, la loro volontà e disponibilità, nei progetti umanitari dell’associazione.

Ma più dei discorsi politici e burocratici, parlano le storie di queste persone giunte in Italia. Come Ben Kassum Fofana, classe 1996, dalla Costa d’Avorio: “Prima di arrivare a Finale Ligure ero ad Altare, dove ho vissuto per più di un anno. All’inizio l’integrazione non era facile, molta gente aveva paura di noi. Poi abbiamo iniziato a lavorare in comune come volontari e questo ha cambiato già molte cose. Ora che sappiamo parlare la vostra lingua possiamo raccontare la nostra storia, perché purtroppo molti parlano senza conoscere. Qui allo SPRAR di Finale stiamo bene, lavoriamo, ma anche in questa zona vediamo spesso paura e diffidenza. Per questo il nostro insegnante di italiano ci porta spesso in centro o sul lungomare, per farci incontrare la gente, parlare con loro, per conoscerci meglio”. Mohamed Djallo, dalla Guinea, racconta: “Prima di sbarcare qui ho vissuto otto mesi in Libia. Sono arrivato in Italia che non avevo niente e mi avete dato cibo, vestiti, un lavoro, una casa. Io sono contento di tutti gli italiani che ho incontrato”. Issah Diarra (Costa d’Avorio): “Sono arrivato alla cooperativa Il Faggio dove si sono accorti subito che avevo gravi problemi di salute e mi hanno fatto operare in ospedale a Cairo Montenotte. Poi ho incontrato la commissione di riconoscimento asilo, che mi ha permesso di entrare allo SPRAR. Qui mi hanno aiutato tanto a imparare l’italiano e mi hanno dato il diploma di saldatore, un lavoro che in Africa avevo già fatto per tanto tempo. Noi possiamo dare tanto, ma la popolazione italiana deve provare a comunicare con noi”.

Al termine dell’incontro tutti i presenti ribadiscono ancora una volta un concetto essenziale: “Casa Mandela è sempre aperta, se enti, associazioni o privati cittadini vogliono verificare con i loro occhi, incontrare gli ospiti, confrontarsi per capire e per conoscere, le porte sono aperte a tutti”.

Alberto Sgarlato